Martedi, 24/09/2019 - C'era una Volta... a Hollywood
di Adriana Moltedo esperta di Comunicazione e Media
Once Upon a Time in Hollywood è una favola, stile quelle narrate da Hans Christian Andersen, dai fratelli Jacob e Wilhelm Grimm, narrate con maestria sul grande schermo, in disegni animati, da Walt Disney.
Questa di Tarantino è una favola tipo quelle che raccontava Alfred Hitchicock.
Alfred visse un episodio traumatico nell'infanzia che raccontò a François Truffaut: "Avevo forse quattro o cinque anni ... Mio padre, molto severo, mi mandò al commissariato di polizia con una lettera. Il commissario la lesse e mi rinchiuse in una cella per cinque o dieci minuti dicendomi: "Ecco che cosa si fa ai bambini cattivi!". - E lei che cosa aveva fatto per meritare questa punizione? - Non ne ho la minima idea. Mio padre mi chiamava agnellino senza macchia. Veramente non riesco a immaginarmi che cosa abbia potuto fare."
Da questo episodio però, secondo Alfred, nacque la sua narrazione.
Quentin non ha mai conosciuto suo padre, dato che lasciò la madre sedicenne incinta prima che lui nascesse. Connie sua madre, dopo due anni, conobbe e sposò il musicista Curt Zastoupil, con cui il piccolo Quentin, instaurò un forte legame.
Fu proprio con il padre adottivo che Tarantino andò a vedere al cinema Bambi, l'unico film che lo fece spaventare in vita sua. Infatti il regista ha affermato di aver pianto per ore e ore dopo avere visto questo cartone animato all'età di sei anni.
La paura, l’ansia, come la raccontano questi narratori geniali, è liberata dal lieto fine.
In tutto questo molto influisce l’ironia.
Mentre sei sulla poltrona di fronte allo schermo, hai terrore e paradossalmente ridi, piangi vuoi qualcuno a cui dare la mano, chiudi gli occhi lasciando uno spiraglio per continuare a guardare l’inguardabile.
Torni bambina/o.
In tarantino emerge la vendetta, sempre.
Sempre più catartica, sempre più selvaggia, sempre più appassionante e sadica sul piano della rappresentazione.
Le favole bisogna saperle raccontare. Lui sa come.
In questo suo nono film, Quentin Tarantino ci racconta uno dei casi criminali più celebri di fine anni Sessanta. Ma credendo lui nel potere del cinema reinventa la storia.
Non a caso Tarantino è stato definito un «regista DJ» per la sua capacità di riuscire a combinare stili diversi fondendoli insieme in una nuova opera. Un cut-up che solo chi ha visto tanti film come lui , riesce a fare.
Ancora ragazzo, Quentin lavorava ai Video Archives del suo paese, lui stesso ha dichiarato: «Non sono diventato un cinefilo perché lavoravo lì, è il contrario, mi hanno preso a lavorare in quel posto perché ero molto appassionato di cinema e sapevo tutto sull'argomento».
Tale la sua passione per il cinema che a 14 anni andò a lavorare come maschera al Pussycat, un cinema porno di Torrance.
Così, C'era una Volta... a Hollywood, ci racconta tutto quello che avremmo voluto sapere sul cinema della fine degli anni ‘60.
I film di Tarantino sono rinomati per i dialoghi, fiumi rossi di sangue, i salti temporali nella narrazione e le ossessioni della cultura pop, tutti elementi che sono ricorrenti in tutte le sue opere.
In C'era una Volta... a Hollywood, Rick Dalton, star di un'ormai conclusa serie western televisiva, è totalmente in declino, ridotto a ruoli occasionali e non è ancora riuscito a sfondare nel cinema, tanto che pensa di partire per l'Italia dove il western sta vivendo una nuova età dell'oro.
Insieme al suo migliore amico e sua controfigura, Cliff Booth che si è fatto e rotto le ossa nei western girati a Spahn Ranch.
Controfigura e chauffeur di Dalton, Cliff vive in una roulotte con una cane disciplinato e fedele proprio come lui che da anni ammortizza le cadute e i rovesci dell'amico.
Sei mesi e una moglie italiana dopo, Rick e Cliff tornano a Los Angeles dove li attende la notte più calda del 1969.
E già qui c’è da aver paura e non, dato che ci troviamo di fronte ad una famiglia Manson sui generis, più vicina alla mitica famiglia Adams per certi versi! E così noi del pubblico piangiamo e ridiamo, ci contorciamo e rinasciamo.
Nel bel mezzo Quintin esalta il cinema di Steve McQueen e di Bruce Lee, quello dei vecchi western di seri B e delle produzioni televisive poliziesche degli anni Sessanta.
Il regista è riuscito a radunare un cast straordinario.
Margot Robbie da lui scelta per il ruolo di Sharon Tate,ha dichiarato che avrebbe ucciso per lavorare con il regista.
Sono invece alla seconda esperienza con lui i due protagonisti, e Brad Pitt e Leonardo Di Caprio, un irresistibile tandem. Tutti e due, certo con una grande esperienza di recitazione, hanno restituito al regista il meglio che si possa chiedere ad un attore.
Leonardo Di Caprio, ha definito quella di C'era una volta a... Hollywood come la miglior sceneggiatura di Tarantino.
Sony Pictures ha ottenuto la distribuzione e per farlo ha dovuto fare enormi concessioni al regista: un budget di 95 milioni di dollari, l'ultima parola sul montaggio, il cosiddetto "final cut", e uno straordinario controllo creativo durante l'intera realizzazione, oltre al 25% dell'incasso lordo e al ritorno dei diritti sul film allo stesso Tarantino nel giro di 10 o 20 anni.
Quentin in C'era una volta...a Hollywood, segue lo schema appropriandosi della storia del cinema, di una storia del cinema.
Tarantino è evidente che crede nell'immenso potere del cinema, narrando con la pellicola alla quale è ancora legato, crede che tutto sia ancora possibile, come se la finzione potesse far esplodere la realtà.
C'era una volta...a Hollywood è un diario intimo e sul cinema della sua infanzia, quello che lo ha innamorato perdutamente, mentre si passava dal B/N al colore e Hollywood si macchiava di rosso sotto i colpi di coltello di Charles Manson e dei suoi adepti.
Ed ecco il lieto fine catartico, liberatorio: Sharon Tate, anche se tutti sappiamo la sua fine vera, Quintin la salva, perché immortale come Hollywood, e l’orribile dramma è spostato a casa di Rick Dalton, anche lui salvato dall’amico e controfigura Cliff, a sua volta protetto dal suo cane disciplinato e fedele.
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