Primarie nell’Unione - A ottobre le Primarie, ma le donne stanno a guardare
Bartolini Tiziana Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2005
Negli States è una competizione per la corsa alla Casa Bianca tra esponenti dello stesso partito dei quali sono valutati carisma e capacità. In Italia, dove ‘dovrà’ vincere Prodi, è nei fatti una anomala battaglia tra leader per conquistare maggiore visibilità. Quella delle primarie nell’Unione, iniziativa partita con l’obiettivo di sollecitare la partecipazione ampia di cittadini e militanti alla campagna elettorale in vista delle elezioni politiche del 2006, col passar dei mesi si è modificata divenendo un appuntamento del tutto singolare. Non si capisce bene il senso della consultazione convocata il 16 ottobre per esprimere la preferenza del candidato premier non in considerazione di programmi, di ‘stili’ della politica oppure su proposte concrete. Abbiamo capito che lo sforzo organizzativo (ed economico) servirà a far pesare le percentuali al famoso ‘tavolo della trattativa’ dell’Unione. L’investitura avverrà quindi soprattutto sulla base delle indicazioni dei partiti e il risultato dipenderà dalla forza organizzativa che questi riusciranno ad esprimere. Allora i numeri sono numeri e di sorprese non ce ne dovrebbero essere con Ds e Margherita al fianco di Prodi. Ridotte a questo, difficile pensare che le primarie rappresentino una novità della pratica politica in italiana. Certo, molto dipenderà da come i militanti (perché di semplici cittadini arsi dalla voglia di partecipare spontaneamente non se ne scorgono molti all’orizzonte) sapranno affrontare questo appuntamento, riuscendo a conferire significato politico-programmatico a quella che appare più come una vera e propria campagna elettorale, ma stranamente combattuta all’interno di un solo schieramento politico. Così tra post it e polemiche sulla moralità, barche a vela, tir e messaggi criptati dei comunicati stampa, si è trovato il modo di immiserire un appuntamento probabilmente decisivo per la storia di questo Paese: le elezioni politiche che l’Unione dovrebbe vincere per porre fine al berlusconismo. Occorrerebbe, invece, che nei mesi che precedono quella data cruciale il dibattito politico trovasse via via punte sempre più alte di confronto (e magari anche si scontro) sulla base di elaborazioni e proposte. Per quanto ci riguarda rileviamo che tra le varie carenze, brillano i riferimenti alle politiche di genere e più in generale ben poco interesse è mostrato per i problemi che coinvolgono più immediatamente la qualità della vita delle donne. Domandiamoci allora perché tra le ormai numerose candidature alle primarie che spuntano, anche di uomini poco noti e certamente non esperti di questioni di Stato, non ce n’è neppure una femminile. Timidezza, senso della misura, paura? Se così fosse, considerando quello che si sta muovendo, sarebbe ingiusto. Donne all’altezza ce ne sarebbero, e non poche. Allora, donne, chiediamoci perché e riflettiamo - ma ad alta voce - sulla china che ha preso la politica e la società italiana e se necessario prendendoci le responsabilità che inevitabilmente abbiamo anche noi. Certamente non sarà risolutivo, ma forse utile sì e Noidonne ha sollecitato alcune donne a rispondere a queste domande:
- Le sembra che i vari candidati manifestino sufficiente attenzione per i problemi che investono più direttamente le donne ?
- Alla redazione della Carta dei valori dell'Unione, premessa del futuro programma di governo, hanno partecipato solo quattro donne sugli oltre quaranta rappresentanti dei partiti intervenuti. Come valuta questo fatto?
- Senza dubbio il numero delle presenze femminili in Parlamento deve aumentare. Con quale metodo, secondo lei, le donne possono raggiungere questo obiettivo ?
La carrellata di opinioni offre uno spaccato del sentire femminile che, speriamo, i candidati sentano il dovere di prendere in seria considerazione.
Silvia Costa (Margherita), Assessora alla Scuola, Diritto allo Studio e Formazione Professionale della Regione Lazio.
