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Chi ha ucciso Anna Politkovskaya?

Chi ha ucciso Anna Politkovskaya?

Caucaso del Nord / seconda parte - L’omicidio di Zarema Sadulayeva e del marito Alik Dzhabrailov di “Let’s Save the Generation”, ong che assiste giovani emarginati, potrebbe essere collegato al nuovo processo di Anna Politkovskaya

Cristina Carpinelli Giovedi, 05/11/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2009

A meno di un mese dall’uccisione dell’attivista dell’Ong Memorial, Natalya Estemirova (15/7/2009), con una dinamica tragicamente analoga, altri due militanti di un’organizzazione umanitaria giovanile sono stati eliminati alla periferia di Grozny. Si tratta di Zarema Sadulayeva e del marito Alik Dzhabrailov, collaboratori di “Let’s Save the Generation”, un’Ong che si occupa di dare assistenza ai giovani emarginati per evitare il loro arruolamento nelle sanguinarie bande armate di cui è infestata la Repubblica caucasica. Sono stati portati via dall’ufficio dell’Organizzazione umanitaria, dove lavoravano, da uomini armati che hanno detto di essere rappresentanti delle strutture militari e dei servizi di sicurezza. Il giorno dopo è arrivata la notizia del ritrovamento, nel bagagliaio di un’auto, dei corpi dei due militanti privi di vita e crivellati da colpi d’arma da fuoco. L’auto era parcheggiata in una via del sobborgo di Chernorechye alla periferia di Grozny. La notizia è stata immediatamente diffusa da Aleksandr Cerkasov del direttivo di Memorial su radio Eco di Mosca e confermata subito dopo anche dal ministero dell’Interno ceceno. Come nel caso di Natalya Estemirova, Memorial ha accusato di responsabilità diretta nel delitto dei due attivisti il presidente ceceno Kadyrov, additato come complice (se non addirittura mandante) di diversi omicidi politici. Il presidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, Lluìs Maria de Puig, ha espresso il suo sgomento per l’uccisione della responsabile dell’Ong “Let’s Save the Generation” e di suo marito: “La situazione dei difensori dei diritti umani in Cecenia e nel Caucaso del Nord è diventata insostenibile. La minaccia costante che incombe su questi militanti non può più essere tollerata in un paese del Consiglio d’Europa. Chiederemo all’Assemblea di considerare il caso senza ulteriori ritardi. Il nostro appello alle autorità in seguito all’uccisione di Natalya Estemirova il mese scorso non ha avuto assolutamente nessun effetto. Coloro che hanno perpetrato questi crimini devono essere identificati e portati davanti alla giustizia”.

Continua, dunque, la tragica scia di sangue che in Russia (soprattutto in Cecenia e in Daghestan), negli ultimi anni, ha condotto alla morte giornalisti, militanti e attivisti di Ong impegnati nella difesa dei diritti umani. Certo, la situazione nel Caucaso è complicata: dietro questi assassini c’è un intreccio di estremismo islamico, scontri tra bande rivali e vicende di corruzione. C’è una lunga storia di diritti negati e di terribili sofferenze delle popolazioni civili, a partire dalle convulsioni indipendentiste della Cecenia esplose al momento del crollo dell’Urss fino alla sua attuale pacificazione imposta con la forza dopo due guerre cruente. Non v’è dubbio che queste hanno creato nel tempo uno stuolo di banditi, killer professionali e disadattati.

L’omicidio dei due militanti di “Let’s Save the Generation” è avvenuto 6 giorni dopo l’apertura del nuovo processo di Anna Politkovskaya (5/8/2009). Gli indiziati dell’omicidio della scomoda giornalista russa assassinata a Mosca il 7/10/2006 erano stati assolti in primo grado il 19/2/2009. A seguito della sentenza del tribunale moscovita, la pubblica accusa è immediatamente ricorsa in appello, pur se i difensori della giornalista uccisa hanno sempre definito i quattro imputati dell’omicidio “capri espiatori”, ritenendo necessario risalire anche ai mandanti. Il nuovo dibattimento fa seguito all’annullamento della sentenza di assoluzione dei quattro imputati per “vizi procedurali” deciso il 25/6/2009 dalla Corte suprema. Una notizia che in un primo momento ha dato sollievo e speranza a molti, delusi da quel processo dai troppi punti oscuri, a partire dallo scandalo delle porte chiuse, poi aperte, poi di nuovo chiuse per decisione del giudice. A chiedere l'annullamento della sentenza è stata la Procura generale russa, guidata da Yuri Chaika. Gli imputati principali nel processo-bis sono i fratelli ceceni Dzhabrail e Ibragim Makhmudov, ritenuti i presunti “pedinatori” della vittima, Serghei Kadzhikurbanov, anch'egli ceceno, ex-funzionario della polizia moscovita, accusato di essere l'organizzatore logistico dell’assassinio (arrestato poco dopo l’assoluzione per una vicenda di estorsione) e il colonnello Pavel Riaguzov, membro dei servizi segreti centrali russi (Fsb), reo d’abuso d’ufficio e concussione per avere fornito ai presunti assassini informazioni sulla vittima in cambio di una mazzetta di 10mila dollari. Un altro dei quattro fratelli Makhmudov, anche lui indagato (potrebbe essere l’esecutore materiale del delitto), è fuggito all’estero.

