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Centri Antiviolenza. Esistono anche le donne disabili!

Centri Antiviolenza. Esistono anche le donne disabili!

Il bisogno di essere considerate come le altre, anche se disabili sensoriali, nei casi di violenza: è questo il concetto centrale di una densa intervista rilasciata alla UILDM da Laura Raffaeli, presidente dell’associazione Blindsight Project

Mercoledi, 27/08/2014 - Il bisogno di essere considerate come le altre anche nei casi di violenza – Intervista a Laura Raffaeli, a cura di Simona Lancioni.



Oggi Laura Raffaeli è una donna di 53 anni. Quando di anni ne aveva 42, in seguito ad un incidente stradale, ha riportato due disabilità sensoriali: è divenuta completamente cieca e ha perso metà dell’udito. Questa nuova condizione l’ha indotta ad impegnarsi su molti fronti: è attiva sui temi della sicurezza e della prevenzione degli incidenti stradali. Ma soprattutto ha fondato la Onlus Blindsight Project con la quale porta avanti molte rivendicazioni (dall’abbattimento delle barriere sensoriali, a diverse campagne informative: sul cane guida, altre per i passaggi pedonali liberi, altre in tema di audiodescrizione delle opere cinematografiche e teatrali, ecc.), gestisce con altre donne Pink Blindsight (particolarmente attento alle donne con disabilità visive e uditive, spesso dimenticate anche dalle altre persone disabili), scrive libri. Ha dovuto imparare di nuovo, e al buio, a digitare su una tastiera con uno screen reader (ausilio informatico con sintesi vocale che permette alle persone disabili visive di leggere, scrivere, navigare, ecc.). Dai suoi scritti, nel 2011, è stato tratto uno spettacolo teatrale, “Laura per tutti”, nel quale, tra le altre cose, con grande coraggio, racconta dello stupro subito dopo essere diventata cieca e ipoudente. Laura sembra una donna forte. Tuttavia ho un po’ di pudore a chiederle se se la sente di aiutarmi a buttare giù un elenco di suggerimenti per rendere accessibili i servizi antiviolenza anche alle donne con disabilità sensoriali. Chiederglielo vuol dire portarla a ripensare a cose sgradevoli e dolorose, e io non so se lei in questo momento se la sente. Il fatto che in passato si sia esposta pubblicamente, non mi autorizza a sottovalutare quanto deve esserle costata quella scelta, né, ancora meno, mi autorizza a pensare che abbia ancora voglia di farla. Eppure il tema è troppo importante. Quindi, “in punta di piedi”, sondo la sua disponibilità. Lei accetta di collaborare. La sua apertura al prossimo mi restituisce una donna che ha imparato ad essere più grande del proprio dolore.



Nell’intervista che ci ha rilasciato, Laura fa riferimento alle difficoltà incontrate dalle persone con disabilità sensoriali nell’accedere alle informazioni. Essendo questo aspetto ancora sottovalutato pubblichiamo in calce un’ottima scheda, curata dall’associazione Lettura Agevolata, contenente sintetiche indicazioni per una comunicazione accessibile ed inclusiva (essa presta particolare attenzione alle esigenze di chi ha una disabilità visiva).



Cara Laura, il tema della violenza nei confronti delle donne con disabilità è poco noto anche a coloro che sarebbero chiamati a dare risposte a questo fenomeno (pronto soccorso, centri antiviolenza, forze dell’ordine, consultori, ecc.). Attraverso quali iniziative pensi che si potrebbe aumentare la conoscenza e l’attenzione a questo tema? Non solo tra gli operatori, ma in generale?

