Parità/ Discriminazioni di genere - I dati delle ricerche svolte a livello provinciale sono stati raccolti, dalle Consigliere Regionali di parità dell’Emilia Romagna, in un progetto di larga fruizione
Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2005
Sono 361 i casi esaminati nell’anno 2004 (comprendenti anche le richieste di informazioni o consulenze di primo livello) e le Province che hanno segnalato un maggior numero di casi, risultano nell’ordine Forlì/Cesena, Bologna, Reggio Emilia e Modena.
Se si desidera comprendere però, il reale valore dei dati forniti dalle Province in merito ai casi di discriminazione, occorre necessariamente confrontarli con altri indicativi del contesto territoriale in cui le Consigliere operano.
Pertanto, si è ritenuto opportuno, al fine di consentire un’ulteriore riflessione, fare un raffronto tra il tasso di occupazione relativo all’anno 2003 (uomini e donne espresso in migliaia), il dato quantitativo relativo alle discriminazioni, e le dimissioni delle lavoratrici madri rilevate per provincia. Questi ultimi dati sono relativi alla rilevazione compiuta dalla Direzione Regionale del Lavoro relativa all’anno 2003. E’ infatti indubbio che le dimissioni della lavoratrice madre possano celare situazioni di discriminazioni, ad esempio le cosiddette dimissioni in bianco, ma anche la presenza di fattori complementari, che impediscono una possibilità di una scelta atta a conservare l’occupazione (ci riferiamo in questo caso alla difficoltà di conciliazione tra lavoro di cura e lavoro retribuito).
Entrando nel dettaglio, tra le tipologie di consulenze quella più rappresentata è la conciliazione, che racchiude in sé tutte le informazioni relative alla Legge 53/00, ed al part time. Risulta quindi evidente che la normativa citata, nonostante la sua importanza, risulti poco conosciuta dai lavoratori e dalle aziende.
Uno degli obiettivi primari è quello di creare una banca dati on line che sia fruibile in rete, per tutti coloro –addetti ai lavori e non- che sono interessati alla conoscenza delle varie tipologie di discriminazioni rilevate, consultabile anche attraverso il sito delle Consigliere Regionali.
L’intento del progetto è di colmare un gap di conoscenza di dati specifici sulle discriminazioni individuali e collettive subite, che debbono essere fonte privilegiata di studio, per l’attivazione di politiche di pari opportunità e di progetti di azioni positive mirate.
La ricerca consente inoltre di approfondire la variegata attività delle Consigliere che svolgono anche attività di informazione in materia di avviamento al lavoro, di trasmissione di conoscenze dei diritti delle donne unitamente ad un’attività di supporto psicologico.
Com’è noto la Legge 125/91 ed il D.Lgs 196/2000 attribuiscono alle Consigliere di Parità funzioni di promozione e controllo dell’attuazione dei principi di uguaglianza di opportunità e non discriminazione per uomini e donne nel lavoro e “la vigilanza sul rispetto del principio di non discriminazione fra uomini e donne nel lavoro pubblico e privato e la rilevazione di violazioni della normativa in materia di parità e pari opportunità”(art.1 D.Lgs n.196).
I dati quantitativi e qualitativi oggetto della ricerca, provengono da fonti certe e “dirette”, ovvero dai dati raccolti grazie alla collaborazione della rete regionale delle Consigliere Provinciali di parità e del loro staff al cui front-office può rivolgersi chiunque ritenga di avere subito discriminazione a vario titolo sui luoghi di lavoro.
Questi fattori ci obbligano ad una lettura di indicatori di elementi discriminatori in divenire per comprendere e regolare le diverse leve di intervento, sia nel campo del welfare che nel campo della promozione di azioni positive ad hoc.
Per raggiungere l’obiettivo si è utilizzato come strumento una griglia di raccolta dati, distribuita a tutte le Consigliere di parità della Regione Emilia Romagna.
