Uno scultore, allievo prediletto di Pericle Fazzini, dall’attività artistica multiforme nell’ambito della grafica, della pittura, della scultura, del cinema, delle installazioni e performance. Artista poliedrico e prolifico ha interpretato anche il ruolo di Pierpaolo Pasolini nel film “Angelus Novus” di Pasquale Misuraca presentato a Cannes International Film Festival nel 1987.
Le opere maggiori andranno per suo volere alla Fondazione Italo Falcomatà di Reggio Calabria.
Moltissimi amici oltre alle figlie sono stati vicini a Mimmo in questi penosi giorni di malattia. Tutti speravano in un miracolo che non è avvenuto e non per mancanza di volontà da parte sua, perché ha lottato con tutte le sue forze. Ha lottato con la dignità che distingueva la sua persona, con l’intelligenza e il grande talento di un vero artista.
“Il dolore avvicina gli esseri umani”, questo il senso profondo del suo messaggio agli amici nella grande sofferenza che ha segnato i giorni di malattia. Mai una parola cattiva, mai un rimprovero o brutti ricordi, soltanto gratitudine e senso cristiano della vita. Gratitudine verso tutti, amici, personale ospedaliero, studenti e volontari, una in particolare che definiva “figura preraffaellita”. Solo un episodio, da quanto riferito dalla figlia e da lui stesso, ha turbato profondamente la sua sensibilità fino a farlo piangere come un bambino: uno del personale delle pulizie che l’ha schernito mentre recitava una preghiera. Pare che trattasse così tutti i ricoverati. Persone a dir poco inadeguate come questo povero uomo non dovrebbero circolare tra i malati. Questo è accaduto in una “eccellenza” romana di un ospedale pubblico, dove a mio avviso, per come sono concepiti questi luoghi di sofferenza, manca ancora la capacità di considerare il malato come una persona dotata non soltanto di corpo fisico. Un problema comune alla formazione medica, che per tradizione, forse considera ancora l’uomo come una somma di organi. Così può capitare che manchi ancora la volontà di supportare il malato soprattutto terminale con figure atte a trattare e sostenere professionalmente le sue vere esigenze sintetizzabili in una parola: accudimento.
Una stretta di mano era il dono più bello per lui e in quella stretta c’era un mondo d’amore e di profonda gratitudine, c’era il grido d’aiuto di un’anima che aveva il terrore del vuoto, quel vuoto che non caratterizzava più gli attimi prima della creazione di un’opera ma l’incubo di non poter più essere creativo. Mimmo Pesce, un vero artista, capace di scendere negli abissi dell’oscurità, per risalire verso la Luce svelando in questo grande movimento il mistero della creatività e dell’amore verso la vita. Il male, tanto esorcizzato attraverso lo studio dei demoni e delle figure del mondo degli elementi, ora invece in Mimmo catturava uno spazio reale. I demoni li aveva solo studiati senza mai amarli, probabilmente per cercare qualcosa che li scagionasse dalla loro stessa distruttività. Così Mimmo sentiva il suo male, come mostri che annientavano la sua parte volitiva. Poi a distruggerla ci hanno probabilmente pensato anche le cure contro il dolore, spesso oppioidi, utili oltre che a placare il dolore, pure a rendere il paziente più calmo e inoffensivo, soprattutto di notte, quando la paura aumenta la sua intensità. Se la persona fosse considerata non soltanto un malato terminale e un corpo incurabile ma molto altro si concepirebbe l’esistenza di figure professionali quali psicologi e sacerdoti atti a lavorare in senso non oppressivo sulla paura. A volte basterebbe soltanto una persona capace di tranquillizzare il malato senza incidere negativamente sulla sua forza vitale. Mimmo aveva un intenso bisogno di pregare, di recitare il “Padre Nostro, che definiva la più bella preghiera esistente. Avrebbe desiderato un piccolo sacerdote capace di stringere la sua mano pregando insieme, così da sentirsi più forte. Chiedeva di lui ogni giorno ma quel sacerdote era partito per una missione e nessuno l’ha mai sostituito costantemente come richiesto.
La preoccupazione di Mimmo era molto chiara: “Ti prego, non permettere che io muoia da vegetale o da drogato perché non lo sono mai stato”. Un giorno tentò di scavalcare il letto con tutta la forza rimasta nella parte destra del corpo motivando questo gesto con il bisogno di “essere uomo”. In questa confidenza c’è un pensiero profondo che caratterizzava la sua grande intelligenza e sensibilità.
