Domenica, 22/02/2015 - Questo articolo è la prosecuzione del commento alla sentenza n. 865/82 del 19.02.1982 (Trib. civ. sez. I di Palermo), parte prima, al quale si rinvia per una più completa trattazione del tema (link in calce).
In caso di lettura di quel testo, si consiglia di soffermarsi sui sottotitoli: "Il nome (prenome e cognome) quale diritto inalienabile della persona", “Limiti al potere dei genitori anche in rapporto al nome del figlio“ e “Attribuzione ipso iure del cognome".
Ciò perché, benché alla luce della condanna inflitta all’Italia nel 2014 dalla Corte EDU, per un ricorso d’impianto differente da quello della sentenza citata, il rigetto di quella prima istanza si riveli infondato in rapporto ad alcune delle sue motivazioni, la sentenza del 1982, oltre a costituire il punto d’inizio nel succedersi di analoghe richieste, contiene interessanti delucidazioni in merito alla titolarità del diritto al nome e all’assenza del diritto di trasmissione, che sembra opportuno porre in relazione col Disegno di Legge n. 1628, “Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli”, oggi in attesa di discussione in Parlamento.
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ESORBITANZA DEL POTERE DEI GENITORI nel DDL 1628 giacente in Senato
Ciò che ancor oggi interessa di quella lontana sentenza è il valore conferito al diritto dei figli, da cui consegue un’autonomia degli stessi. Rileviamo come quella “trasmissione” genitoriale che per il giudice relatore Salvago non esisterebbe concettualmente nel diritto italiano - ma che esiste ed è esistita come dato concreto occultato - sia fatta propria invece da altri Stati, sia presente nella sentenza di Strasburgo citata e compaia insieme al più ricorrente termine “attribuzione” al termine dell’art. 1 del DDL 1628, che istituisce l’Art. 143-quater, con le seguenti parole: «Il figlio al quale è stato attribuito il cognome di entrambi i genitori può trasmetterne al proprio figlio soltanto uno, a sua scelta».
Da osservare che lo stesso articolo inizia con: «I genitori coniugati, all'atto della dichiarazione di nascita del figlio, possono attribuirgli, secondo la loro volontà, il cognome del padre o quello della madre ovvero quelli di entrambi nell'ordine concordato».
Considerando nel suo intero l’articolo 1, futuro 143-quater, rileviamo dunque e la presenza di una manifesta volontà dei genitori, che agisce nell’attribuzione del cognome o dei cognomi con la sola limitazione del numero di cognomi da “trasmettere”, e altresì un diritto genitoriale di “scelta” nell’ambito degli eventuali due cognomi di cui costoro potrebbero essere titolari, dalla quale il figlio resterà assente anche da adulto. Nulla si dice però del tipo di potere esercitato dai genitori nel compiere le operazioni escludenti indicate.
Ne consegue che tutto ciò che abbiamo letto nella sentenza del 1982 altrove analizzata verrà spazzato via senza danno da questa nuova legge ove approvata, o c’è un contrasto di base che permane e che vale la pena approfondire?
Centrare il diritto al nome sui figli (che dovranno portarselo a spasso per la vita) e non sui suoi genitori appare una sana evoluzione giuridica e sociale che sarebbe sbagliato eliminare. Utile dunque sarebbe armonizzare il contrasto che questa legge introduce, facendo sì che il diritto di trasmissione del genitore non prevalga tanto vistosamente sul diritto di acquisto del figlio.
Il diritto del figlio presupporrebbe che gli fosse attribuito solo un doppio cognome, sia perché questo denota più correttamente l’area di appartenenza familiare, di origine sia paterna sia materna, sia perché permette a ciascun figlio di relazionarsi pubblicamente mediante uno dei suoi cognomi a eventuali fratelli nati o che potrebbero nascere da altre unioni di uno o di entrambi i suoi genitori, realizzando per tale via un’unità familiare più ampia e aderente al vero di quella ben limitata, se non monca, che l’attuale sistema consente. E tuttavia una parte della popolazione italiana esige invece la “scelta”, forse per quella “pretesa” di diritto autonomo evidenziata esaustivamente in sentenza, o perché da sempre privata di qualsiasi possibilità di intervento.
Abbiamo visto come il DDL attualmente al Senato preveda un diritto di scelta e dunque un potere abbastanza ampio per i genitori di cui non viene precisata la natura, cosicché non si sa con chiarezza quale ne sia per il nostro diritto l’origine.
Con chiarezza dobbiamo invece evidenziare come a tale esteso potere genitoriale non faccia da contrappeso un quanto meno analogo potere del figlio, la cui possibilità di azione alla maggiore età scatta solo ove egli abbia ricevuto un cognome di un genitore soltanto. In tal caso, potrà chiedere l’aggiunta del cognome o di uno dei cognomi dell’altro genitore ove questi ne abbia due, compiendo oltretutto in tal modo una scelta che non è consentita a chi invece ne ha avuti due alla nascita.
Non potrà però decidere di eliminare un cognome se gliene sarà stato attribuito uno doppio e ciò benché ai suoi genitori non sia stato negato il privilegio di potergliene attribuire uno soltanto ove lo avessero concordemente voluto, né potrà scegliere di invertire l’ordine dei cognomi come invece accade con la legge spagnola. In conclusione, da esclusivo titolare del diritto al cognome viene ridotto a persona che subisce (proprio come evidenziato dal relatore nella sentenza del 1982), avendo per l’esercizio di quel suo diritto minori possibilità di azione dei genitori.
Né restringere le opzioni cui può accedere il figlio, come nel DDL viene fatto, trova fondamento ragionevole nell’esigenza di garantire allo Stato la necessaria certezza nell’individuazione dei suoi cittadini; assegnare a ciascun nuovo nato un codice personale immutabile, da collegare al codice fiscale che può subire variazioni nel tempo, è infatti una facile misura atta a risolvere efficacemente il problema.
Anche al fine di evitare storture facilmente impugnabili, sarà opportuno non solo dare nel testo in esame maggiore spazio al diritto del figlio prevedendo ulteriori opzioni, ma altresì definire il potere dei genitori inserendo l’inciso “nell’interesse del figlio da essi concordemente individuato” in quell’articolo che conferisce loro, per la prima volta, un diritto tanto immodificabile di scelta da rasentare il potere autoritario.
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Disegno di legge 1628, “Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli”, in attesa di assegnazione in Senato.
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