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Cineaste, un mondo di talenti

Cineaste, un mondo di talenti

A tutto schermo - Il network internazionale Women Make Movies alla decima edizione del RIFF. Proiettato ‘Pink Saris’. Intervista a Marta Sanchez

Colla Elisabetta Lunedi, 11/04/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2011

In collaborazione con il network cinematografico Women Make Movies (WMM), il Festival RIFF (Rome Independent Film Festival), giunto quest’anno alla sua decima edizione, ha dato ampio spazio alla creatività artistica femminile in campo documentaristico, finalizzando l’evento sui diritti umani alla denuncia di violazioni ed alla tutela dei diritti delle donne nel mondo. La Women Make Movies è un’organizzazione di arti multimediali senza scopo di lucro, multiculturale e multirazziale, che facilita la produzione, promozione e distribuzione di film e video indipendenti realizzati da donne e/o sulle donne. L'organizzazione fornisce servizi sia agli utenti sia ai realizzatori dei programmi di film e video, con particolare attenzione al sostegno del lavoro delle donne di colore. WMM facilita inoltre lo sviluppo di media femministi attraverso un servizio di distribuzione ed un programma di assistenza alla produzione riconosciuto a livello internazionale. Con oltre 500 film, WMM rappresenta circa 400 autrici di 30 paesi di tutto il mondo e ha lavorato negli ultimi 10 anni con numerose organizzazioni locali di donne in Asia, America Latina e Medio Oriente per sostenere nuovi Film Festival Internazionali dedicati alle donne, sponsorizzando oltre 200 progetti attraverso un noto programma di assistenza di produzione. Noidonne ha intervistato Marta Sanchez - intervenuta al RIFF - spagnola, curatrice esperta di film indipendenti, coinvolta in WMM per anni, fondatrice nel 2005 di Pragda un’iniziativa culturale indipendente che promuove film originali in ambienti diversi, con l'aiuto della tecnologia e dei canali alternativi.



Che cos’è Women Make Movies, perché è nata e cosa rappresenta per le donne cineaste di tutto il mondo?


Fondata nel 1972, WMM è nata per risolvere la sottorappresentazione e la mistificazione del mondo femminile nell’industria dei media all’epoca in cui è nato il femminismo. A quei tempi non c'erano scuole di cinema a sufficienza e WMM ha iniziato con un programma di workshop per insegnare alle donne a realizzare i propri film, poi con il tempo l’obiettivo principale si è spostato verso un bisogno reale ancora esistente nei media: la distribuzione dei film fatti dalle donne, con l’occhio delle donne e sui loro problemi. Per le registe donne, WMM rappresenta l’unica piattaforma che permette a questi lavori di essere visti: si può capire quanto ciò sia estremamente importante in un’industria/settore dominata/o dagli uomini. Sarebbe bello se non ci fosse bisogno di una WMM! Ma purtroppo quel tempo è ancora molto lontano. Spesso mi viene chiesto perché “Women” e non “Men” Make Movies? Perché questo già esiste, si chiama Hollywood!



Qual è stata la tua esperienza professionale in WMM?


Ero nel comitato delle acquisizioni e responsabile delle vendite internazionali, e quindi ho visto moltissimi film realizzati dalle donne: dato che pianificavo anche la strategia dei Festival, ho avuto la possibilità di far viaggiare queste opere non solo in America ma nel mondo intero. È stato un grosso lavoro: la mia esperienza è stata professionalmente una delle più appaganti, anche perché mescolava le due cose che amo di più: il cinema e le donne! Infatti vengo da una famiglia dove le donne sono femministe convinte. Inoltre ho sempre avuto la sensazione che il mio lavoro fosse utile ed avesse un senso.



Credi che oggi le donne abbiano le stesse opportunità degli uomini nell’industria cinematografica?

Uno dei maggiori problemi per le donne del settore è che dai dirigenti che approvano i film ad Hollywood fino ai programmatori di Film Festival, dai distributori ai critici, l'industria cinematografica è dominata pesantemente dagli uomini nei ruoli decisionali. Le statistiche più recenti sui critici, nell’ultimo rapporto di Martha Lauzan del Centro per lo Studio delle donne al Cinema e in TV dell’Università di San Diego, evidenziano che nel 2010 le donne costituivano solo il 16% di tutti gli amministratori, produttori esecutivi, produttori, sceneggiatori, cineasti ed editori che hanno lavorato nei principali 250 film nazionali. Ciò rappresenta un calo di 1 punto percentuale a partire dal 1998 ed è pari ai dati del 2009. 



Pensi che il talento e le aspirazioni delle donne siano completamente espresse nei loro film/documentari?

Ciò accade maggiormente nei media indipendenti rispetto ai media mainstream. Si percepisce infatti come una donna che vuole lavorare nei media “principali” deve giocare con regole molto maschio-oriented e

si trovano alcuni casi di autocensura. Nei media indipendenti invece viene quasi sempre rispettata la libertà di espressione delle donne. Abbiamo ottimi registi donne come Kim Longilotto, Natalia Almada, ecc. i cui film sono un esempio di spirito libero e creatività.



Parlaci del documentario Pink Saris, di cosa tratta?


Pink Saris è il nuovo film di Kim Longinotto, una delle documentariste donne più colte e di talento che hanno avuto retrospettive al MoMA e all'IDFA. Racconta di un’eroina complicata - Sampat Pal - che è a capo della banda Gulabi, un gruppo di donne che, nell’India del Nord, stanno combattendo per salvare le ragazze costrette al matrimonio in età incredibilmente giovane o abusate dalle loro famiglie e mariti. È divertente, triste e commovente - caratteristiche tipiche dei film della Longinotto - e mostra la situazione

delle donne in un'altra parte del mondo.



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