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Cittadinanza delle donne, diritti e doveri - di Liana Novelli (Francoforte)

Cittadinanza delle donne, diritti e doveri - di Liana Novelli (Francoforte)

Lavoro di cura, donne e uomini nella Costituzione italiana. La riflessione di Liana Novelli (Coordinamento Donne Italiane, Francoforte)

Giovedi, 15/04/2021 - I dati dell’ISTAT ci dicono che le donne in Italia prestano 50,7 miliardi di ore di lavoro domestico e di cura all’anno, pari a € 395 miliardi di valore, cioè il 71% del lavoro riproduttivo totale, che è la premessa necessaria al mantenimento dei lavoratori attuali, futuri e passati.
Peccato che nella Costituzione il lavoro riproduttivo non sia mai nominato né tantomeno definito.
“Art.1: l’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro”
Sul valore semantico della parola “lavoro” cito un passo del discorso di Alma Sabatini al convegno “Cittadine: le donne e la Costituzione”, ospitato dalla Camera dei deputati il 22 e 23 marzo 1988.
“Art.4: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Quando poi arriviamo al Titolo III, art.35, leggiamo che la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. Riconosce la libertà di emigrare…e tutela il lavoro italiano all’estero. Pensate forse che in questa parola ‘lavoro’ sia compreso quel lavoro che praticamente tutte le donne italiane senza quasi eccezione effettuano quotidianamente in casa, cioè le pulizie,la preparazione del cibo, le cure, l’assistenza ecc. ecc? Sappiamo tutte e tutti che questa occupazione ha avuto il diritto di chiamarsi lavoro ed ha acquistato perlomeno un minimo di visibilità grazie alle lotte delle donne per il suo riconoscimento: che ciò è anche in qualche modo passato nel diritto di famiglia, nei casi di separazione”.
Che però non sia il lavoro riproduttivo quello di cui si tratta diffusamente negli articoli citati, ci viene confermato dall’art. 36, che fissa il principio della retribuzione proporzionata e sufficiente, della durata massima della giornata lavorativa, del riposo settimanale e del diritto alle ferie, tutte norme che non valgono per il lavoro di cura.
Il lavoro di cura ci sembra peraltro inteso nel secondo paragrafo dell’art. 4, ove si dice: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Rispunta quindi nell’art. 37, secondo paragrafo: dopo aver confermato stessi diritti e retribuzione a uomini e donne a parità di lavoro, vi si afferma che le condizioni di lavoro devono consentire alla donna “l’adempimento della sua essenziale funzione famigliare”. In questo caso ci sembra che la “funzione” sia intesa come un dovere di natura – essenziale perché consono all’ essenza della donna o semplicemente necessario perché tutto funzioni? -, diversamente dal lavoro produttivo, che è un diritto. Naturalmente anche gli uomini possono collaborare al lavoro di cura, effettivamente “essenziale” per la riproduzione della forza lavoro, ma il suo dovere viene attribuito solo alle donne.
In questo la Costituzione palesa una gravissima dissimmetria dei ruoli che assegna alle femmine, gravandole di doveri non previsti per gli uomini, portatori più che altro di diritti. Quali sono le attività o funzioni che concorrono al progresso naturale o spirituale della società ricoperte dagli uomini? Opiniamo che siano connesse alla vita sociale e politica, per cui le donne non hanno tempo, dato che le casalinghe sono impegnate per 6,58 ore al giorno nel lavoro di cura, le donne occupate per 4,8 ore, mentre gli uomini se la sbrigano in 1,47 ora quotidiana (dati ISTAT).
Le conseguenze sono di diversa portata: essendo le donne gravate dal quotidiano lavoro di cura, sono meno mobili e flessibili, almeno così le vedono i datori di lavoro, che a loro preferiscono gli uomini, anche se le donne sono più istruite e qualificate (22%di laureate / 16% dei laureati). La dipendenza o mancata autosufficienza economica sono causa di maggiore vulnerabilità alla violenza e questo si è evidenziato ultimamente nell’emergenza pandemica, che ha costretto tanti nuclei familiari ad una inusuale e prolungata coabitazione.
Soprattutto le donne non arrivano ad essere concorrenziali nei partiti e nei movimenti politici, a meno che non abbiano rinunciato alla famiglia o abbiano partner che collaborano al menage, cosa in Italia poco frequente. Il Parlamento ed il governo sono ben lontani da una composizione paritaria e legifera una maggioranza maschile, cosa che riteniamo sommamente ingiusta per tutte quelle norme che riguardano il corpo femminile, che è “pubblico” contrariamente a quello maschile, - contraccezione, aborto, fecondazione artificiale, fertilizzazione in vitro – e per la sinora dimostrata scarsa attenzione alle esigenze di servizi all’infanzia - nidi, scuole materne, tempo pieno- ed agli anziani non autosufficenti.
Finché gli uomini non saranno anche loro a rischio famiglia, mediante una piena ed equa condivisione del lavoro di cura, il tasso di natalità continuerà a scendere nonostante il desiderio di maternità dichiarato - 2,1 figli per donna secondo l’indagine ISTAT “Essere madri” del 2005 -, e le donne continueranno ad emigrare per poter realizzare il progetto di vita, cui si sono preparate, come noi constatiamo a Francoforte, dove ne arriva almeno una al giorno dall’Italia.
L’art.3 – la perla della nostra Costituzione - dichiara pari i cittadini senza distinzione di sesso e recita: “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Per il pieno sviluppo della persona donna c’è ancora molto da fare!

Liana Novelli
www.donneitaliane.eu

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