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Chi ha paura dell’Iran?

Chi ha paura dell’Iran?

Tabù - “Noi non siamo legislatori, ma storiografi dello spirito umano”. Fichte

Emanuela Irace Lunedi, 31/08/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2009

Ci vorrebbe la pazienza di un “Ingegner Fantasia” per metter mano a quel Pasticciaccio di Teheran. A tre mesi dalle elezioni di giugno la matassa iraniana resta imbrogliatissima. O per dirla con Gadda una “vera cagnara”. All’interno come all’esterno. Politica e religione. Sudditanza e resistenza. Conservatori e riformisti. Difficile venirne a capo senza entrare nel dogma dell’ideologia. Eppure se invece di proporre un etica, come scrive Lèvinas, tentassimo di cercarne il senso la lettura degli eventi cambierebbe. Ci vuole pazienza e coraggio per affrontare la complessità e uno sforzo di memoria per ricordare quanto volubili e arroganti siano stati i diktat verso dittatori trasformati da comodi alleati in pericolosi nemici da eliminare. L’Iran degli Ayatollah rappresenta una sfida per gli interessi petroliferi dell’Occidente ma è una pedina insopprimibile nell’equilibrio tra regioni del Medio Oriente. Trent’anni di resistenza e autonomia dalla Pax Americana possono combattersi anche attraverso il grimaldello dell’etica. Quella che utilizza la difesa dei diritti umani e dell’emancipazione femminile per controllare paesi che sfuggono alla dipendenza di un Occidente campione di democrazia. E’il cosiddetto Imperialismo Umanitario teorizzato da Jean Bricmont - allievo di Russell e Chomski - la nuova forma di colonialismo post-bipolare che trova resa e spazio in un’opinione pubblica addestrata a percepire il mondo come diviso tra buoni e cattivi. Una partita truccata. Con regole che cambiano a seconda dell’utilità di una geopolitica made in Washington con centralina a Tel Aviv. Nel silenzio di una Europa che non c’è, come ha dimostrato nella guerra di Gaza, ma che è riuscita ad essere presentissima a Teheran attraverso un’ informazione armata e tentacolare. La stessa che ha screditato dall’esterno la legge islamica. Si chiamano “Velayat-e-Faquih”, i principi fondativi della Repubblica nata nel 1979. Metterli in dubbio equivale a un attentato alla Costituzione. Su questi valori si è concentrata l’attenzione degli avversari del regime, e in piazza è scesa la cosiddetta “Società di Velluto”. Giovani scolarizzati. Donne e uomini della borghesia urbanizzata controllati dai riformisti che cercano ruolo e potere contro una economia di stato diretta alle zone più povere e arretrate del paese. Un progetto di destabilizzazione che ha usato le armi subdole dei simboli che colpiscono pancia e cuore, prima di pensiero e ragione. Lo strazio dell’omicidio di Neda ha annientato qualsiasi spirito critico e volontà di comprensione. Le botte sospendono il pensiero. Le immagini delle impiccagioni e dei cappi rappresentano l’aberrazione di ogni coscienza umana. Sono omicidi di stato al pari di quelli che avvengono nel resto del mondo. Democraticissimo, laico, occidentale.



(1 settembre 2009)

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