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Chi prende il testimone?

Chi prende il testimone?

Le nonne - “Perché non siamo noi donne a proporre quello che da vent'anni chiedono le economiste femministe, vale a dire di riformare la sostanza del Prodotto interno lordo?”

Giancarla Codrignani Martedi, 27/12/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2012

Resto un poco stranita quando mi trovo "diversa" da reazioni apparentemente destinate ad essere comuni per genere, generazioni e quant'altro. Forse succede che spesso andiamo dietro al movimento molecolare delle onde senza percepire quante strade percorriamo. Tuttavia bisogna riconoscere (non ci insistiamo mai abbastanza) che molte delle incomprensioni fra giovani donne e madri-nonne nascono dalla politica maschile che introiettiamo anche non volendo. Infatti anche tra le vecchie femministe quelle che hanno avuto frequentazioni di partiti e movimenti (Pci, Psi, ma anche Lotta continua, Potere operaio, associazioni cattoliche...) rivelano denominatori comuni occulti che, tuttavia, sono ben percepibili in nostri fondamentalismi che sembrano "fisse" isteriche. Oggi, in cambio, sulla nuova generazione pesa tanto - fino a mettere in dubbio il diritto del voto - l'antipolitica.

Ricordate lo spettacolo "Libere" creato da Cristina Comencini per Se non ora quando, con la madre femminista e la giovane "anti"? È lì che mi sono sentita stranita nel seguire le battute, perché mi erano chiare le ragioni di entrambe, ma nessuna delle due esperienze mi apparteneva. Se fossi stata io vicina ad una giovane "che ha avuto tutto" e che "compete" con gli uomini, avrei criticato subito la poverina (una bravissima Isabella Ragonese) che sta nella sala d'attesa di un ginecologo perché ha paura di essere incinta: ragazze (e madri ex-femministe), ma la contraccezione? Anche le madri patirono le stesse ansie, ma almeno seppero imporre ai vecchi governi una legge che potrebbe ancora correre pericolo, mentre oggi la contraccezione, boicottata ufficialmente quasi come la fecondazione assistita bocciata nel referendum, trova al massimo qualche denuncia nei blog. Va bene così?

Questo 2012 sappiamo che sarà difficile. E pieno di ricadute nefaste per noi. Se rivediamo un po' di conti - almeno per non fare come i politici che, perfino a livello internazionale (Merkel in primo luogo), hanno aspettato e aspettano che l'acqua arrivi oltre la gola - chiaro che toccherà a chi è più forte fare prevenzione, rianimare la speranza politica anche se non è quella che ci piace, unire su aspetti esistenziali ormai contestabili per le peggiorate condizioni generali. Chi sono i più forti? Come sempre noi, ragazze comprese; se ci daremo/si daranno una mossa.

Un peana a Elsa Fornero, Ministra del Lavoro e delle Pari Opportunità, perché, ricevendo il 1° dicembre, tra le delegazioni sociali, anche quella dei "giovani", che erano tutti maschi, si è alzata per andarsene dicendo "se neanche i giovani hanno la consapevolezza che il contributo delle donne deve essere valorizzato, non si va da nessuna parte". Bel segnale. In quante lo facciamo nelle realtà locali? E, come mai una delegazione di "giovani" escludeva un genere? Forse le ragazze erano "liberamente" rinunciatarie? Elisabeth Badinter non deve avere torto a pensare che, nonostante i benefici ricevuti, la generazione delle giovani donne finirà per farsi ancora subalterna, questa volta a partire dal materno, rilanciato dai governi per bisogno di ammortizzatori sociali gratuiti e generatore di piccoli despoti per frustrate madri. Tanto più che quelle che giustificano le escort, pensano come ideale un marito ricco mentre quelle che non si integrerebbero mai non si sposano ma fanno figli di cui non sospettano le conseguenze.

Sono, tuttavia, contenta della visibilità politica espressa dalle donne fin dal 13 febbraio dell'anno scorso, anche se mi ero domandata se non fosse stata un'iniziativa di supplenza. Infatti mi sembrava che gli uomini che hanno accompagnato le manifestazioni fossero lì non solo per solidarietà con i nostri (ma anche i loro) corpi offesi da Berlusconi, ma perché avevano voglia di un "se non ora, quando?" vanamente atteso da parte dell'opposizione. Anche a Siena eravamo consapevoli, preoccupate, forti. Idem nei preparativi dell'11 dicembre. Tuttavia qualche preoccupazione - di testa o di pancia fa lo stesso - ha incrinato l'unità e la forza della denuncia. Peraltro le manifestazioni, le parole d'ordine, il ricatto sul voto (chi non ha proposte per noi non lo si vota) non bastano.

Resta il grande dilemma delle proposte politiche delle donne: chi le raccoglie, se governi e partiti non vogliono rovesciare le priorità dei governi e, se vuoi entrare, ti chiedono di accettare il modello unico? Mario Monti ha detto fin dal primo giorno che le donne sono "una risorsa" (parola da noi poco amata, ma lasciamo perdere), mentre la sinistra racconta che, secondo l'Istat, l'ingresso di più donne nel lavoro alza il Pil ma, pur in condizioni di bisogno estremo di consenso elettorale, non emette segnali per ottenere la fiducia femminile. Perché non siamo noi, donne del femminismo e dello Snoq (cioè noi della vita quotidiana) a proporre quello che da vent'anni chiedono le economiste femministe, vale a dire di riformare la sostanza del Prodotto interno lordo?

Le brave ragazze conoscono la storia di Aung San Suu Kyi o di Levi Montalcini e delle Nobel africane; ma sono poche. La maggioranza non sa molto di loro, ma soprattutto ignora come sentirne il valore come qualcosa di proprio. Basterebbe guardarsi attorno: vogliamo parlare di esempi vicini che rendono simbolici i riconoscimenti delle poche che ricevono il riconoscimento della fama? Leda Colombini era entrata nei Gruppi di difesa della donna a quattordici anni, poi nell'UDI, esponente della Federbraccianti, parlamentare: è morta a 82 anni sulla soglia del carcere in cui prestava volontariato da anni. La sua ultima impresa: il riconoscimento giuridico degli arresti domiciliari per le donne in carcere con i bimbi piccoli. Chi prende il testimone?





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