«Certo che si può aumentare la conoscenza e l’attenzione su questo tema, basta decidere di farlo, ma sul serio, e una volta per tutte! Non serve più il seminario, il convegno, l’articolo, ecc., perché ormai lo sappiamo tutti che è in atto un vero massacro di donne, sia dentro, che fuori casa, e quasi sempre per i più futili motivi, perché in realtà non esiste un motivo per violentare, abusare o stuprare qualcuno. Servono fatti, carissima Simona, e cioè bisogna che tutti coloro che hai citato diventino consapevoli del fatto che tra le donne che si rivolgono a loro (almeno quando lo fanno) esistono anche le donne disabili. Che tra queste donne ci sono anche quelle che camminano, capiscono tutto, muovono tutto ma non vedono o non sentono nulla, o davvero poco per potersi difendere e, soprattutto, farsi comprendere! Quindi la mia proposta è mettere un punto, investire tutto il denaro destinato in spot ed altre iniziative, direi inutili (visti i risultati), in formazione. Una formazione che anche la Blindsight Project potrebbe offrire (considerando che già svolge tale attività gratuitamente, dal 2006). Mi preme dire che da anni Blindsight Project in collaborazione con CulturAbile ha presentato un progetto di questo tipo al Ministero degli Interni, proponendo corsi di LIS [Lingua Italiana dei Segni, N.d.R.], di comportamento con le persone disabili sensoriali, dell’uso di sottotitoli e audiodescrizioni per ogni video pubblicato da loro (in genere si tratta di video su temi importanti come, ad esempio, l’antifrode, la sicurezza stradale, ed anche la violenza), ma, per cominciare, stiamo spettando la loro autorizzazione, che ancora non è arrivata nonostante l’interesse dimostrato e la voglia di realizzare quanto da noi proposto fosse davvero importante.

Ecco, basterebbe cominciare dalle forze dell’ordine. Infatti, una volta informate queste, dovrebbe essere facile diffondere il messaggio a tutti gli altri servizi, o almeno spero. Al momento solo uno su un milione sa cosa fare di fronte a una donna sorda o cieca in difficoltà. Lo stesso vale per tutti gli altri disabili sensoriali.»



Pensi che le donne con disabilità sensoriale siano sufficientemente informate e sensibilizzate a questo tema?

«Penso proprio di si, ciò che manca a noi donne disabili sensoriali non è la consapevolezza del pericolo o del cosa fare in caso di violenza. Ciò di cui avremmo bisogno è, come dicevo prima, essere considerate come le altre anche quando andiamo a denunciare, o ci rivolgiamo a un centro antiviolenza, spesso inadeguato ad esempio ad accogliere una donna sorda, o impreparato sul comportamento da tenere con una persona cieca. Vorrei che non fossimo come tutte le altre solo per ricevere le violenze, che nel nostro caso difficilmente vengono denunciate soprattutto per i motivi a cui ho accennato. A volte per noi è già difficile affrontare una giornata normale in mezzo a tanti vedenti ignari, figurati quante volte è necessario pensarci prima di decidere di “sottoporsi” alla polizia o ad un pronto soccorso!»



A tuo giudizio, quali sono le maggiori difficoltà che incontra una donna con disabilità sensoriale nel momento in cui decide di chiedere aiuto a qualcuno?

«L’inaccessibilità e l’ignoranza, intesa come ignorare completamente le esigenze di chi non vede o non sente. Uno dei tanti esempi che posso portarti riguardo a chi è sorda è il problema della lingua. La LIS in questa nazione, come a Malta, non è ancora riconosciuta quale lingua ufficiale per le persone sorde, ne consegue che questa donna, se volesse rivolgersi a qualcuno, dovrebbe pagarsi pure l’interprete, e sai quante volte bisogna ripetere la stessa cosa, a vari personaggi, quando si decide di denunciare! Per chi è cieca c’è il problema dell’identificazione nel caso di uno sconosciuto, e dicendola tutta, con chi non vede o vede quasi niente, anche se l’aggressore non è sconosciuto spesso non si dichiara, e rimane comunque una testimonianza basata su percezioni tattili e olfattive (a volte più importanti di quelle visive, ma non tutti lo sanno, o lo capiscono). Soprattutto una donna cieca che ha subito violenza è più disorientata di una donna che vede, andrebbero quindi usati modi e maniere tali da poterla riportare, per quanto possibile, in un luogo diverso, quindi bisognerebbe dirle subito dove si trova, cosa c’è e chi ha intorno, chi sono le persone lì presenti e quale sia il loro ruolo, insomma con calma lei dovrebbe per prima cosa localizzarsi in un altro posto, diverso da quello impresso nella mente, e che non dimenticherà più. Le cose da fare sono varie, basta saperle, basta informarsi, non è giusto che le donne italiane con disabilità sensoriali del terzo millennio debbano ricordare che esistono e chi sono!»