Nell’ottobre 2007, la Commissione per la protezione dei giornalisti (The Committee to Protect Journalists - CPJ) ha riferito al presidente russo Vladimir Putin che il mondo seguiva con attenzione il corso dell’inchiesta sull’uccisione della giornalista Politkovskaya e ha sollevato qualche preoccupazione sul fatto che tale inchiesta non fosse svolta in piena autonomia dai condizionamenti politici del governo. La Commissione ha scritto una lettera a Putin tre giorni prima della ricorrenza della morte di Anna Politkovskaya, riferendo che il mondo accusava il Cremlino di non essere in grado di proteggere la libertà di parola: “In Russia e in tutto il mondo, i leader e i cittadini si aspettano un’indagine diligente, trasparente e libera da pressioni politiche. Finora, i segnali non sono affatto incoraggianti", ha affermato il direttore esecutivo della Commissione, Joel Simon. La Commissione ha chiesto perché l'inchiesta è stata tenuta segreta da Putin (i nomi di molti degli arrestati non sono stati resi noti) e ha criticato il fatto che un procuratore, il cui lavoro sul caso era stato elogiato dalla famiglia della Politkovskaya, fosse stato rimosso dal suo incarico. Nella lettera si chiedeva, inoltre, come mai i funzionari russi avevano diffuso la teoria, secondo cui Anna Politkovskaya sarebbe stata assassinata da nemici stranieri con l’obiettivo di destabilizzare il Paese. Nel mese di agosto 2007 le autorità giudiziarie russe hanno arrestato 11 persone. Il procuratore generale Yuri Chaika sospettava che la Politkovskaya fosse stata uccisa da un gruppo del crimine organizzato, che comprendeva funzionari in servizio ed ex ufficiali di polizia. Ma la CPJ ha sostenuto che Chaika non ha rivelato i nomi dei sospetti, non ha spiegato il loro presunto ruolo nell’omicidio e non ha dato alcuna prova che confermi la tesi, secondo cui l’omicidio sarebbe stato architettato da nemici d'oltremare. I pubblici ministeri hanno dichiarato che l’assassinio della Politkovskaya è probabilmente legato ai suoi reportage. La giornalista era attivamente impegnata nel denunciare gli abusi da parte dei soldati federali in Cecenia e nelle vicine regioni della Russia. “Proseguire le indagini con successo dimostrerebbe l’impegno del governo ad invertire il primato d’impunità della Russia riguardo agli omicidi compiuti verso i giornalisti e a proteggere gli organi di stampa - è una promessa che Voi avete fatto durante l’annuale conferenza stampa tenutasi al Cremlino il primo febbraio 2007”, ha scritto Joel Simon a Putin.

Il 5/8/2009 si è riaperto il processo sul caso Politkovskaya. Tuttavia, “questo processo si è dimostrato una farsa”. Così si sono espressi i figli di Anna Politkovskaya, insieme con il loro avvocato Anna Stavitskaya, che hanno visto respinta da parte del tribunale di Mosca la loro richiesta di rinviare gli atti alla procura e di riaprire l’inchiesta, allo scopo di unificarla con quella sui mandanti e sull’esecutore materiale dell’assassinio. Tale decisione “dimostra una sola cosa, e cioè che lo Stato non desidera assolutamente far luce sul delitto”, hanno denunciato i figli della Politkovskaya in una lettera aperta pubblicata il 10 agosto sulla prima pagina della Novaya Gazeta, il giornale per il quale scriveva la madre. A questo punto, “noi non riteniamo più necessario partecipare a questo show”, hanno concluso i due giovani. Hanno, tuttavia, sottolineato di voler seguire attentamente le udienze del nuovo processo per “non consentire che la speranza di far luce sul delitto venga definitivamente sepolta”. Il nodo da sciogliere sta, in ogni caso, sostengono i familiari della Politkovskaya, non nei vari processi uno-bis ecc. il cui risultato può essere sempre lo stesso, quanto nel rivedere completamente l’indagine piena di lacune, depistaggi e fughe di notizie, che finora hanno portato alla sbarra solo pesci piccoli. La famiglia della Politkovskaya ha sostenuto la necessità di una nuova inchiesta, temendo che la ripetizione del processo non avrebbe portato a nulla di nuovo, poiché impediva d’individuare oltre all’esecutore materiale anche il mandante del delitto. Il 3 settembre un colpo di scena: l’Alta Corte russa ha deciso di rinviare alla procura gli atti del processo sulla morte della giornalista, accogliendo le richieste dei familiari della vittima. Ha, infatti, ritenuto fondate le ragioni addotte per unire il procedimento a carico dei quattro imputati con l’indagine nei confronti di Rustam Makhmudov, fratello degli altri due Makhmudov e presunto killer, finora latitante, di altre persone non ancora identificate. I giudici hanno sostenuto che esaminare il caso separatamente dall’altro avrebbe potuto compromettere l'imparzialità della sentenza.



(5 novembre 2009)

 

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