Intervista a Orietta Paciucci - Per le vittime di violenza in provincia dell’Aquila si prosegue l’attività di sostegno. Perché “nella tragedia del terremoto le donne subiscono violenza come e più di prima”
Di Sabatino Guendalina Lunedi, 31/08/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2009
Utenti e operatrici del Centro Antiviolenza per le donne della provincia dell’Aquila vivono la condizione di sfollate. Tuttavia si continua a lavorare: le vittime della violenza maschile, domestica e non, possono contare sulla continuità del servizio come riferisce la coordinatrice del Centro, Orietta Paciucci.
La mattina del 6 aprile il Centro come luogo fisico non c’era più, come avete reagito nei giorni successivi?
Scortate dai vigili del fuoco alcune di noi hanno potuto accedere alla sede e recuperare, oltre all’archivio amministrativo/gestionale, il materiale informativo del Centro. Materiale distribuito in parte presso il coordinamento delle emergenze psicologiche, servizio della Protezione Civile istituito in tutte le tendopoli. Il terremoto non ha reciso le nostre relazioni, dai luoghi dove siamo tuttora sfollate, lontane tra noi, ci siamo coordinate telefonicamente. E già dal 9 aprile abbiamo cercato e rassicurato le tredici donne che avevano iniziato con noi il proprio percorso di fuoriuscita dalla violenza. Alcune di loro erano in tenda con i figli e quel marito, o compagno, violento dal quale avevano deciso di allontanarsi. Ci siamo anche preoccupate di ripristinare rapidamente il numero di telefono del Centro a livello mobile, e, purtroppo, abbiamo constatato con angoscia che nella tragedia del terremoto le donne subiscono violenza come e più di prima.
Come e dove si svolgono i vostri incontri?
Dal coordinamento telefonico siamo passate agli appuntamenti settimanali del mercoledì all’Aquila, chi arriva da Pescara, chi da Vasto, chi da Villetta Barrea, chi da Roma, chi da Albano Laziale, ci riuniamo nel giardino di un’amica che gentilmente ci ospita.
Dove avvengono le consulenze per le donne in difficoltà?
Il setting per il supporto psicologico è uno spazio aperto, una pensilina di autobus, una tenda…dipende. Nonostante i disagi abbiamo potuto sostenere in particolare due donne migranti con figli, e grazie alla rete esistente tra il Centro e le forze di Polizia ora sono in case e luoghi protetti.
Avete lanciato un appello a livello nazionale per ricostruire il Centro Antiviolenza. Quali sono gli esiti a tutt’oggi?
Hanno già risposto al nostro appello la rete italiana delle Donne in Nero, la Casa Internazionale delle Donne di Roma, e tante realtà femminili da tutta Italia: Vicenza, Roma, Napoli. Si stanno mobilitando anche le artiste, la pittrice Micaela Serino ha già donato tre opere di pittura/poesia. Auspico che la nostra richiesta di solidarietà incontri ancora molti ascolti.
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