A cosa è necessario prestare attenzione quando si vuole progettare un ambiente o un servizio (ad esempio i centri antiviolenza, i pronto soccorso, i consultori, le stazioni di polizia…) per persone con disabilità sensoriali?

«Credo basti attenersi alle regole della Convenzione ONU per le Persone con Disabilità, ratificata da un bel po’ d’anni [con la Legge 18/2009, N.d.R.] ormai anche dall’Italia (perché credo sia inutile ratificare la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica [del 2011, N.d.R.], se ci si scorda di quella che include tutte le donne disabili), e aggiungo che non sono documenti privati, sono testi che chi opera in questi settori dovrebbe conoscere, in modo scontato, dovrebbero far parte del loro bagaglio di conoscenza, del loro curriculum, altrimenti sarebbe come dover ricordare alla Polizia Stradale che esiste il Codice della Strada! Quindi è necessario procedere con l’abbattimento delle barriere sensoriali e con brevi corsi di formazione mirati sulle disabilità sensoriali al personale addetto, rivolti a tutti, dalle forze dell’ordine ai medici, dagli assistenti sociali agli psicologi. Una barriera sensoriale sconosciuta, ad esempio, è rappresentata dai vetri degli sportelli: infatti se non sono chiari e ampi impediscono la lettura del labiale ad una persona sorda (che anche se segnante comunque legge se si scandiscono bene le parole, pure sottovoce). Un’altra barriera sensoriale sono i numeri verdi o di soccorso che non consentono di chattare (anche se da poco è stata lanciata un’applicazione per le persone sorde, ma dovrei approfondire). Rimane comunque il problema che chi non ha uno smartphone ed è sorda dovrebbe poter chattare da un computer. In un ambiente è sempre meglio mettere delle guide in terra (o loges), ma mi rendo conto che sono troppi i centri antiviolenza che hanno subito tagli e non ricevono i fondi necessari al loro importante compito, quindi, in questo caso, riguardo le disabilità visive, basterà avere il comportamento giusto, ma anche un sito web realmente accessibile, la stessa cosa vale per una eventuale applicazione. Ne approfitto per ricordare a tutti che le persone cieche o ipovedenti possono firmare, una cosa questa che, solo per ignoranza della Legge, crea imbarazzi, disagi, panico tra chi richiede una firma, e rabbia da parte di chi dovrebbe metterla [Legge 18/1975, N.d.R.]. Vorrei concludere con un altro degli innumerevoli esempi che potrei portare: i documenti devono essere accessibili per Legge, intendo moduli da compilare, da leggere, da firmare, ed è anacronistico l’uso del fax e del cartaceo, quando non è strettamente necessario o espressamente richiesto.

Vorrei però anche segnalare la totale inaccessibilità informatica, dai siti web alle rare applicazioni finora create, alcune davvero di grande utilità, ma inaccessibili anche agli smartphone più sofisticati, sia per le persone cieche sia per le persone sorde. Basterebbe ricordarsi anche in questo caso sia della già citata Convenzione ONU, sia, soprattutto, della cosiddetta Legge Stanca [Legge 4/2004, N.d.R.] Se si considera che il 99% delle persone disabili sensoriali usa uno smartphone principalmente come ausilio, è facile capire che quando prima dicevo che “basta volerlo” non mi sbagliavo: abbiamo Leggi e accordi straordinari, perché tutti li ignorano?»



Nel caso specifico di un servizio antiviolenza, cosa pensi che una donna con disabilità sensoriale si aspetti di trovare qualora decidesse di contattarlo?

«L’accessibilità, inutile ripeterlo, e sai perché? Perché per noi donne disabili sensoriali significa autonomia, quella che serve in questi casi estremi in cui hai ancora più bisogno di ogni altra di sentirti … “normale”! Anche la conoscenza come dicevo prima sul comportamento da usare: sai quante volte ho sentito urlare in italiano dialettale a persone sorde? E quante mani addosso ad una persona cieca senza averglielo prima segnalato?»



Uno dei momenti salienti della relazione d’aiuto è il colloquio tra l’operatrice (parlo al femminile perché nel caso della violenza basata sul genere è importante che chi presta soccorso appartenga allo stesso genere di chi chiede aiuto) e la donna che ha subito o è a rischio di violenza. Quali accorgimenti di comunicazione, di ascolto e ambientali è necessario porre in essere quando ci si relaziona ad una donna con disabilità visiva (cecità o ipovisione)? E quali nei casi in cui quest’ultima abbia una disabilità uditiva (sordità o ipoacusia)?

