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Ciao Tina. La Staffetta partigiana che parlava di libertà

Ciao Tina. La Staffetta partigiana che parlava di libertà

Ogni giorno abbiamo responsabilità di perpetrare e nutrire le vittorie ottenute per noi. “Attenti – diceva Tina Anselmi - ogni vittoria è reversibile. Dopo aver vinto si può sempre perdere”

Mercoledi, 02/11/2016 -
Ci sentiamo più sole e sicuramente meno protette. Ci sentiamo orfane di chi ha costruito strumenti e dialettiche ad uso delle donne. Tina Anselmi saluta un mondo popolato di ingiustizie, un monolitico ammasso di polvere che opprime il migliore dei mondi possibili.

Tina Anselmi se ne va, le logge ancora galleggiano. La sconfitta, ad ogni modo, non è l’inossidabile salvezza dei poteri forti, non siamo Cenerentole nel mondo fatato e nessuna di noi crede ancora nel migliore dei finali per forza. La sconfitta è che ci siamo perse.

Ma possiamo recuperare, recuperando la memoria e tornando a considerare che lottare non è mai abbastanza, non è mai tempo perso, non è mai tempo sprecato. Tina Anselmi ci ha insegnato il metodo della rappresaglia pacata, fiera, autorevole. Ci ha insegnato che si può incanalare il valore quello vero nelle maglie grigie degli scranni del potere. E non ha mai perso, neanche adesso che se ne va mentre si sente ancora l’eco della P2.



Le donne e gli elefanti non dimenticano mai



Noi donne conosciamo il peso della memoria emotiva. Il sapore di una immagine rimane impressa per la vita se ha scosso i nervi empatici. Tina Anselmi a soli 17 anni aveva assistito all’impiccagione di un gruppo di partigiani da parte dei nazifascisti.

“Eravamo un gruppo di 5 o 6 ragazze, - racconta in una delle sue ultime interviste a proposito della sua militanza partigiana- avevo un nome di battaglia che era Gabriella. Il mio compito era quello di portare messaggi e materiale e di avvisare se ci fossero tedeschi in zona. Un compito che poteva rivelarsi molto pericoloso, il comandante mi aveva avvertito che se mi avessero trovato i tedeschi col materiale avrei dovuto pregar Dio di essere ammazzata subito. Perché le donne venivano colpite nella loro sfera sessuale, la peggior punizione che si possa infliggere. Ogni giorno facevo 120 chilometri in bicicletta. I copertoni erano sempre con i buchi”.

Non dimenticò mai l’incontro con la morte barbara e disumana, non poteva rimanere indifferente. Non dimenticano le donne, diceva Dorothy Parker, perché sono come gli elefanti.



Nilde Iotti e Tina Anselmi, la forza monolitica della volontà



Iotti, nel 1982 presidente della Camera volle fortemente la commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2, a capo di questa fu Tina Anselmi. Due donne, due volontà ferree, due autorevoli voci nel panorama ormai sensibilmente corrotto e visibilmente inficiato dalle infiltrazioni mafiose che si stava delineando. La commissione denunziò frontalmente l’implicazione di cariche pubbliche per interessi privati, Iotti e Anselmi lanciarono un sasso nello stagno che ebbe grossa risonanza. La P2 fu oggetto d'indagine anche della Commissione Stragi per un presunto coinvolgimento in alcune stragi, ma non portò a niente di rilevante. Gli appartenenti alla P2 e Gelli furono assolti con formula piena dalle accuse di "complotto ai danni dello Stato" con le sentenze della Corte d'Assise di Roma fra il 1994 ed il 1996.



Tina Anselmi ci mancherà perché aveva messo scomodi i poteri forti, il sistema profondamente radicato della referenzialità maschile tra le poltrone istituzionali. Ci mancherà perché è stata partigiana, partigiana in guerra, partigiana della solida onestà politica di cui le donne sono capaci.

“Attenti ogni vittoria non è irreversibile. Dopo aver vinto si può sempre perdere”.

Ogni giorno abbiamo responsabilità di perpetrare e nutrire le vittorie ottenute per noi. “Attenti – diceva Tina Anselmi - ogni vittoria è reversibile. Dopo aver vinto si può sempre perdere”. Perché la libertà è un atto partigiano, un atto di resistenza.

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