Giovedi, 27/10/2022 - Sono d’accordo con Conchita De Gregorio: è una grande debolezza dei maschi rifiutare l’apprezzamento dell’avversario. Giorgia Meloni ha aperto il suo governo con un intervento certamente superiore a quelli del Berlusconi 1 e 2 ; e anche Conte 1 e 2. E' stata brava. Poi io non condivido la sua cultura, da cui dipende il contenuto del discorso inaugurale. Ma sono obbligata a dimostrare in che cosa differisco e ad argomentare da vera “opposizione democratica" (ma il primitivismo maschile scalpita perché preferirebbee sbrigarla a botte).
In che cosa è stata brava? Cito frasi che potrei dire anch’io: “Sono pronta a fare quel che va fatto a costo di non essere compresa” e io obietto che non so che cosa vada fatto secondo lei; “Gli avversari hanno una grandissima utilità, perché ti attaccano e ti aiutano a mettere a fuoco i tuoi punti deboli”; poi lo spazio dedicato al tema “mafia” (inspiegabilmente assente dalla campagna elettorale a sinistra), con i nomi giusti in fila Borsellino, Falcone, Livatino, Chinnici, La Torre, Dalla Chiesa, Piersanti Mattarella, Emanuela Loi, Libero Grassi, don Puglisi; anche il “Piano Mattei per l’Africa” che può comprendere gli accordi con la Libia (che scadono ai primi di novembre e se non modificati restano per altri tre anni) contro l’immigrazione, ma che, se impegnano la cooperazione internazionale, stanno nei disegni europei di Ursula von der Leyen.
Poi c’è la retorica mediatica della citazione di Steve Jobbs “Siate affamati, siate folli” a cui aggiunge “siate liberi perché nel libero abita la grandezza dell’essere umano” e nessuno l’ha interrotta per ricordare che cos’era la libertà per Mussolini. Oppure – è la prima volta che cito positivamente Conte – l’assenza della parola “pace” che sarebbe quasi obbligatoria anche se solo per convenienza.
Però - a parte l’indubbia (dopo un secolo) scarsa simpatia per il fascismo e i totalitarismi, resta la doppiezza: l’’Italia che esce dal Risorgimento e non dalla Resistenza, il presidenzialismo che valorizza per la presidenza della Repubblica, il voto popolare degli italiani, che sono quelli che votano Berlusconi, Beppe Grillo e voterebbero anche la padrona del “mulino bianco”.
A parte lo spreco della “vergogna” per le malefatte di regime, c’è il cambiamento di denominazione dei ministeri, tutti da criticare, a partire dal “merito” legato a un’istruzione che non è più “pubblica”, oltre a essere non egualitaria.
Per noi cittadini restano – soprattutto – i vuoti: non basta dire quali sono i problemi reali, occorre dire come ci si propone di risolverli Le bollette: che cosa propone, in concreto? Quali intese si propone di attuare? Quali proposte per la riforma dei Trattati europei? I migranti sfruttati in agricoltura: e gli altri? e l’alleato Salvini o il ministro Piantedosi? Ottimo ridimensionare il reddito di cittadinanza, ma come? Annuncia le difficoltà della crisi prossima ma non serve dire che si vuole il cuneo fiscale o che la lotta all’evasione inizia dai ”grandi evasori”, perché il criterio è uno e comprende anche le misure di controllo diversificate: anche l’uso del bancomat, mentre a lei piace il contante. Poi non basta dire che “più le imprese assumono, meno pagano di tasse”, se poi non si aiutano le imprese a non licenziare quando arriva la stretta. Non ha messo in campo un ministero per l’innovazione tecnologica (anche usando il Pnrr) che provveda alla rete unica e alla digitalizzazione dell’amministrazione pubblica.
Gli interventi delle opposizioni non sono stati un gran che: se per caso sono state prese in contropiede, auguri. Non ce la caviamo con nobili attestati di antifascismo o battute di schermo che chiedono se sarà proprio lei a scrivere l’agenda Draghi o la “noia” provata da Carlo Calenda.
C’è chi critica che – elencando il nome di donne politiche illustri (cosa che approvo senza farne un attestato di femminismo perché Giorgia è una donna a cui piace il complimento (?) “brava come un uomo” perché è vero: il suo modello è unico) – abbia detto che non c’è differenza tra “il” e “la”, altrimenti si dovrebbe dire la capatrena. Qualche fine dicitore ha corretto: semmai “capatreno”, senza pensare che poteva essere un grado maggiore di ironia. Solo che morfologia vuole che si dica il capotreno o la capotreno a secondo che guidi il treno un uomo o una donna. Si dovrebbe giustamente “pensare” che l’importante è guidare bene, ma non è irrilevante che si rispettino le regole del linguaggio, che rappresenta al vivo la società.
La sostanza è altra: i cittadini hanno conoscenze limitate anche se ampiamente scolarizzati: dire “28 ottobre, marcia su Roma, avvento del fascismo” significa “causa della seconda guerra mondiale". La sinistra di allora capì poco e si ridusse a “credere, obbedire, combattere” che ancora restano nel retroterra di coscienza di chi ama l’Europa delle patrie del generale De Gaulle. Ma la sinistra che allora preferì affondare il riformismo dei socialisti ben piazzati in Parlamento dalle elezioni, lasciarono un’eredità finita negli anni di piombo.
La sinistra non ha mai rinnegato la violenza “rivoluzionaria” che, finché si vive in democrazia, è la negazione del futuro.
Dopo un secolo constateremo se il 28 ottobre si vedranno i soliti saluti romani con qualche camicia nera che sembreranno cose strane, un po’ ridicole e i “camerati” faranno le loro bicchierate in osteria dopo aver giocato a bocce con amici “comunisti”. Bisogna essere rigorosi sui principi e informati sui fatti che via via si producono, ma il fascismo di Meloni non fa paura.
Ovvero: non fa paura se gli italiani che meno di cinque anni fa le davano il 4,35 % dei voti e oggi le hanno consegnato il 26 % sono gli antichi qualunquisti che, pronti a farsi sedurre in assenza di guida - compito dei partiti, nel nostro caso della sinistra (quale?) - non sono diventati tutti fascisti.
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