«Questo del chi presta aiuto e del genere è un bell’argomento: non sempre succede come dovrebbe, come dicevo prima a volte bisogna ripetere la stessa cosa a più persone, e non è bello farlo, né in quel momento, né mai. Per questo è importante, secondo me, che ci sia una persona che segua il caso, la stessa che provvederà semmai a ripetere le informazioni acquisite agli altri operatori, risparmiando quella che io ritengo una violenza sulla violenza [rispetto a questo tema si segnala il filmato “Non farmelo ripetere”, realizzato dal Gruppo infermieristico PTV contro la violenza sulle donne, che raccomanda una continuità nell’assistenza che non costringa le donne a ripetere a tanti/e operatori/trici diversi il proprio vissuto di dolore, N.d.R.]. Riguardo gli accorgimenti utili da usare, come già detto è importante per una donna disabile visiva avere subito un’àncora per tornare alla realtà. Le nostre disabilità sensoriali ci privano della realtà, anche se grazie alle nostre percezioni e ai nostri ausili a volte la conosciamo meglio di altri, ma in caso di violenza o in un altro caso simile la nostra disabilità si sente tutta. Localizzarla (spiegarle dove si trova) o aiutarla a farlo, ecc. ecc. fino a non mettere mai in dubbio qualcosa che la donna ha percepito solo perché non vede o non sente. Poi ci sono le chat, le videochiamate che per essere accessibili alle donne segnanti dovrebbero consentire di comunicare con qualcuno che conosce la LIS; le applicazioni accessibili dovrebbero permettere, premendo un semplice pulsante di soccorso, di localizzare immediatamente la donna che chiede aiuto; l’applicazione da usare in caso di pericolo dovrebbe dirmi “soccorso” anziché “pulsante”: perché altrimenti vuol dire che chi l’ha sviluppata vive ancora in un altro millennio, ed è rimasto, come tanti altri pseudo sviluppatori, ad Arpanet. Per chi è ipovedente o ipoudente le cose cambiano un po’, ma non di tanto, anzi, quella via di mezzo tra due dimensioni spesso rende la persona più fragile.»



Pensi che le associazioni che si occupano di disabilità possano avere un ruolo nella prevenzione e nel contrasto alla violenza nei confronti delle donne con disabilità? Se sì, di che tipo?

«Penso che tutti abbiamo la possibilità di avere questo ruolo, anzi dovremmo quasi imporcelo, ma tra le associazioni di categoria ovviamente quello che si può fare è unire le forze per avere ciò che dovrebbe già esistere, molto è quanto già detto qui. Naturalmente il tema della violenza è un tema che non colpisce solo la nostra nazione, va detto però che qui da noi siamo così indietro con le azioni utili, che ancora dobbiamo ricordare che non tutte le donne sono uguali, già questo non è un bel segno, anche se la voglia di cambiare e di fare ce l’abbiamo in tante (e sottolineo il femminile, visto che finora non siamo mai state presidenti della repubblica o del consiglio). Andrebbe quindi dimenticato questo strano modo di fare volontariato del tutto italiano. Riferendomi alle associazioni, vorrei dire loro che non esiste il più bravo, forse esiste solo chi prende più soldi di altri, ma questo non importa, ciò che importa è che si sia uniti davvero per risolvere almeno il problema dell’inaccessibilità, oltre a quello dell’ignoranza nei confronti delle disabilità sensoriali.»



Manifesti, volantini, filmati, spot, iniziative via web e nei social… se decidessimo di realizzare una campagna per sensibilizzare al tema della violenza nei confronti delle donne con disabilità, e volessimo che questa fosse accessibile anche alle donne con disabilità sensoriali, quali sarebbero i formati e i supporti più adatti a veicolare il nostro messaggio?

