Martedi, 09/02/2021 - Nadia Riva. No, non la conoscevo di persona. Ma è stata una parte importante del mio essere femminista, del mio percorso di donna.
Femminista storica, una delle fondatrici della libreria e circolo femminista milanese “CICIP & CICIAP” negli anni della lotta e dell’attivismo più vero e concreto.
Il suo era un femminismo combattente e radicale.
Non usava mezzi termini, andava diritta al punto: niente di edulcorato, niente di “petaloso”.
Il suo commento social sull’abito islamico di Silvia Romano al suo rientro in Italia fece scalpore nel mondo femminista e non solo (“La struggenza di una donna sorridente in un sacco verde della differenziata”, maggio 2020).
In quel periodo scrissi privatamente a Nadia, comprendendo il suo obiettivo: la critica non era contro la Romano e quella sua scelta, ma contro un mondo patriarcale che pretendeva e pretende l’esibizione di simboli di dominio sulla donna (diciamolo, da Oriente a Occidente).
Già da tempo ero in contatto con lei, ma da quel momento si è approfondita la nostra conoscenza: ci scrivevamo spesso di notte, per condividere idee e opinioni sul femminismo e non solo.
Poi, per casi strani della vita, mi sono ritrovata a vivere un periodo difficile a livello personale. Mi sono confidata con Nadia, pronta a raccogliere questa mia sofferenza intima. E lei tornava puntuale a scrivermi, alle 3 di notte, per parlarmi di quanto dovessi tenere ben saldo il mio baricentro, la mia autodeterminazione, la mia consapevolezza. Il mio amore e il mio credere nel femminismo.
“Brava, ora ti percepisco forte!” mi sollecitava “Torna subito alle battaglie femministe e non perderti di vista!”
Puntava sul “se stessa” Nadia: sì, l’essere “se stessa” sempre e comunque. Amarsi, volersi bene, rispettarsi per essere rispettata.
Nadia mi ha insegnato a ripartire da me. E quindi questo piccolo omaggio è dovuto.
Grazie Nadia, il femminismo farà sempre parte di me e tu farai sempre parte della storia del femminismo.
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