Mimmo ripeteva spesso: “Salvatemi, fatemi uscire”! Pur apprezzando i momenti di cure igieniche alla persona, di vicinanza con altri esseri umani in grado di agire per il bene, gridava a tutti la sua paura, quella di perdere la dignità di persona scivolando come se fosse normale in quell’infelice dimensione di “malato”. I limiti degli orari molto rigidi esistenti in tutti gli ospedali italiani, fatta eccezione per le cliniche a pagamento, non si conciliano con le vere esigenze del paziente. Esistono delle esigenze mediche, infermieristiche e altro, ma esiste anche la dignità della persona che deve esprimersi attraverso il sentire dell’anima e questo non è molto considerato dalla medicina e nella formazione medica. L’associazione cure mediche uguale cure del corpo fisico crea inconsapevolmente un colpo di spugna rispetto alla vera essenza dell’essere umano. L’uomo è un essere che oltre a un corpo fisico si ritrova fortunatamente anche un’anima, una parte spirituale e un Io. L’Io è la parte più massacrata già da prima della nascita fino alla morte. La forza dell’Io sta nel rispetto della dignità della persona, nel nutrimento dell’anima attraverso la verità ma soprattutto attraverso la bellezza. Per un artista la bellezza è essenziale mentre niente nelle strutture esistenti considera questo aspetto che ci elva dai semplici bisogni corporali. Stanzoni attrezzatissimi ma privi di rispetto per la privacy dell’essere umano. Tutto è nelle mani delle persone di buona volontà – fortunatamente in questo caso molte e brave- che comunemente però si difendono rispetto al dolore. Si scherza con il dolore, si minimizza per esorcizzarlo o per non fargli prendere il sopravvento e la persona sensibile soffre in silenzio quasi senza più difese e la forza del suo Io, già indebolita dai farmaci che ne attutiscono la coscienza, così si affievolisce giorno dopo giorno. “Ci vogliono come dei vegetali”, affermava Mimmo e in un certo senso è un vissuto autentico di reale impedimento, non tanto per i suoi limiti di malato ma soprattutto per ciò che diventa un malato: un essere fuori da un certo sistema produttivo, un numero destinato ad azzerarsi. Una realtà che potrebbe definirsi una vera voragine culturale.
Allora una TAC può anche migliorare, mentre l’anima si strugge dal terrore della solitudine, dall’impotenza di una dimensione che non sente più umana e che purtroppo rischia di annientare ogni forza necessaria a lottare per la vita.
“Amici aiutatemi”! Con questo grido che il nostro amico definiva “Tam Tam di Mimmo Pesce” cercava quella forza che la dimensione di “malato” nega ogni giorno all’anima ferita.
“Amici aiutatemi con i vostri pensieri”!
Facciamo circolare questa richiesta d’affetto visualizzando il Mimmo di sempre, forte, determinato, coraggioso e soprattutto buono e dignitoso. Non solo nella vita terrena occorrono tanti buoni pensieri ma soprattutto nel passaggio della soglia è richiesta questa forma di abbraccio virtuale alla persona cara.
Mimmo mi aveva espressamente chiesto di ringraziare tutti gli amici con autentica gratitudine e tanto affetto. La sua arte non morirà e nemmeno il ricordo della bella persona che è stata anche con le sue animate discussioni sempre alla ricerca della verità mentre il vuoto della sua presenza purtroppo si sentirà moltissimo. Un abbraccio particolare alle sue figlie, ai suoi parenti e a chi l’ha amato.
I funerali si terranno Lunedì 31 Ottobre alle ore 11,30 presso la Chiesa degli Artisti a Piazza del Popolo.
Celebra la Messa il Mons. Marcos Pavan, con Josep P. Solé, organista presso la Basilica di S. Pietro in Vaticano. Interverranno gli amici e direttori di coro Fabrizio Barchi e Riccardo Schioppa.
Dopo la Funzione Religiosa, il feretro sarà tumulato a Reggio Calabria, nella sua città natale.
Sarebbero preferibili ai fiori delle donazioni, per la salvaguardia-collocazione delle opere dell’artista.
Lascia un Commento