Martedi, 14/02/2023 - Da poco si sono spenti i riflettori sul palcoscenico sanremese, le cui luci purtroppo non hanno illuminato adeguatamente le figure femminili ivi presenti. Il riferimento è alle co-conduttrici, termine con cui è stato nobilitata la tradizionale valletta che affiancava il presentatore del festival musicale, ma che al di là del neologismo poca sostanza parrebbe che abbia apportato a chi svolgeva il ruolo di assistente del conduttore. Si usa il condizionale, perché le donne non sembra che abbiano acquisito migliori mansioni solo perché è stato concesso loro di essere protagoniste di specifici monologhi, attinenti ai temi di maggiore attualità nel Paese.
La strategia degli organizzatori risponde ad un disegno ben preciso, ossia si scelgono donne di particolare valenza nei loro ambiti professionali e si assegna loro il compito di esporre un argomento attinente alla propria esperienza, magari un argomento che faccia anche tendenza.
Così le co-conduttrici dell’edizione da poco trascorsa, Chiara Ferragni, Francesca Fagnani, Paola Egonu e Chiara Francini, rispettivamente influencer, giornalista, pallavolista, attrice, hanno trattato la prima sulla libertà ed il coraggio delle donne di realizzarsi nella loro vita, la seconda sulle problematiche attinenti al carcere minorile di Nisida, la terza sul razzismo di cui è stata ed è ancora vittima, mentre la quarta ha recitato un monologo sulla maternità mancata, ossia sulla difficoltà di essere donna tra carriera, orologio biologico e sensi di colpa. Molto successo ha avuto la stola indossata da Chiara Ferragni su cui era scritto Pensati libera, a mo’ di incoraggiamento a quante temono di non riuscire a superare gli ostacoli incontrati nella vita, perché imprigionate in ruoli o stereotipi sessisti.
Peccato che però il giorno successivo all’apparizione di questa stola un attore ospite della kermesse festivaliera nel brano recitato abbia proposto alle donne italiane di acconsentire che i propri mariti vadano a prostitute per salvare i loro matrimoni. Così ha declamato Angelo Duro “Se vi dicessi donne: preferite che vostro marito vada con una vostra amica con la quale ci fa un figlio o preferite che vostro marito una volta a mese va a puttane? Se aveste il cervello lo accompagnereste voi a puttane”. Va bene che la coerenza non sia un valore da pretendere da un festival nazional-popolare, ma che si contraddica a cuor leggero a quanto veicolato in precedenti esecuzioni artistiche, approntate sullo stesso palcoscenico, proprio non va. Come era successo nella serata precedente, quando l’influencer avendo nel suo monologo molto insistito nel messaggio insito in questa frase «Ti sentirai in colpa ad avere altri sogni oltre la famiglia perché la nostra società ci ha insegnato che quando diventi madre, sei solo una mamma», aveva delineato una figura di donna che necessariamente non si realizza solo nel matrimonio e nel ruolo materno.
Noi donne potremmo anche "Pensarci libere", come l’invito indossato da Chiara Ferragni sul palcoscenico sanremese, ma se subito dopo e nel medesimo contesto Gianni Morandi si rivolge alla direttrice d'orchestra Carolina Bubbico, chiamandola al maschile, dovrebbe comprendersi che quanto espresso a parole dalle co-conduttrici nei monologhi o quanto da loro indossato si scontra con la realtà vista ed ascoltata dai telespettatori. Più omogeneità di pensiero nelle espressioni verbali e meno comportamenti sessisti sarebbero di gran lunga preferibili, ma evidentemente gli autori e gli organizzatori preferiscono così. Ed è proprio qui che si constata la mancanza di una proposta al femminile nella predisposizione del festival sanremese, proposta che non può certo sostanziarsi solo nei monologhi concessi alle donne che hanno calcato il palcoscenico festivaliero.
La scrittrice Valeria Parrella in in tweet così ha scritto: “Verrà verrà il Sanremo direzione artistica Caterina Caselli, co-conduzione Fiorella Mannoia, cinque maschi distinti, uno a sera, con tre cambi d'abito a leggere cartoncini e monologhi, un mazzo di fiori e via.”, lanciando una provocazione da molte accolte come un auspicio beneaugurante. Fatto sta che ha colto nel segno, perché il maschilismo imperante nei programmi televisivi di certo non può essere annacquato da parole messe in fila, con tesi pure ben argomentate, quando poi quelle stesse tesi, elargite ai telespettatori dalle co-conduttrici in pochi minuti e per di più ad ora tarda, vengono confutate da tutto il resto dello spettacolo. Provocazione per provocazione ridateci allora le vallette, almeno da loro non ci aspetteremmo che trattino temi di respiro universale, come l’emergenza sociale della violenza contro le donne, il razzismo malcelato in Italia o il desiderio di una maternità mancata perché il lavoro non ti consente di coniugarsi con i bisogni familiari.
Ridateci le vallette, perché il compito, per così dire scolastico, svolto dalle nuove leve della presenza femminile sul palcoscenico festivaliero, è stato assegnato a loro dai suoi organizzatori non tanto per dimostrare che il nostro Paese è pronto a migliorarsi e a divenire più a misura di donna, quanto piuttosto per fingere un atteggiamento di apertura verso i temi femminili. Tanto poi quel che conta, ossia la realtà dei fatti, è quanto detto dall’attore Angelo Duro nel suo monologo sanremese: “Voi donne avete dei pregiudizi nei confronti delle puttane, razziste. Non pensate all’utilità del loro mestiere. Siete voi che fate in modo che la vostra amica diventi una puttana. E invece le puttane vi salvano il matrimonio”.
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