«Documenti accessibili (soprattutto i pdf) come vuole la Legge Stanca, e pertanto fruibili anche da chi usa screen reader. Audiovisivi di qualsiasi formato, ma necessariamente con sottotitoli, audiodescrizione e trascrizione in testo accessibile, come vuole la Convenzione ONU. Eventuali siti web costruiti anch’essi in conformità alla Legge Stanca, lo stesso vale per le applicazioni e tutto ciò che riguarda l’informatica, lo spettacolo e il web.»



Nella tua esperienza di blogger e scrittrice, là dove hai affrontato il tema della violenza, hai avuto dei contatti, sostegno, interesse da parte delle associazioni o gruppi femministi e femminili. Se sì, quale relazione si è instaurata, ha portato a qualche risultato concreto? Se no, sempre che ti sembri interessante ed importante, su cosa e come attivarla per avere un comune terreno di lavoro ed una condivisione d’intenti?

«No, nessun contatto da nessuna associazione o gruppi, infatti ho dato vita a Pink Blindsight, proprio perché avevo capito che, anche se è assurdo, bisogna ricordare che esistiamo anche noi donne cieche o sorde tra le donne che subiscono gli stupri, e che forse tra noi sono addirittura più frequenti, sebbene non siano quasi mai denunciati. La cosa che proprio non capisco è che dobbiamo ricordarlo anche alle altre donne. Con Pink Blindsight ho cercato di fare una rete, qualcuna ha cominciato a parlarne, e a quel punto tutte si sono mostrate interessate e contente di sapere, eppure fino a quel momento non era emerso niente. Del resto ho rotto un silenzio, non ti nascondo che l’ho fatto con grande dolore, ma forse per istinto materno ho pensato a quante adolescenti, a quante giovani donne come me passano gli stessi momenti, spesso dentro casa, e mi sono sentita una stupida a non aver detto prima a tutti … quante volte si può morire.»



Hai qualche considerazione da aggiungere su questi temi?

«Si, vorrei che si prendesse in considerazione la differenza tra chi è nata disabile e chi lo è diventata, anche se da bambina, perché sono mondi simili ma molto diversi. Poi vorrei che tutti gli addetti al soccorso e al recupero contattino Blindsight Project, o me stessa direttamente, prima di spendere soldi in un locale, o per qualche attrezzatura che qualcuno spaccia per abbattimento di barriere, ma soprattutto per sapere come comportarsi e cosa fare in caso di sordità o cecità. Infine mi piacerebbe che le donne si conoscessero tutte tra loro, una volta per tutte e senza tanti raduni o convegni. Nel web ci siamo tutte, basta fare rete. Grazie!»



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Comunicare in modo accessibile

Indicazioni sintetiche per una comunicazione accessibile ed inclusiva

a cura di Lettura Agevolata onlus

Il diritto ad una informazione accessibile è fondamentale soprattutto oggi, considerato il progressivo invecchiamento della popolazione e l’utilizzo sempre più pervasivo delle tecnologie digitali come mezzo per condividere le informazioni.

Oltre che dalla nostra Costituzione, è sancito anche dall’art. 21 della Convenzione ONU sui Diritti delle persone con disabilità del 2006 (ratificata dall’Italia con Legge 18/2009) che recita testualmente… “Gli Stati Parti prenderanno tutte le misure appropriate per assicurare che le persone con disabilità possano esercitare il diritto alla libertà … di cercare, ricevere e impartire informazioni e idee su base di eguaglianza con altri e attraverso ogni forma di comunicazione di loro scelta..”.



L’accesso all’informazione e le persone con disabilità visive

Le persone sono tutte diverse fra loro, ognuna con le proprie esigenze, un diverso bagaglio culturale e un modo specifico di entrare in rapporto con la realtà circostante. E questo vale ovviamente anche per le persone con disabilità.

Una campagna di comunicazione è tanto più efficace se mette l’interlocutore nella condizione di essere libero di scegliere la modalità a lui più adatta per poterla leggere e comprendere.

Per poter raggiungere il maggior numero di persone è dunque importante utilizzare canali diversi di comunicazione ma soprattutto, considerando che per motivi economici spesso è difficile differenziare i supporti e i prodotti, privilegiare sistemi flessibili, adattabili dall’utente finale in base alle proprie esigenze.