“I candidati non si sono molto espressi sui programmi. La candidatura di Prodi, cui molte donne hanno lavorato, è quella centrale e per quanto mi riguarda non doveva aprire una competizione, che è abbastanza fasulla. Ora il rischio è che le primarie si trasformino in una competizione sulle persone. Certo avrei amato vedere più donne all’elaborazione della Carta, anche perché possono dare un notevole contributo anche grazie alle forti esperienze negli Enti Locali. Comunque sappiamo che ormai nessun uomo può pensare di escludere alcuni temi: ad esempio non ci può essere una migliore e maggiore occupazione se non c’è un migliore e più diffuso welfare. Questo è un dato acquisito anche tra gli economisti e su questo le donne e i giovani devono dare una maggiore spinta affinché l’elaborazione delle politiche finanziarie, del lavoro e dello stato sociale siano attente sia alle generazioni che al genere. L’obiettivo di creare un’occupazione che sia anche buona occupazione deve essere centrale nella nostra proposta insieme alla istituzione di nuove forme di tutela come il reddito di cittadinanza. Ma sono sicura che se non parlano i protagonisti, cioè i giovani e le donne, questo tema gestito in modo neutro non può sfondare. Per le candidature delle donne e per aumentare le presenze femminili in Parlamento dobbiamo cominciare a lavorare da subito. Alcune regole ci sono, penso all’art 51 e alle modalità con cui si fanno le liste, ma credo ci siano due necessità: regole chiare all’accesso al sostegno finanziario per le candidature femminili. La legge esiste e le donne devono chiedere quei fondi, superando le timidezze. Seconda questione: decidere presto quali sono i collegi. Per noi donne è importante lavorare sui tempi lunghi, perché nel breve periodo vince chi ha più soldi. Dico, scherzando, che dovremmo fare non le primarie, ma ‘le secondarie di collegio’ per definire una quota delle candidature, accanto a questo dovremmo poi creare delle reti di sostegno dagli enti locali alle parlamentare, fare delle strategie. Dovremmo puntare nei vari collegi a delle candidature e cominciare ad imporle tra noi, partire dal basso, senza aspettare di essere cooptate”.
Gloria Malaspina (Comunisti Italiani), Assessora alle Politiche del lavoro e della qualità della vita alla Provincia di Roma
“L’attenzione che si dimostra alle donne, anche nel programma in costruzione dell’Ulivo, è scarsissima. Purtroppo dobbiamo osservare che non siamo in una dimensione in cui la questione delle donne è trasversale, non è una politica che permea l’agire complessivo. Casomai c’è il ‘problema donne’, che è molto diverso da un’impostazione della politica di genere, non è il mainstreaming. Non è quel percorso che dalle questioni ambientali, della salute, del lavoro dell’economia tratta il tema di genere come un punto di vista e quindi come un’opzione possibile all’interno delle politiche. Forse ‘un capitolo’ è ancora in una logica asfittica, si riduce ad un avere ‘più attenzione’. Dopo tanti anni e tante elaborazioni della politica di genere non solo meriterebbe più attenzione, ma il fatto di non averla praticata potrebbe paradossalmente essere una delle ragioni per cui tante cose non vanno bene. Certo cambiare in modo profondo è difficile e faticoso, perché implica una grande partecipazione e una soggettività, sia sul terreno della democrazia che degli indirizzi più generali dell’economia e del welfare, ma il valore aggiunto sarebbe notevole. La Carta dei valori elaborata con sole quattro donne è veramente una cosa misera e un demerito, anche perché le donne sono state molto presenti nelle dinamiche della politica del centrosinistra, sia come presenza che come contributo di pensiero. Hanno mancato i partiti e anche le donne dei partiti. Non si capisce se c’è un adeguamento delle donne o se esse sono fagocitate nelle modalità della politica, senza riuscire a metterci il loro valore aggiunto. Siamo tornate indietro e dobbiamo affidarci alle quote, ma se poi le donne non sono aiutate a partecipare alla politica e le modalità rimangono quelle tradizionali (penso ai tempi ma anche al linguaggio) le donne non ce la fanno. In questa situazione riescono ad andare avanti solo quelle che comunque hanno una struttura psicologica, di esperienza e relazioni più solida. Insomma la promozione delle donne deve passare anche nella politica attraverso una promozione delle pari opportunità, nel senso della praticabilità della politica. L’unica forza delle donne sta nelle donne e forse nell’idea di ricostruire un movimento”.
