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Che genere di politiche?

Che genere di politiche?

- Alcuni partiti hanno finalmente accolto le istanze che negli anni associazioni e tenaci movimenti di donne hanno ripetutamente portato all’attenzione della politica in tema di democrazia paritaria.

Bartolini Tiziana Domenica, 03/02/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2013

Alcuni partiti hanno finalmente accolto le istanze che negli anni associazioni e tenaci movimenti di donne hanno ripetutamente portato all’attenzione della politica in tema di democrazia paritaria. Era il 2006 quando sono state lanciate campagne nel segno del ‘50 e 50’, frutto del superamento delle ‘quote rosa’ sia come concetto sia come assai infelice definizione. L’esito dell’attuale tornata elettorale sarà molto importante sul piano politico generale per le indicazioni che gli elettori e le elettrici daranno al nuovo governo del Paese, così come il rinnovo delle assemblee elettive di regioni strategiche come il Lazio e la Lombardia indicheranno la possibilità di effettuare svolte significative o, viceversa, consentiranno il consolidamento di politiche nel segno della conservazione se non dell’involuzione. Soprattutto nel capo dei diritti e delle scelte politiche che riguardano le donne: la ferita della proposta di privatizzare i Consultori nel Lazio ancora brucia. Questo passaggio sarà contraddistinto anche da una maggiore presenza femminile, almeno per quanto riguarda il Parlamento ed in particolar modo lo schieramento del centrosinistra. Discorso a parte va fatto per le regioni e, successivamente per i comuni, dove il meccanismo delle preferenze mette in atto dinamiche diverse da quelle che nelle liste bloccate del ‘Porcellum’ permette di nominare a tavolino i/le parlamentari. Il PD e SEL con lo svolgimento delle primarie per la Camera e il Senato hanno aperto una sorta di competizione democratica, competizione che con la doppia preferenza ottenuta con il pressing delle donne ha consentito l’affermazione di molte candidature femminili. Aperta la strada a questa impostazione, nei ‘listini’ composti con nomine dirette è stato poi difficile per le dirigenze dei partiti non seguire analoga logica. Dunque potremo goderci il frutto di tante battaglie e stare tranquille sul fatto che un così alto numero di deputate e senatrici sarà di per sé garanzia di politiche attente al genere… Siamo sicure che questa incrementata presenza potrà farsi filtro nell’esame di leggi, decreti e atti di varia natura affinché siano letti e declinati con sguardo di donna… Sicure? Qualcosa ci dice che occorre essere prudenti perché non è detto che una maggiore forza numerica femminile garantisca sensibilità definibili femminili o femministe. Prima di tutto perché il movimento nel suo complesso non ha una linea strategica e condivisa su quali siano le priorità e quali le politiche ‘amiche delle donne’. Non ci sono posizioni univoche sul riassetto del welfare o dell’organizzazione dello Stato, per non parlare dell’economia o delle politiche del lavoro. Qual è per le donne la dose accettabile di ‘privato’ - ad esempio - nella sanità, se è possibile delinearne una? In secondo luogo c’è da rispondere ad una domanda, affatto banale: siamo sicure che le nuove (e spesso giovani) parlamentari abbiamo piena cognizione di quanto tempo e quanto lavoro abbia richiesto la conquista del (semplice?) principio della doppia preferenza? Quante di loro si sentono espressione di ‘lotte’ collettive e quante, invece, percepiscono quel seggio e quel ruolo di parlamentare unicamente come frutto delle loro abilità individuali e nel tessere relazioni nella logica delle cordate o delle correnti? Con tutta evidenza da tale consapevolezza dipenderà la differenza che un ‘numericamente robusto’ femminile saprà e potrà fare nel nuovo Parlamento. Siccome sappiamo bene che non bisogna dare per scontato nulla, sarà il caso che appena conclusa la campagna elettorale si avvii un confronto chiaro e aperto con le parlamentari perché il momento è delicato e il non detto rischia di vanificare tante aspettative. Non si chiedono ringraziamenti, ma ascolto e rispetto.



Tiziana Bartolini

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