Accanto alla pubblicazione su carta, strutturalmente immodificabile, andrà sempre fornita una versione digitale dello stesso documento che l’utente potrà facilmente procurarsi e in seguito adattare in base alle proprie esigenze: aumentare le dimensioni dei caratteri, trasformare in voce, in braille o altro. Il passaggio dal cartaceo al digitale andrà facilitato con un link semplice (ossia breve e digitabile a mano) e ben evidente, eventualmente integrato da un codice QR [Quick Response code, codice a risposta veloce, N.d.R.].

Anche sul documento cartaceo l’utente con difficoltà visive può intervenire autonomamente per piegarlo alle proprie esigenze di accesso: può, ad esempio, leggerlo con una lente di ingrandimento, con un ingranditore elettronico, con uno scanner che trasforma il testo in digitale e rende quindi possibile la lettura con la voce sintetica. Ma per poter fare questo il testo deve essere nitido e regolare, senza sfumature, distorsioni ed effetti speciali, che renderebbero impossibile questi canali di accesso. Inoltre l’utente deve essere comunque messo in grado di conoscere almeno il contenuto di massima del documento, per decidere se il suo sforzo di accesso è giustificato, per cui almeno il titolo o un sintetico sommario dovrebbe essere sempre fornito a carattere ingrandito, con tratto spesso e marcato contrasto con lo sfondo.

La molteplicità di offerta assicura ad ogni utente la possibilità di trovare la modalità di lettura più congeniale e più rispondente alle proprie attitudini.

Ognuna delle differenti modalità ha caratteristiche specifiche ed è in grado di raggiungere un determinato target (ad esempio una stampa a carattere ingrandito è utilissima per le persone con una lieve minorazione visiva o la gran parte delle persone anziane, ma inutile per un non vedente o per la maggior parte delle persone con ipovisione medio-grave. Analogamente un file audio è accessibile alle persone ipovedenti e non vedenti ma non alle persone sorde o con ipoacusia). Non esiste quindi la “modalità migliore”, anche se alcune sono più versatili di altre, ma va valutato di volta in volta quale o meglio quali modalità utilizzare per uno specifico uso e determinate esigenze.

Ecco una breve panoramica sulle principali modalità di comunicazione che possono essere utilizzate e i requisiti che devono avere per essere accessibili alle persone con disabilità visiva.



Prodotti cartacei

Tutto il materiale informativo stampato (dépliant, pieghevoli, manifesti, locandine, pubblicazioni, personal cards, moduli da compilare ecc.), per essere leggibile, deve tenere conto di alcune semplici indicazioni. Gli elementi che influiscono in modo più o meno determinante sulla leggibilità di un testo sono:



- dimensione del carattere

La dimensione del carattere è uno dei fattori che maggiormente influiscono sulla capacità di lettura. È dunque importante pubblicare testi con caratteri non troppo piccoli. Nell’editoria, quando si parla di libri a grandi caratteri, si intendono generalmente i libri redatti in corpo 16 o più. Tale dimensione può essere letta facilmente da persone con lieve minorazione visiva (pensiamo alla maggior parte degli anziani) e da ipovedenti lievi. Un carattere più grande comporta, in genere, un aumento del numero di pagine su cui è stampato. Per questo occorre valutare di volta in volta qual è il giusto compromesso tra grandezza del testo e ingombro, ricordandosi che è meglio essere sintetici e scrivere in grande!



- contrasto testo/sfondo e contrasto cromatico

Per garantire la massima leggibilità del testo occorre utilizzare colori per testo e sfondo ben distinti tra loro, basati principalmente sul contrasto luminoso e non su quello cromatico. Occorre inoltre fare attenzione all’accostamento dei colori poiché alcune combinazioni risultano del tutto indistinguibili.



- interferenza con lo sfondo

È molto più faticoso leggere quando sotto al testo viene collocata un’immagine. Le sovrapposizioni peggiorano la percezione, riducono il contrasto e rendono difficile la discriminazione visiva.



- tipo di carattere

Vanno evitati i caratteri per così dire “decorativi” e dalla forma inusuale. È meglio scegliere caratteri che si basano sulle forme più conosciute, con lettere e numeri ben differenziati tra loro ed evitando le versioni troppo light o troppo black del carattere.



