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Che succede, dico a noi in quanto donne?

Che succede, dico a noi in quanto donne?

(Dis)Obbedienti - Le regole non sono femminili e le donne al potere stanno dentro alle paratie. Da brave soldatine

Giancarla Codrignani Venerdi, 11/05/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2012

Mentre tutti i paesi sono dentro una situazione disastrata, il nostro "è" un disastro. Bisognerebbe parlarne, perché anche alle donne capita di seguire l'onda di chi condanna e non propone: purtroppo gli anni berlusconiani sono stati troppi e gli italiani, ancora sudditi più che cittadini, rischiano quello che caritatevolmente diciamo ancora populismo, ma è già fascismo.

Tuttavia, proprio perché potremmo tornare a far parte della cittadinanza neutra e a sentirci "come gli uomini", continuiamo il discorso sul mondo violento a partire dalla violenza che il mondo fa alle donne.

Anche questo 25 aprile "in quanto donne" avevamo bene o male celebrato la quota di resistenza che ci spetta. Si è continuato a dire che abbiamo "contribuito", alla lotta di liberazione, "fatta", evidentemente, solo dai maschi, che erano davvero partigiani e non semplici "staffette". Le nostre martiri hanno subito sevizie che comprendevano lo stupro e risultano essere state ben più numerose delle medaglie che dovrebbero avere ricevuto. Per fortuna a noi lo scarto non dà pensiero, perché crediamo che le medaglie non compensano nulla a nessuno.

Per il 1° maggio siamo state in piazza come lavoratrici. Non tutti i sindacati e non ovunque si è gridato che il reddito delle donne è tornato inesorabilmente ad essere il reddito della famiglia e la famiglia ad essere l'ammortizzatore sociale che, prevalentemente a carico delle donne, si accolla educazione, assistenza, faccende, servizi sempre più ridotti. Si è allargato il divario sociale e non solo nell'occupazione, ma soprattutto nella sottoccupazione e tra i lavoratori inattivi: le donne tornano a fare parte della discriminazione insieme con gli stranieri, i giovani, i non-autosufficienti, metà dei quali sono (lo diciamo da più di una vita....) donne. Faremo mica conto di niente?

"Se non ora quando", finalmente, con un appello forte ha fatto scattare sui quotidiani lo sdegno generale dopo una serie di uccisioni di donne già più grave di quella del 2011 (che registrò due donne uccise ogni tre giorni, senza contare quelle rimaste ignote). L'appello contro l'inquietante fenomeno dei maschi che ammazzano le donne che amano o con cui hanno una relazione a loro avviso "proprietaria" ha scosso anche il mondo del neutro, a partire da Saviano. Tutti hanno chiesto al governo una legge contro il femminicidio. Forse dovremmo avere il coraggio di una nostra proposta di iniziativa popolare, non perché sia realmente efficace questo tipo di manifestazione istituzionale, ma per mantenere accesa l'attenzione e organizzare raccolte da Merano a Trapani. Contiamo sul precedente del Parlamento argentino che il 20 marzo scorso ha approvato - senza voti contrari - una legge contro il femminicidio, il reato che - pensiamoci seriamente - insidia alla radice la pace sociale di tutti i paesi.

Imperversa anche una violenza fatta di parolacce, peggiori del Vaffa. Infatti Beppe Grillo nega la cittadinanza dei bimbi stranieri nati in Italia, chiede l'uscita dall'euro e preferisce la mafia ai partiti, tutte cose peggiori che dire "culo". Non basta. "Parolacce" specifiche vengono usate poco elegantemente contro di noi: era già successo a Torino, con notizie sui media di breve durata; è risuccesso a Firenze e la Camusso ha impegnato la sua solidarietà "ufficiale" perché solo Susanna poteva sostenere che si trattava di una vertenza sindacale seria. Il caso è stato che la Rinascente ha imposto alle commesse di portare un cartellino: "Averla è facile. Dimmi soltanto come". Che cosa mai vi viene in mente? ovviamente, dice la direzione, la "Rinascente-Card".... funzionale solo per i clienti maschi, "parolacce" per tutte noi.

I media intanto continuano ad invitare le ragazze a "fare i maschiacci", a competere (magari con metodi che sfruttano il corpo-merce) e perfino le femministe di rango hanno ricordato alle tapine che contro la violenza, di genere o no, va esercitata "la forza" . Non sappiamo che cosa dire neppure delle iniziative della Fondazione Iotti, che, dopo aver guidato l'8 marzo una delegazione di donne, italiane e straniere, a portare le mimose al Milite Ignoto (non avete capito male, proprio all'altare della Patria, al milite ignoto italiano, le nostre immigrate!), ha invitato ad assumere la responsabilità politica del nostro tempo portando ad esempio 5 donne 5: Camusso Marcegaglia e le tre ministre. Ragazze, sono assolutamente sicura che tutte e cinque vorrebbero anche loro fare la politica delle donne. Solo che conoscono troppo bene il mondo istituzionale, fisso nelle sue prerogative secolari di potere certo non femminile. Per ora, se non interveniamo dal basso ad aiutarci da sole, la politica non riesce a cambiare. Loro cinque non possono che stare dentro le paratie delle regole "normali", come le brave soldatine che sono. Sfido che non si fanno chiamare "segretaria" o "ministra"....

















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