Fare rete - Occorre uno statuto che regoli i requisiti minimi perché un Centro antiviolenza possa definirsi tale
Raffaella Mauceri Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2006
La Rete nazionale dei Centri antiviolenza si è data una ‘Carta delle Linee Guida’ approvata e sottoscritta nel corso dell’assemblea nazionale dello scorso 22 gennaio che ha avuto luogo nella casa Internazionale delle Donne, a Roma. La Carta definisce significati e contenuti cui un Centro specializzato nella violenza alle donne, deve aderire se vuole essere annoverato nella Rete nazionale medesima. “Questa Carta – leggiamo - vuole rappresentare il punto di partenza per la condivisione di obiettivi minimi comuni e principi metodologici dei Centri Antiviolenza e delle Case delle Donne…Trovare quei punti che, nel rispetto delle differenze, identifichino alcune finalità e metodologie comuni e condivise…pratiche politiche, obiettivi e principi, di metodologie d’accoglienza e di interventi e azioni nel campo della violenza alle donne e ai bambini/e”. Resta da definire, tuttavia, che cosa ha da intendersi, nel concreto, con l’espressione ‘centro antiviolenza’ dal momento che non c’è carta, documento, statuto, convenzione, protocollo, insomma nulla su cui sia scritto quali sono le caratteristiche strutturali che deve avere un Centro antiviolenza. Il che comporta che in teoria, qualunque associazione può autodefinirsi centro antiviolenza senza rischio di smentita né di denunzia. In linea di massima, tutte conveniamo sul fatto che un Centro antiviolenza debba avere un congruo organico di operatrici formate, una congrua presenza (o collaborazione esterna) di avvocate formate e di psicologhe formate nonché uno staff di esperte capaci a loro volta di trasmettere la formazione alle nuove leve secondo il principio della trasmissione dei saperi delle donne da donna a donna (e quindi da Centro a Centro). Ma perchè tutto questo abbia dignità di forma e di sostanza, occorre che la Rete nazionale esista sotto il profilo giuridico, cioè che si dia uno statuto dove siano illustrati, nero su bianco, i requisiti minimi necessari perché un Centro antiviolenza possa definirsi tale e in quanto tale essere riconosciuto dalla Rete Nazionale dei Centri. Assistiamo, invece, al proliferare selvaggio di sedicenti Centri antiviolenza e, in più, al loro ingresso nella Rete senza che nessuno abbia compito e licenza di verificare se possiede i requisiti minimi per farne parte.
Di fatto, a stabilire che cos’è davvero un Centro antiviolenza lo dicono le attività che concretamente e pubblicamente svolge, il numero delle utenti, il loro recupero, la loro soddisfazione, la loro rinascita, la loro gratitudine, la loro ritrovata dignità e serenità. A stabilire se il Centro antiviolenza è all’altezza della definizione e funziona come tale, è lo staff di specialiste di cui dispone, la credibilità che gode presso le istituzioni, il cambiamento culturale che opera nel territorio in cui si muove. Le sopracitate, ottime linee-guida definiscono metodi e obbiettivi, dando grande valore alla formazione, ma nulla dicono a proposito della idoneità delle operatrici che possono anche avere una superspecialistica formazione nazionale, internazionale e planetaria ma non hanno alcuna attitudine a relazionarsi con le altre donne. Quale, dunque, il passo successivo della Rete? Darsi un’altra Carta sulla definizione di Centro antivolenza, cioè un’autoregolamentazione, altrimenti tanto vale chiamarla non Rete, ma Club!
* Centro antiviolenza ‘Le Nereidi’, Siracusa (tel. 0931 61366)
(19 marzo 2006)
Lascia un Commento