Visitabile fino al 19 marzo la mostra che espone sette grandi installazioni, sculture, fotografie, disegni, video di performances e materiali d’archivio che documentano venti anni di attività dell’artista
Nelle intenzioni dell’artista i fili rossi rimandano alle connessioni neurali del cervello, connessioni che, a mio parere, si collegano al tema delle relazioni tra le persone e alle antiche dee.
La lingua italiana non prevede il neutro, troppo spesso ancora utilizzato per indicare il femminile e il maschile imponendo, di fatto, il solo maschile.
Come la lingua, anche i colori non sono ‘neutri’. Christa Wolf, in Premesse a Cassandra nota come la prima trinità mai esistita sia femminile ed esprima i tre stadi della vita: la nascita, lo scorrere della vita stessa, la morte. Stadi a cui corrispondono tre colori: il nero, simbolicamente rappresentante la nascita, perché si viene al mondo dal buio del ventre materno; il rosso del sangue il cui scorrere permette la vita e il bianco delle ossa, la morte.
Rosso, nero e bianco sono colori fondamentali nell’opera di Chiharu. E’ probabilmente molto azzardato da parte mia interpretare l’opera di un’artista giapponese contemporanea attraverso un’analisi politico – coloristica che trova la sua ragione d’essere nel culto delle antiche dee madri. Può darsi. Ma è un’interpretazione che mi affascina e che mi sembra corrispondere all’agire dell’artista. E, in fondo, il colore del lutto, nella cultura giapponese, è il bianco.
Il filo è utilizzato in diversi modi: per sostenere oggetti, per collegarli tra loro, per costruire un’intelaiatura che diventa un soffitto e assume la forma di una volta oppure, come nei disegni, per sottolineare una forma o per uscire da essa.
Connecting small Memories
Acquarello, pastello grasso e filo su carta
Filo che assume la consistenza di una stringa, che collega, che unisce, che pare congiungere elementi di vita o di memoria, come le scarpe o le valigie sospese di Accumulation – Searching for the Destination, gli oggetti apparentemente inutili che rimandano ad età diverse, le foto seppia, quasi ricamate dal filo, che dicono di interpretazioni recenti rispetto al passato.
Accumulation – Searching for the Destination
Un passato che diventa struttura architettonica, come è il caso delle intelaiature di porte e finestre di un edificio abbandonato e distrutto. Inside – Outside è una struttura architettonica nella quale si entra e, attraverso fotografie, si prende visione di un palazzo, di come era, di come in esso si viveva. Conservare per ricordare.
Inside – Outside installazione
Inside – Outside documentazione fotografica
Il filo ricorda le Parche, restituisce il senso della memoria e dei legami. I fili compaiono anche nelle scenografie affidate all’artista, siano esse per spettacoli teatrali, come l’Edipo re, o per concerti. Sappiamo bene come un’orchestra sia costituita da una serie di persone, elementi che lavorano insieme per costruire una musica che suoni conseguente a chi ascolta. Chiharu Shiota esplicita questo lavoro attraverso fili colorati che corrono sul piano di un palco, a collegare le persone o ad annodarsi intorno ai leggii in un miscuglio di colori che ben rende la differenza dei suoni.
Un’installazione che mi è parsa particolarmente interessante è Reflection of Space and Time . Qui l’artista, attraverso l’uso di uno specchio, riprende elementi diversi divertendosi a giocare sull’uno – due e sul dentro – fuori. Un prisma a base romboidale con le pareti di fili alcantara neri intrecciati, sostenuti, sugli spigoli, da una struttura in metallo, accoglie al suo interno due abiti da sposa sospesi e uno specchio. Solitamente le persone possono entrare nelle installazioni, possono sentirsi avvolte e protette, o prigioniere, dei fili. In quest’opera l’entrata è possibile solo virtualmente, attraverso il proprio riflesso nello specchio, in uno spazio inaccessibile dall’esterno. Una riflessione di tempo, di spazio e di pensiero.
Reflection of Space and Time . Abito interno
Reflection of Space and Time . Antonella esterna – interna
Chiharu Shiota The Soul Trembles al Gran Palais di Parigi sino al 19 marzo 2025
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