#chicagoGirl. The social network takes on a dictator
Presentato durante la rassegna organizzata a Roma da Internazionale e CineAgenzia il documentario #chicagoGirl. The social network takes on a dictator.
Roma. #chicagoGirl. The social network takes on a dictator è presentato al Palazzo delle Esposizioni durante la rassegna che Internazionale, in collaborazione con CineAgenzia, dedica ai migliori documentari sulla realtà e sui diritti umani. Girato nel 2013 da Joe Piscatella, e proiettato per la prima volta nel novembre dello stesso anno, #chicagoGirl racconta la Siria delle prime rivolte attraverso una doppia narrazione. A essere intrecciati, e allo stesso tempo ben distinguibili, i filmati girati in prima persona dai citizen journalist siriani e la storia di Ala'a Basatneh. È lei la ragazza di Chicago che, un continente e un oceano di distanza, coordina le rivolte dalla propria camera. Un filo diretto con la Siria: attraverso il suo lavoro sui social network, Ala'a diventa una figura necessaria all’organizzazione dell’azione sul campo. Lei stessa ne è consapevole. Lo riconosce quando traccia una netta e non valicabile linea di confine tra il prima, la vita da adolescente di periferia, e il dopo rappresentato dalla rivoluzione.
Attraverso Facebook e Twitter, Ala’a aiuta i compagni a fronteggiare la violenta repressione di Assad. Grazie ai suoi movimenti sulla tastiera, i video girati a Homs e Damasco dai manifestanti finiscono in rete. Diventano virali, arrivano alle grandi emittenti televisive. Rimbalzano, fanno il giro dei continenti in quanto marchio incancellabile delle violenze commesse dal regime. La ragazza di Chicago carica i video su Youtube, oscura i volti delle persone per evitare che siano riconosciuti, inserisce data e ora, li traduce. Se uno dei rivoluzionari è catturato dalle forze militari, Ala’a ne cancella il profilo Fb. Perché i movimenti sul web, i contenuti degli account, potrebbero portare alla definitiva accusa di sovversione nei confronti del regime.
Lo lascia intuire lo stesso titolo, il documentario è un’interessante analisi del ruolo ricoperto dai social network durante la rivoluzione siriana. Della crucialità del loro ruolo nel mantenere in contatto i manifestanti. Nell’aumentare le loro presenze in strada perché, come Ala’a ricorda, il problema con le piccole manifestazioni è che possono essere disperse facilmente. La rete diventa la forma indispensabile per esprimere opposizione e conflitto politico. Certo, non che i social media siano stati la causa determinante delle rivolte. Senza la piazza sarebbero rimasti svuotati del loro contenuto. Eppure creano nuovi spazi di discussione, diventano un luogo fondamentale di aggregazione del dissenso.
Accanto alle risposte che pure fornisce, #chicagoGirl sembra lasciare tanti interrogativi. Si riflette sull’ambivalenza dei social network. Sulla possibilità che diventino uno strumento in mano alla dittatura, un mezzo per rintracciare i manifestanti. A ciò si aggiunge una considerazione sul giornalismo partecipativo, sulla necessità che anche quanto provenga dal citizen journalism sia oggetto di verifica. Poi, non può che essere evidente il contrasto tra quanto raccontato dal documentario e la Siria attuale. In questo senso, #chicagoGirl non lascia spazio a congetture e ipotesi sugli esiti della primavera. Infatti se Saleh, Mubarak, Gheddafi e Ben Ali cadono uno dopo l’altro, il regime di Assad resiste. E questo porta a una sostanziale modifica della stessa forma della rivoluzione. Iniziata pacificamente, la rivolta siriana diventa una guerra civile che causa più di 120 mila morti, dei quali più della metà civili. Causa 2 milioni e 900 mila profughi, che cercano rifugio in Libano, Giordania, Europa, Turchia. Sembra quasi di vederlo accennato questo irrisolvibile esito tragico quando, negli ultimi momenti delle riprese, si vedono gli stessi protagonisti della rivoluzione entrare a fare parte dell’Esercito Siriano Libero. Difronte alla violenta repressione di Assad, la rivoluzione sceglie di usare gli AK-47. Anche le rivolte si militarizzano e la primavera diviene un inverno non ancora trascorso.
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