Quando è una donna ad assumere un incarico – precedentemente e quasi sempre svolto da un uomo – è meglio dire ministro o ministra, architetto o architetta, assessore o assessora, dottore, dottoressa o dottora??
Venerdi, 09/09/2011 - Quando è una donna ad assumere un incarico – precedentemente e quasi sempre svolto da un uomo – è meglio dire ministro o ministra, architetto o architetta, assessore o assessora , dottore, dottoressa o dottora??
Siamo nel 2011 e nonostante le politiche delle Pari Opportunità in Italia siano attive da quasi trentanni, si continua a sottovalutare l’importanza del linguaggio corrente e di quello politico. Anzi si tende addiritura a considerarlo un aspetto secondario, non rilevante se non addirittura derisible.
Invece, la lingua non solo riflette la società che la parla, ma ne condiziona e ne limita il pensiero e lo sviluppo sociale e culturale perché essa non è soltanto uno strumento di comunicazione e di trasmissione di informazioni, ma è anche un riconoscimento dei sessi (visibilità) e un mezzo di percezione e di classificazione della realtà, nelle sue varie sfumature, che vanno marcate ed evidenziate.
Per esempio, in riferimento al sessismo ed agli ultimi eventi politici, guardiamo come titolano ancora oggi molti quotidiani o telegiornali una manifestazione, nella quale sono presenti sia le donne quanto gli uomini: “In piazza scendono 100.000 lavoratori e pensionati per protestare”. E’ tutto al maschile e le donne, pur presenti, non hanno sesso riconosciuto; e così, la percezione nella società è che si tende ad occultare la presenza femminile in tale evento, ignorando cmpletamente le conseguenze nella mente di chi scrive, di chi legge, di chi parla e di chi ascolta.
Addirittura quando si parla del settore tessile, dove è noto che le donne sono sempre state in grande maggioranza , ebbene, anche in quel caso si declina sempre al maschile: “I tessili sostengono ecc.ecc. …”. E lo stesso vale quando un uomo si trova in compagnia di parecchie donne: si usa obbligatoriamente il maschile per gli accordi dei participi passati e dei predicati, senza rispettare neanche il principio di maggioranza.
Ed ancora, proviamo a fare attenzione alle espressioni binarie. Siamo portanti a scrivere: fratelli e sorelle, uomini e donne, bambini e bambine, anziani e anziane, come a voler quasi sottolineare che anche quando la presenza femminile è visibile, le donne sono sempre in seconda linea.
Ma perché ancora troppe poche persone riflettono su questo argomento che ha ovviamente ripercussioni sulla nostra interpretazione del mondo e della società?
Evidentemente si tratta di un fenomeno circolare perché è anche vero che la prevalenza del maschile nei ruoli decisionali della società determina, allo stesso tempo, l’influenza del maschile nella lingua. Difatti, la lingua italiana, avendo regole grammaticali che consistono nell’uso del genere maschile con valore non marcato per entrambi i sessi , prevede una serie di tratti linguistici che rinforzano la predominanza del genere/sesso maschile sul femminile.
Diversamente, nella lingua inglese, essendo essa una lingua in cui il genere rimane solo all’interno del sistema dei pronomi personali e degli aggettivi possessivi e poi scompare ( gli articoli, gli aggettivi non implicano la concordanza), occorre che nell’ambito di un discorso venga necessariamente specificata l’identità sessuale. Invece in nella lingua italiana non è così e la concordanza in automatico del maschile che tutto comprende e annulla , continua a rafforzare gli stereotipi esistenti , se nonpmodifichiamo il nostro modo di parlare e di scrivere.
Ma affinchè ciò possa riflettersi sui processi mentali e nei comportamenti è necessario passare ad una fase attiva. Suggerisco, pertanto, di imitarmi nelle “provocazioni linguistiche” che amo utilizzare , ormai da tempo, sia quando scrivo che quando parlo.
Mi piace usare il maschile e il femminile ovunque, anche se ciò allunga le frasi ed i discorsi, ma lo faccio intenzionalmente per sususcitare una discussione, un rimprovero. E’ anche così che si può cambiare il modo di vedere e di pensare. Si chiama “l’influenza delle donne” !!!
Ma c’’è un’altra cosa che mi diverte fare ed è adottare il femminile in tutte le professioni, mestieri o cariche, rendendomi conto che, qualche volta, suscito ilarità e derisione per es. quando dico dottora, architetta, ministra ecc. Del resto o accettiamo il titolo maschile: sindaco, medico, architetto, giudice, assessore, ministro, oppure lo dobbiamo femminilizzare con la lettera terminale “a” o con il finale in “trice”o con il suffisso “essa” , benchè tale suffisso, oggi abbia acquisito connotazioni abbastanza dispregiative. Ma non importa, se non vogliamo usare il termine “presidentessa” almeno usiamo il pronome “la” e diciamo “la presidente” .
Comunque quello che è più grave, secondo me, è che il prestigio connesso al titolo al maschile, fa dimenticare che esiste un femminile grammaticalmente corretto e così si tende a rifiutare i termini avvocatessa, presidentessa, oppure dottora , avvocata. Fa eccezione, forse, il titolo di “segretaria” (di un partico o di un sindacato) e qualcuna tende a rifiutarlo – come Susanna Camusso, Emma Bonino - perché potrebbe richiamare ad una professione di scarso prestigio, vale a dire la segretaria , quale stereotipo del lavoro impiegatizio fmminile, poiichè è colei che svolge lavori in ufficio per conto di un uomo, di un capo.
Signore e signori, ragazze e ragazzi, colleghe e colleghi diciamo allora BASTA a taluni modi di dire e rivediamo il linguaggio anche nel lessico politico e sindacale.
Adottiamo un termine al posto di un altro e “smaschilizziamo” gli statuti e tanti documenti politici. Il termine “membro” per esempio possiamo sostituirlo con “componente” o “esponente”, la parola UOMO con persona, individuo o con essere, a seconda del caso. Ma anche il termine “militante” che evoca guerra, possiamo sostituirlo con “a t t i v i s t a “ che non sottintende violenza.
Per concludere, se taluni modi di dire possono distorcere la realtà sostituendosi alla complessità dei fenomeni, ebbene MODIFICHIAMO il nostro linguaggio, senza frenare alcuna immaginazione e creatività.
Non credete che anche questo possa contribuire al progresso sociale e culturale?
Torino 8 settembre 2011
Jolanda Bonino referente delle Pari Opportunità A.P.R.I. Associazione Pro Retinici e Ipovedenti
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