La griglia, correlata da una legenda, è composta da 14 voci, atte a fornire tutte le informazioni necessarie ad un monitoraggio sia quantitativo che qualitativo delle discriminazioni denunciate.
Dal momento che molte discriminazioni sul lavoro nascono a causa di situazioni extralavorative, quali la necessità di impegnarsi nel cosiddetto lavoro di cura, si è ritenuto opportuno verificare anche l’eventuale maternità o paternità del denunciante, oltre all’età e al titolo di studio.
Le Consigliere Regionali auspicano che le Istituzioni possano contare sul loro lavoro, perché il tema delle discriminazioni deve essere tenuto in debita considerazione e nello specifico, è indispensabile instaurare collaborazioni efficaci.
Hanno riscontrato quanto sia importante l’integrazione con il territorio, infatti laddove le Consigliere hanno avuto la possibilità di insediarsi con tutti gli strumenti necessari, si sono avuti i risultati maggiori.
I dati raccolti relativi alle discriminazioni devono essere il punto di partenza per intraprendere azioni importanti finalizzate a ridurne il numero e quindi a migliorare la vita lavorativa degli utenti.
Lo scopo è di far conoscere alle lavoratrici e ai lavoratori l’esistenza del problema discriminazioni, con l’obiettivo di incentivarli a denunciarle e soprattutto a garantire loro gli strumenti per la difesa e la prevenzione.
I lavoratori che si sono rivolti alle Consigliere di Parità, sono per il 95% di sesso femminile. Quest’aspetto, che può essere letto alla luce di diverse considerazioni (es. mancanza della conoscenza del servizio, minor esigenze di tutela da parte degli uomini ecc.), può risultare più chiaro se accompagnato dall’analisi delle esigenze espresse dai lavoratori di sesso maschile.
I lavoratori di sesso maschile che si sono rivolti alle Consigliere, nel 42% hanno chiesto informazioni relative alla L. 53/00, mentre le altre richieste sono rivolte ad avere una tutela antidiscriminatoria, soprattutto per mobbing, ma anche per problematiche legate alla conciliazione.
Sono totalmente assenti, discriminazioni legate alla retribuzione, alla progressione di carriera, al licenziamento ed alle molestie sessuali.
Relativamente alla realtà economica nella quale vengono evidenziati comportamenti discriminatori, il 33% risulta provenire dal cosiddetto “pubblico impiego”. Questo dato può ispirare numerose riflessioni, partendo soprattutto dal presupposto che si è soliti ritenere il dipendente pubblico più tutelato rispetto quello privato.
Altro dato molto interessante riguarda la dimensione della realtà aziendale. La distinzione tra piccola e grande impresa è basata sul numero di addetti: fino a 49 si parla di piccola impresa, da 50 a 250 la si può definire media e, oltre 250 si ha a che fare con grandi realtà industriali. La definizione è stata stabilita, a livello comunitario, nella raccomandazione pubblicata sulla GUCE del 30/04/1996. Questa raccomandazione risulta successivamente recepita dal legislatore nazionale col decreto del Governo 18 settembre.
Il maggior numero di discriminazioni vengono denunciate in imprese di medie e grandi dimensioni. In queste realtà, in teoria, dovrebbero operare meccanismi di tutela interni, quali una considerevole attenzione dell’aspetto relativo alle cd “risorse umane”, con l’istituzione di uffici (personale, formazione ecc.) a ciò preposti, sia con la presenza in azienda del sindacato, tramite RSU e RLS.
Naturalmente attraverso la lettura dei risultati ottenuti da questa ricerca, sarà opportuno intervenire anche nei confronti delle imprese, affiancandole nell’ utilizzo degli strumenti legislativi disponibili.
Molto spesso la mancanza di conoscenza dei propri diritti e degli strumenti legislativi, porta a tacere delle situazioni assurde e quindi, attraverso la ricerca, associata ad altri strumenti di comunicazione, le Consigliere dell’Emilia-Romagna vogliono essere sempre di più un importante punto di riferimento per le lavoratrici e i lavoratori della loro Regione.
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