Tabù - “Non l’Uomo ma uomini abitano questo pianeta. La pluralità è la legge della terra” Hannah Arendt
Emanuela Irace Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2008
Se il bene e il male trovano ugualmente spazio in ciascuno di noi, può dirsi altrettanto per la politica degli stati? La risposta è ovvia, come in tutte le domande retoriche, e l’evidenza sotto gli occhi di tutti. “Lettere grandi uguali alle piccole”, scriveva Fichte. La Cattiveria si impara, e il micro si specchia nel macro, mutuandone regole e nevrosi. La vittima che diventa aguzzino. Lo stuprato che diventa stupratore. La violenza che impone violenza. Lontani dal mito magico e infantile che dal male può scaturire bene, restiamo testimoni silenziosi, incapaci di rompere il cerchio. Sudditi di una impalcatura simbolica che azzera ogni tentativo di fotografare la realtà così come si presenta agli occhi del mondo. A sessant’anni dalla nascita dello stato di Israele, che al pari di Pakistan e Iran, fonda la propria costituzione su un principio religioso, - su cui ha edificato la propria esistenza - non riusciamo ancora ad emanciparci dai sensi di colpa, né a dire basta alla politica di un Governo profondamente malato. Psicologicamente scisso. Tra un’idea di democrazia al suo interno e un principio di barbarie ai suoi confini. E’ la teoria dei “due fori” e del doppio registro. Del male scelto perché non se ne può fare a meno. Per ragioni di sicurezza e sopravvivenza. Ma è anche l’extrema ratio di un sistema antico che continua a perpetuarsi nel futuro e che incontriamo nelle nostre città o negli stadi. La ricerca del nemico. Nutrito. Come principio di identità e come valore di un carattere incapace di affermarsi senza scontro. Emblema di totalitarismo, come sistema politico e come cifra personale. Individui e Stati che attraverso il nemico si assicurano coesione e sopravvivenza, forza e giustificazione. Icona di debolezza, nel micro come nel macro. Illusione di aver stanato il Cattivo: il serbo, l’hutu, il palestinese, il rom, il critico di Israele o il tifoso della squadra avversa. Patente di giustezza e bontà per le proprie azioni contro ogni volontà dialogante o istinto democratico. Contro ogni principio di realtà e linguaggio condiviso. Ostaggio di una seduzione scellerata che non tende a far conoscere, ma a far sentire. Di pancia. Non di testa.
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