Parliamo di bioetica - Una “democratizzazione” della medicina a sostegno della qualità della vita
Manti Franco Lunedi, 19/07/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2010
La prima definizione di Clinical Governance si trova nel Libro Bianco del governo britannico titolato: Sviluppo della salute. Il nuovo Sistema Sanitario Nazionale ed è indicata come modalità di organizzazione e “governo” del Sistema Sanitario il cui obiettivo è garantire standard di qualità.
Solo negli ultimi anni è apparso chiaro come la Clinical Governance non potesse essere ridotta al rapporto fra spesa sostenibile ed erogazione dei servizi. Questa impostazione finiva, infatti, per ridurre l’azione di governo al taglio di servizi ritenuti troppo costosi senza una contestuale messa in atto di strategie per lo sviluppo della qualità che si basassero sulla valorizzazione delle risorse umane e delle loro professionalità. Inoltre, aspetto ancor più eclatante, i cittadini-utenti erano del tutto marginali e considerati, solo, come possibile controparte.
La sostenibilità economica, per quanto importante, non può essere considerata se non in rapporto e in funzione delle esigenze degli utenti e della qualità dei servizi. Alla luce di queste considerazioni, è possibile delineare, schematicamente, le componenti della Clinical Governance: assunzione di responsabilità rispetto al conseguimento degli obiettivi; coinvolgimento delle diverse professionalità e partecipazione ai processi decisionali; definizione di obiettivi chiari ed espliciti; qualità dei servizi e nella loro erogazione. Fra i suoi obiettivi specifici: coinvolgimento degli utenti e delle diverse figure professionali sanitarie; sviluppo della ricerca; formazione continua del personale; omogeneizzazione delle pratiche cliniche; fissazione di criteri e modalità di controllo pubblico sulla gestione; valutazione della soddisfazione degli utenti; promozione dell’interprofessionalità; economicità nell’impiego delle risorse; gestione del rischio; valutazione delle azioni in relazione agli obiettivi programmati.
Nel nostro Paese, il Piano Sanitario Nazionale(PSN) 2006-2008 considera la Clinical Governance un aspetto fondamentale per la promozione di prassi e procedure verificabili, la gestione del rischio, la sicurezza degli utenti.
Poiché un aspetto fondamentale della Clinical Governance è il riconoscimento della centralità del cittadino-utente, essa comporta trasformazioni non solo istituzionali e gestionali, ma ancor più sul piano culturale. Un effettivo esercizio della cittadinanza in ambito sanitario richiede, infatti, di passare da una condizione di accettazione passiva a quella di una compartecipazione responsabile e consapevole alla cura. Quest’ultima non va ridotta alla terapia clinica, ma deve essere vista da tutti, utenti e operatori, come un processo dinamico e complesso che mette in gioco e integra una pluralità di fattori (clinici, gestionali, economici, ecc). Fra questi fattori, un posto particolare spetta alla dimensione etica. L’efficienza e l’efficacia, nell’erogazione del servizio, non possono essere considerate in termini puramente strategico-aziendali indipendentemente dall’impatto sulla qualità della vita degli utenti.
Dall’esperienza del SSN inglese è possibile derivare alcuni concetti e nuovi ruoli introdotti dalla Clinical Governance: il paziente esperto; il cittadino reso capace di partecipare attivamente alla propria cura; la gestione sanitaria come insieme di reti interattive; il sistema della cura sviluppato in modo sinergico tra tutte le componenti; il diritto di scelta del paziente riconosciuto come elemento indivisibile dalle sue responsabilità; un approccio integrato che collega utenti, professionisti della sanità e operatori dell’area gestionale-amministrativa, in cui le relazioni complessive devono rispondere a criteri di efficacia e sostenibilità.
Se, al di là di quanto prescrivono le deontologie professionali e impongono le procedure, medici, infermieri, ecc. devono ritenere loro dovere morale rapportarsi agli utenti prendendo sul serio la loro individualità e i loro bisogni, questi ultimi esercitano la loro cittadinanza non delegando totalmente la cura, responsabilizzandosi rispetto alla sua conduzione e valutando, in itinere e negli esiti, il progetto-processo di cui sono compartecipi. Essere cittadini-utenti comporta, inoltre, la consapevolezza che tale progetto-processo non riguarda soltanto i singoli, ma la società nel suo complesso, poiché implica l’impiego di risorse umane, economiche, professionali e incide su un fattore fondamentale, per il benessere sociale e la civiltà stessa di una società, come la qualità della vita.
La Clinical Governance costituisce contesti nei quali può esprimersi, in tutte le sue sfaccettature, la relazionalità propria dell’etica della cura. Essa richiede, infatti, l’instaurarsi di relazioni basate sulla sollecitudine, sulla fiducia, sulla comprensione empatica non solo verso i degenti, ma anche verso le loro famiglie o chi li rappresenta. Per condurre e sviluppare questo genere di rapporto non basta la buona disposizione individuale. Perchè il prendersi cura abbia riscontri concreti e non si limiti a un generico sostegno psicologico, deve essere supportato da una realtà strutturale e organizzativa che consenta di migliorare il ben-essere complessivo e la qualità della vita degli utenti. Sono queste le condizioni più favorevoli affinché, attraverso un percorso e un apprendimento comune, professionisti della sanità e utenti possano assumere decisioni effettivamente condivise. In breve, con la Clinical Governance si afferma la dimensione pubblica dell’etica della cura e, anche grazie ad essa, la Clinical Governance esprime la sua “sostanza etica”.
Dovremmo pensare la Clinical Governance come sintesi fra dimensione aziendale-organizzativa e diritti (e bisogni) dei cittadini-utenti. La stessa sostenibilità economica, se il risparmio non si riduce a “tagli” ed è orientato secondo il principio di equità, non può prescindere da tale sintesi.
Alla luce di quanto detto, la Clinical Governance costituisce un fattore di grande rinnovamento poiché comporta un processo di democratizzazione della medicina dalla società verso l’ambito medico - clinico. Per questo, quando si parla di aziendalizzazione del SSN, tutti, politici, manager, cittadini - utenti, dovrebbero avere ben presenti almeno tre fattori:
1. Gli “azionisti di riferimento” del Servizio sono gli utenti stessi.
2. La sostenibilità, proprio in considerazione di (1), non può andare a detrimento della qualità delle prestazioni erogate e, più in generale, della qualità della vita degli utenti.
3. La maggiore risorsa è il capitale umano. La sostenibilità consiste, prima di tutto, nella sua valorizzazione.
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