Grazia Francescato (Portavoce dei Verdi Europei)
“No, non va bene assolutamente. Ci sono colpe degli uomini ma anche grandi responsabilità delle donne. E’ vero che gli uomini nel centrosinistra sono ‘politically correct’ e in ogni occasione sostengono essere importante la presenza delle donne e il loro protagonismo e continuamente confermano l’impegno in questa direzione. Ma è teoria e nella pratica si dimenticano delle donne. L’episodio di San Martino è significativo, anche se non ha colpa Prodi, che invitò i partiti che poi hanno deciso chi mandare. La delegazione dei verdi è sempre al cinquanta per cento perché noi l’abbiamo nello Statuto, anche dei verdi europei, così la presenza uomo/donna è assicurata. Quello che si riscontra di solito nei partiti è una discrepanza tra quello che predicano e quello che fanno, però purtroppo c’è anche una forte responsabilità delle donne, e delle donne in politica, che negli ultimi anni si sono omologate e hanno smesso di lavorare insieme. Si è perso il senso del lavorare insieme, dell’impegno collettivo che è stato importante nei primi decenni del femminismo e che ci ha portato i risultati che conosciamo. Non mi stupisce che si sia perso questo senso di solidarietà, perché le donne si sono omologate all’imperativo categorico che vige nella nostra società, quello dell’individualismo rampante presente anche nelle nuove generazioni.
E’ spiacevole dirlo, ma le donne sono passate dalle pari opportunità al pari opportunismo nel senso che ognuna cerca di fare carriera, magari anche a scapito delle altre e cerca di guadagnare posizioni al sole, seguendo il leader o usando anche vecchi metodi femminili, tornati molto in auge. C’è una grande regressione e allora o le donne si danno una mossa e tornano a tessere la rete dei rapporti di relazioni su atti comuni o svolte non ce ne saranno. D’altra parte occorre essere realiste e non basta un atto di pura volontà o fare convegni per far partire una nuova ondata di femminismo perché questo è un periodo storico diverso dai precedenti, ma uno sforzo si può fare per cercare di uscire da questo buco nero in cui ci siamo ficcate. Anche perché, per la conoscenza che ho di altre situazioni, vedo che negli altri paesi europei non è così. In Italia questa regressione delle donne e in politica è particolarmente accentuata. Dobbiamo cercare un rapporto con le nuove generazioni sollecitando in loro la consapevolezza che occorre mantenere le conquiste raggiunte. Dobbiamo ricominciare a lottare e per la mia generazione è molto faticoso dover ricominciare daccapo e la preoccupazione è il silenzio delle nostre figlie e nipoti. Le poche donne in Parlamento sono un riflesso della condizione della società nel suo insieme. Certo le quote vanno bene, ma non bastano, occorre battere il modello culturale che impone di dominare sugli altri e non di vivere con gli altri. Anche le donne sono vittime di questo modello. Poi va detto che la politica italiana è troppo estenuante per le donne, tutta basata sulla tattica. Non c’è visione del mondo, c’è poca strategia e inevitabilmente le donne si chiedono se vale la pena passare il tempo a discutere sulle candidature a sugli schieramenti e non sul progetto di società che vuoi portare avanti. Agli uomini piace la politica perché è un campo in cui l’identità maschile, che si definisce nel conflitto, nella conquista e mantenimento del potere, si trova a proprio agio. Le donne entrano in politica quasi sempre con spirito di sevizio, con l’obiettivo di migliorare il mondo, ma quando capiscono che il tempo è prevalentemente impiegato nel tentativo di conquistare il potere. Gli obiettivi e le premesse sono antitetiche e per questo le donne si stufano”.
Cristina Papa (Antropologa), Direttrice del Dipartimento Uomo e Territorio dell’Università di Perugia Docente di Parentele e Genere
“Vi è una notevole disattenzione sociale in generale sulle questioni che riguardano più direttamente le donne e non c’è neppure una sufficiente mobilitazione delle stesse donne, almeno non come c’è stata in anni precedenti e questo influisce sulla politica, che è da un lato il detonatore di quello che fermenta nella società e dall’altro una punta avanzata che dovrebbe muovere il sociale. Ma negli anni più recenti mi pare che la politica non abbia un effetto propulsivo e quindi la scarsa presenza di un movimento delle donne e di prese di posizione delle donne, la insufficienza di riflessioni di tipo teorico sulle tematiche incentrate sul genere si riflette della politica e i programmi rimangono al di sotto delle aspettative di molte di noi. Va anche detto che oggi la politica non è il luogo più avanzato di progettazione delle società e quindi questo è l’esito scontato. E’ significativo che alcuni partiti non si sentano impegnati ad essere rappresentati nel momento in cui si lavora su un testo che prevede organicamente delle attività e delle iniziative che potrebbero cambiare la vita delle donne, del resto non bastano solo dei capitoletti che ridurrebbero le proposte a singoli punti slegati dal quadro più generale. Per aumentare la presenza in Parlamento le donne dovrebbero acquisire un nuovo livello di consapevolezza ed è ovvio che questo non può avvenire nello spazio di qualche mese, ma dentro una rinnovata ripresa di più lungo portata. Nell’immediato si potrebbe immaginare di fare qualcosa di più trasversale, trovare delle linee di iniziativa comune da trasferire nei singoli luoghi di decisioni, le donne dovrebbero trovare almeno delle forme di coordinamento su delle proposte e solo le quote nelle candidature rischiano di essere specchietti per le allodole perché le elette non sono mai in proporzione alle candidate. Se si riuscisse a creare una rete e a fare un sistema di lobby che attraversi i partiti, se si facesse un’operazione dall’interno ma non affidandosi alle elette, forse dei risultati si otterrebbero. Quello che adesso mancano sono le reti di connessione tra le donne e c’è la necessità di costituire un referente che parli con la politica ma che non sia necessariamente dentro gli ingranaggi della politica”.
