Centri antiviolenza / La manifestazione del 10 luglio a Roma
Mobilitazione indetta da D.i.Re Donne in Rete contro il riparto dei finanziamenti che verrà discusso alla prossima Conferenza Stato – Regioni del 10 luglio 2014. L'adesione del Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna
Mercoledi, 09/07/2014 - Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Basta con l’apertura di centri antiviolenza senza qualifica e storia: le donne hanno bisogno di
approcci di libertà
L’associazione nazionale D.i.Re Donne in Rete, che rappresenta 67 centri antiviolenza, si mobilita contro il riparto dei finanziamenti che verrà discusso alla prossima Conferenza Stato – Regioni del 10 luglio.
Saremo presenti per far sentire la nostra voce.
I Centri antiviolenza che da oltre vent’anni operano in Italia, riconosciuti come luoghi di buone pratiche per fronteggiare il fenomeno della violenza contro le donne, non possono essere liquidati con quattro soldi. La storica esperienza e competenza di questi luoghi deve rappresentare un punto di partenza per tutti.
La distribuzione dei fondi non è chiara, temiamo che siano distribuiti con criteri “politici” disperdendo le già scarse risorse messe in campo.
E’ evidente che i Centri, che da oltre vent’anni lavorano in Italia con le donne, finiranno per avere finanziamenti irrisori mentre si cerca di creare un sistema parallelo di centri istituzionali con competenze improvvisate le cui procedure ancora “ingessate” in rigidi criteri burocratici, non saranno in grado di rispondere alle domande delle donne vittime di violenza. In particolare: anonimato, ascolto competente e privo di giudizio, rispetto della loro volontà.
La storica esperienza e competenza dei luoghi di donne deve rappresentare il punto di partenza per le istituzioni per costruire una politica che guardi all’esperienza nata dai Centri Antiviolenza, riconoscendone tutto il valore in quanto luoghi di libertà e autodeterminazione delle donne. Nei centri istituzionali c’è il rischio che prevalga la burocrazia, gli aspetti giudicanti e formalizzati, che non garantiscono l’anonimato e l’ascolto dei desideri della donna, rispettandone i tempi e le scelte.
Non a caso la Convenzione di Istanbul individua nelle Associazioni di Donne il luogo privilegiato di risposta al fenomeno in quanto portatrici di una forte motivazione e capaci di mettere in campo iniziative utili ad un cambiamento.
I Centri Antiviolenza ritengono che la generica modalità di impiego delle risorse economiche indicate dal piano di ripartizione dei fondi, non solo non porti alcun cambiamento nelle pratiche dei servizi e di conseguenza nella cultura sociale ma al contrario si incrementi il rischio per le donne che subiscono violenza e che decidono di allontanarsene di non essere sostenute adeguatamente.
I centri antiviolenza chiedono
• che i criteri di riparto dei finanziamenti siano ridiscussi e condivisi con i centri antiviolenza nel rispetto delle raccomandazioni europee.
• che i centri antiviolenza pubblici siano, in questa prima fase, esclusi dal riparto dei fondi: la Convenzione di Istanbul che entrerà in vigore il 1° agosto, sostiene che i governi devono privilegiare le azioni dei centri antiviolenza privati gestiti da donne in quanto servizi indipendenti.
• che nella distribuzione siano compresi solo i centri antiviolenza gestiti da realtà del privato sociale attive da almeno 5 anni e che il finanziamento premi maggiormente i centri antiviolenza che operano da più anni valutando i curricula, i progetti svolti e il tipo di intervento che garantiscono.
• Che ci sia una forte raccomandazione alle Regioni di utilizzare i finanziamenti in aggiunta ai quelli che le amministrazioni regionali dovranno stanziare.
Roma, 3 luglio 2014
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Riparto dei fondi stanziati per la lotta alla violenza: il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna denuncia il rischio di penalizzare il lavoro ventennale delle associazioni.
Tra circa un mese diventerà effettivo lo stanziamento di 17 milioni di euro previsto dalla legge 119/2013 (la cosiddetta "legge contro il femminicidio") per il biennio 2013-2014. I fondi sono destinati alla prevenzione e alla lotta contro la violenza sulle donne.
Ma a chi andranno le risorse stanziate e come ne beneficerà la lotta alla violenza sulle donne? Il 67% del finanziamento sarà gestito dalle Regioni e solo il 33% andrà ai centri antiviolenza, che riceveranno circa seimila euro ciascuno per il biennio. Una cifra irrisoria e del tutto insufficiente a coprire le necessità effettive dei centri, a incrementarne la possibilità di intervento o incentivarne la progettualità.
L'esiguità degli stanziamenti non è l'unico problema. Desta indignazione l’assenza di un criterio coerente e ponderato di ripartizione dei fondi e il mancato riconoscimento del lavoro dei centri antiviolenza. La maggior parte dei fondi andrebbe, infatti, alle Regioni, che avrebbero il compito di finanziare generici progetti "contro la violenza". Il rischio è quello di disperdere risorse e distribuire i fondi a soggetti poco competenti, anziché destinarli a quelle associazioni che lavorano da tempo e efficacemente sui territori.
Il Coordinamento dei centri antiviolenza dell'Emilia-Romagna aderisce alla manifestazione nazionale di protesta promossa dall'associazione D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza) per il giorno 10 luglio a Roma. Nonostante le recenti dichiarazioni della Assessora regionale alle Politiche sociali, Teresa Marzocchi, sembrino garantire in Emilia-Romagna un utilizzo mirato dei fondi previsti dal decreto, resta la necessità di sostenere il lavoro dei centri antiviolenza a livello nazionale. La posizione della Regione Emilia-Romagna può costituire un "precedente virtuoso", ma non garantisce altre realtà territoriali in altre regioni. Il mancato riconoscimento di D.i.Re
quale interlocutore è un altro motivo non trascurabile della protesta.
Il lavoro di contrasto e prevenzione della violenza maschile contro le donne non si improvvisa: si basa su competenze specifiche, strategie e metodologie di intervento condivise e frutto di anni di esperienza, ricerca e confronto. Un approccio focalizzato sulla donna e sul suo diritto alla autodeterminazione.
La lunga storia dei centri antiviolenza in Italia è un cammino politico e teorico, un incessante lavoro di apprendimento, un prezioso laboratorio di elaborazione e raccolta di saperi e pratiche a sostegno delle donne che subiscono violenza. Una superficiale ripartizione di fondi, già insufficienti, rischia di penalizzare il lavoro decennale delle associazioni, danneggiando così il lavoro delle donne contro la violenza e le donne stesse.
Coordinamento dei Centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna
• Casa delle donne per non subire violenza - Bologna
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