Sabato, 15/02/2014 - È confortante che la sentenza della Corte Europea, nata dalla tenacia di Alessandra Cusan e Luigi Fazzo poco disposti ad accontentarsi del “NO” pronunciato poco felicemente dalla Consulta, stia producendo delle prese di posizione sul tema.
Per carità, di cognome materno si parla anche a livello parlamentare da anni ma senza che neanche una volta si sia superata la soglia delle commissioni attinenti, per far giungere in discussione alle Camere un progetto.
In questo senso molto appropriata è apparsa l’iniziativa lanciata da Laura Cima di chiedere una calendarizzazione immediata affinché tutto non finisca ancora nel nulla, cui accenna anche la giornalista Laura Preite (link 1), in un suo breve articolo apparso in data odierna su La Stampa. Durante i suoi mandati parlamentari, Laura Cima aveva d'altronde proposto una legge, non dissimile da quella presentata alle Camere nella scorsa legislatura - il 20.03.2013 anche in questa - dall'on. Laura Garavini (link 2).
La storia delle proposte parlamentari però è ben lunga e inizia nell'ottobre del 1979 con l’on. Maria Magnani Noya, che recepiva orientamenti espliciti emersi con la Risoluzione n. 37 del 27.09.1978 del Consiglio d’Europa e già contenuti implicitamente nella CEDU, ratificata peraltro dall’Italia il 4 agosto 1955, come la recente sentenza della Corte Europea ci dimostra.
È molto lunga anche la storia delle sensibilizzazioni sul tema, che ha visto una prima causa civile contro lo Stato nel 1980 (link 3), articoli con altrui proposte di legge non parlamentari anche anteriori (giugno 1979) e successive perché ripetute nel tempo, nonché il fiorire di siti e blog dedicati al Cognome Materno, che hanno quotidianamente impegnato nella diffusione dell'idea donne e uomini, sia pure di orientamento differente.
Il Ddl di cui oggi si parla è solamente un aborto di pensiero, perché muove non da una riflessione autonoma sul diritto al cognome - a chi compete e quali altri diritti lede una sua attribuzione sessista - ma unicamente dalla necessità di TAMPONARE gli effetti della sentenza di Strasburgo, derivante non solo dal desiderio personale di Alessandra Cusan di poter dare il suo cognome ai suoi figli - desiderio sostenuto dal coniuge Luigi Fazzo - ma da una esigenza di carattere generale, da lei espressa con queste lucide parole: “I diritti non sono residuali rispetto ad altri temi su cui il Parlamento deve esprimersi”. I diritti e non gli accomodamenti frettolosi.
Il 4 Febbraio di quest'anno Laura Cima consegnava alla Presidente della Camera la sua Petizione per la messa all'ordine del giorno del tema. Nello stesso giorno (link 4) inviavo alla Camera e al Senato tre mie Petizioni con due diversi progetti di legge e una richiesta di emendamento (link 5) ad eventuali progetti legislativi che potessero incontrare il favore del Parlamento. L'emendamento riguardava soprattutto la proposta di Alessandra Mussolini (manchevole peraltro di sufficiente articolazione perché si possa definirla tale) e quella di Laura Garavini, attestata su una concezione puramente apparente di uguaglianza - quella cioè che continua a ignorare il diverso contributo alla messa al mondo del figlio, che vede impegnata con gravidanza e parto unicamente la madre - e su un'assenza di libertà del figlio maggiorenne relativa alla modifica del/dei suoi cognomi.
Le mie due petizioni con proposte di legge, invece, presentavano due diversi progetti: il primo per il solo doppio cognome (link 6) e il secondo per una scelta ragionata tra doppio cognome e cognome/i di un solo genitore, solo in caso di accordo raggiunto (link 7).
La mia preferenza personale è sempre stata per il solo doppio cognome, più rispettoso dell'identità biologica e culturale del figlio e in grado - diversamente da qualsiasi scelta - di garantirgli un collegamento con entrambi i genitori, sia nel permanere del nucleo familiare che lo ha generato sia nell'eventuale scissione di questo, che porta spesso a nuove filiazioni e a cognomi diversi tra i fratelli.
Non a caso, quindi, la prima petizione è stata aperta in data 8 Maggio 2013, benché inviata alle Camere - insieme all'altra del 13 gennaio di quest'anno e alla richiesta di emendamento - il 4 febbraio del 2014.
Alle Camere come richiesta di messa agli atti ufficiale, che sarà a breve visibile su quei siti, benché alle Camere e a vari parlamentari fosse stata inviata anche prima, come si vede dalla risposta della Segreteria di Laura Boldrini del 3 giugno 2013 che si riporta in un foto visibile altrove (link FOTO).
Ho ritenuto utile affiancarla alla premessa con cui è stata recentemente presentata alla Camera la proposta dell'on. Marisa Nicchi (link 8), che, pur con un'articolazione diversa in quanto incentrata solo sulla scelta, è L'UNICA fra quelle da me fin qui esaminate compiutamente che accoglie due principi fondamentali su cui ho basato entrambe le mie proposte: il principio della priorità del cognome femminile nel doppio cognome, per prossimità neonatale, e il principio della libertà di scelta del figlio, per cancellare con entrambe le soluzioni gli ultimi resti di una società patriarcale.
Il link relativo alla FOTO è anche quello di riferimento del pezzo:
Lascia un Commento