Grazia Scuccimarra (Attrice)
“No i candidati premier non sono attenti per niente alle donne e queste primarie mi sembrano l’ennesimo scimmiottamento, sbagliato, dell’America. Io ribadisco il mio disagio: quando si richiede attenzione ai problemi delle donne, nel momento in cui siamo costrette a chiedere attenzione vuol dire che siamo molto lontani dalla soluzione. Abbiamo fatto i famosi passi avanti. Tre. Ma poi ne abbiamo fatti due indietro. La presenza femminile è un problema grosso, ma per l’80% dipende dalle donne, che volontariamente stanno abbandonando la politica e tornando al privato, lo si vede soprattutto tra le giovani. Lo dico come insegnate, che ha conosciuto le giovani di ieri e quelli di oggi. Che fare? Bisogna sensibilizzare le donne, tutto dipende da loro, perché gli uomini sono sensibili come prima. Siamo in una fase di ripiegamento, di rivalutazione di falsi vecchi valori”.
Laura Balbo (Docente di sociologia ed ex Ministra alle Pari Opportunità)
“Certamente no. Mi rendo conto che in un'agenda politica dominata da temi come la guerra, il terrorismo e la crisi economica altre questioni rimangono ai margini. Proprio per questo sarebbe significativo se nella sinistra si prendesse posizione sulle discriminazioni e i meccanismi delle disuguaglianze (in generale e nei confronti delle donne: con consapevolezza delle differenze generazionali, per fasce di età, tra noi e le immigrate nelle loro diverse situazioni lavorative, per settori occupazionali, nei diversi contesti ecc;). Si tratta evidentemente di un complesso di meccanismi che è fondamentale mettere in luce per ragionare sui prossimi anni e sui futuro della società italiana/ europea. Le conoscenze ci sono, progetti e ricerche dell'Unione Europea abbondano. Appunto, si tratta di mostrarsi articolati e di saper essere innovativi nel definire l'agenda e il programma. Chissà se ci si può sperare?
In tutte le occasioni che corrispondono a prese di decisioni politiche o anche all'espressione di opinioni e pareri sono pochissime (o nessuna) le donne coinvolte: assoluta invisibilità rispetto a questioni cruciali (un esempio recente e molto rivelatore: nel dibattito intorno al referendum e sui temi della laicità, praticamente solo uomini, convinti di capire tutto e di avere da dire la loro). Da questo punto di vista la situazione in Italia è pateticamente arretrata, non solo per la posizione riservata alle donne (le quali evidentemente non pensano, non studiano, non hanno idee da esprimere) ma per l'arroganza e spesso la banalità del dibattito (tutto maschile, appunto).
Da sempre sono stata convinta, sulla base di esperienze in tutte le altre situazioni, che senza meccanismi di tipo quote la situazione non cambierà. Sono ovviamente consapevole delle difficoltà che comporta questa ipotesi, da sempre combattuta in Italia. Oggi va ridefinita tenendo conto della pressione che non potrà che essere sempre più forte nei prossimi anni e certamente nelle prossime elezioni, per " difendere i confini" del "campo della politica" (sono sociologa, tutto questo ce lo ha spiegato anni fa uno studioso acuto come Pierre Bourdieu e si tratta di meccanismi di potere appunto comprensibili per un sociologo, e difficili da abbattere). Da parte delle donne e del dibattito su questa questione c'é bisogno di una più sottile comprensione dei pesanti meccanismi di esclusione in tutte le istituzioni del potere, di strategie adeguate (non basta lamentarsi, non basta chiedere) e di colpi di fortuna alla Zapatero. E voglio ricordare, nel quadro internazionale, che nelle prossime elezioni in Cile a novembre, la candidata alla presidenza con forti probabilità di vincere è una donna: nelle primarie del centro sinistra si sono contro.
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