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Che ‘teste’, ragazze!

Che ‘teste’, ragazze!

- Con l’augurio di recuperare come alternativa all'Agenda Monti - che trascura la ricerca e la scuola - la vita della mente. E con l’auspicio del Nobel per Fabiola Giannotti

Giancarla Codrignani Domenica, 10/02/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2013

A dicembre giornali e riviste pubblicano ogni anno eventi e persone che abbiano fatto notizia nei passati dodici mesi. Donne poche, spesso vittime, come Malala Yousaftzai, nessuna per meriti politici. Questa volta è stata segnalata una che stacca tutte, Fabiola Giannotti, la "signora del bosone di Higgs". Si tratta di un atto riparatorio della stampa italiana che l'aveva sottovalutata al tempo della scoperta, quando fu fotografata tra le braccia di Higgs come una brava scolara o una segretaria e non la realizzatrice della ricerca. Adesso che ‘Time’ l'ha segnalata come quinto personaggio dell'anno, ci si rende conto che sarà suo il prossimo Nobel della fisica.

Non è la prima volta che ci sottovalutano: "deve" restare nella memoria di tutte che, se quattro sono stati gli scienziati che hanno meritato il Nobel due volte, una dei quattro è stata Maria Sklodowska. Tutti la conoscono - succedeva fino alla seconda guerra mondiale - con il nome del marito: Madame Curie, descritta dai giornali del tempo come moglie e madre esemplare "oltre che come scienziata". Anche Pierre era un fisico e i due ebbero la fortuna di privilegiare la ricerca continuando ad amarsi senza rivalità e arrivarono insieme al Nobel nel 1903. Tuttavia fu lei la scopritrice della radioattività e di un nuovo elemento che chiamò "polonio" in ricordo della patria d'origine; infatti il secondo Nobel le verrà assegnato quando Pierre è già morto da cinque anni, nel 1911. E le arrivò in mezzo a uno di quegli scandali che condannano solo le donne e non pochi accademici francesi cercarono di fare pressioni sull'Accademia di Stoccolma per una revoca.

La vedova irreprensibile, dopo quattro anni di lutto, aveva osato due cose: avere per amante un altro fisico, sposato ad una donna gelosa che lo fece pedinare e informò i giornali; e porre la propria candidatura all'Accademia delle Scienze di Parigi, il cui laboratorio dirigeva, dove teneva lezione, in cui scriveva i saggi per i quali le accademie russa, americana, polacca l'avevano già associata. Gli ambienti conservatori e clericali si ritrovavano nel pregiudizio espresso da "L'intransigente": le poltrone della scienza vanno riservate agli uomini, altrimenti "il rivolo diventerà torrente e porterà via anche gli argini".

Le si era addirittura chiesto di ritirare la domanda e, al suo rifiuto, la maggioranza aveva votato contro l'ammissione della donna. Intanto l'Accademia svedese si era orientata per l'attribuzione a Maria del secondo Nobel: la stampa non trovò di meglio che dare spazio alla vita privata della scienziata con interviste alla moglie tradita, illazioni sulla presunta fuga degli amanti, pubblicazioni di lettere private, minacce pubbliche a Maria e alle figlie, perfino interventi parlamentari per chiedere l'espulsione della straniera e manifestazioni sia di femministe che di donne pronte ad accusare la straniera ladra di mariti. I pregiudizi francesi mandarono in tilt gli svedesi e qualcuno della Reale Accademia le chiese di rinunciare: Maria rispose che sarebbe andata di persona a ritirare il premio già comunicato e sarà per lei un faticoso, ma grande successo.

La Polonia dell'epoca non consentiva alle donne l'accesso all'università. Maria aveva la tenacia di chi sa di volere e affrontò dure esperienze negli anni difficili, quelli delle borse di studio e delle lezioni private, ma anche del freddo e della fame. Se è vero che la sete di conoscenza non conosce limiti neppure di genere e tutti meritano il successo professionale, Maria non visse per la gioia della ricerca e delle scoperte e ne pagò il prezzo con le conseguenze delle radiazioni che furono causa della morte precoce. Viene in mente per contrasto Rita Levi Montalcini, che è invece vissuta a lungo e che godeva degli onori come di un gioco: quello che le premeva era la scienza e studiò fino all'ultimo giorno: diceva che "il corpo può fare quello che vuole: lei era la mente".

Mi sembra bello per tutte inaugurare l'anno difficile e recuperare come alternativa all'Agenda Monti - che trascura la ricerca e la scuola - la vita della mente, per noi tutte e come auspicio per Fabiola.



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