- testo tutto maiuscolo

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, un testo tutto maiuscolo, è molto più difficile da leggere di un testo alto/basso, perché l’occhio, ricevendo meno informazioni per l’assenza dei tratti ascendenti e discendenti del carattere, fa più fatica, rallentando di fatto la lettura. Meglio usare il carattere maiuscolo solo per qualche titoletto o per pochissime parole.



- spaziatura del testo e organizzazione della pagina

I caratteri, le parole, le righe di un testo non devono essere troppo accostati né troppo lontani tra loro. Per agevolare nella lettura vanno inoltre evitate pagine percettivamente troppo uniformi e prive di punti di riferimento visivi.



- supporti

La leggibilità di un testo dipende in parte anche dal tipo di supporto su cui esso viene stampato. Una carta troppo sottile ad esempio può creare effetti di trasparenza che interferiscono con il testo e ostacolano, in vario modo, la lettura. La carta patinata può creare invece fastidiosi ed affaticanti riflessi.



Molte di queste indicazioni valgono anche per la progettazione di siti web o documenti elettronici.

Per approfondire questi argomenti si consiglia di leggere la pubblicazione realizzata nel 2005 dal Progetto Lettura Agevolata del Comune di Venezia, dal titolo “Questione di leggibilità. Se non riesco a leggere non è solo colpa dei miei occhi” (consultabile on-line dal sito dell’Associazione Lettura Agevolata Onlus o scaricabile in formato pdf alla pagina http://www.letturagevolata.it/letturagevolata/leggibilita-testo).



Braille

Il Braille è un sistema di scrittura e lettura per punti a rilievo destinato ai non vedenti e messo a punto dal francese Louis Braille nel 1829. Non è una lingua di per sé, ma un codice di scrittura. Grazie ad apposite stampanti è possibile stampare a rilievo, su carta, un qualsiasi file di testo. Va però sottolineato che il Braille è conosciuto quasi esclusivamente da persone cieche dalla nascita o divenute cieche in giovane età. Le persone divenute cieche in età adulta o le persone ipovedenti generalmente non lo conoscono. Secondo alcune statistiche il numero di non vedenti che conoscono il Braille si aggira intorno al 15-20%.



File audio

I file audio sono un’efficace soluzione per rendere fruibili lunghi testi sia a non vedenti che a ipovedenti lievi o gravi. I file audio possono essere realizzati in due modi: con voce umana (testi letti da uno speaker professionista) o con voce digitale (testi letti da un programma di sintesi vocale). I file audio possono essere resi fruibili all’utente in diversi modi: possono anche essere resi scaricabili da internet, essere forniti con un semplice lettore mp3, essere inseriti in pubblicazioni cartacee attraverso QR Code fruibili tramite smartphone o tablet.



Web e documenti elettronici

Il web e i documenti elettronici rispetto a quelli cartacei offrono potenzialità supplementari offerte dalla tecnologia. Una persona ipovedente o non vedente può infatti accedervi facilmente utilizzando appositi ausili e tecnologie assistive. Attraverso uno screen reader può ad esempio farsi leggere ad alta voce il testo tramite sintesi vocale, o utilizzare la barra Braille.

Con alcuni formati di file è inoltre possibile intervenire per modificare il tipo e la dimensione dei caratteri con cui visualizzare il testo, modificare l’interlinea e il colore di sfondo personalizzando al massimo l’aspetto, stampandolo ad esempio a grandi caratteri, o visualizzandolo a schermo.

I documenti elettronici possono essere resi scaricabili dal web o spediti via mail agli utenti. Importante è che i file di testo siano file accessibili e non convertiti in file immagine. I formati utilizzabili sono molti, ognuno con propri limiti e possibilità. Tra i formati più utilizzati troviamo il doc, il pdf e l’rtf. Un ulteriore formato utilizzato è il txt, costituito però da solo testo, senza alcuna informazione sulla struttura del testo stesso. Si sta inoltre diffondendo il formato OpenDocument ODF.

Punto di riferimento per l’accessibilità di siti web e documenti elettronici è il consorzio W3C con il suo progetto WAI (Web Accessibility Initiative), da cui è possibile scaricare le WCAG 2.0 ovvero le linee guida che definiscono quali caratteristiche debbano possedere i documenti elettronici per poter essere accessibili.

Ad esempio i documenti devono possedere una struttura logica e utilizzare gli stili di paragrafo; deve essere garantito il corretto ordine di lettura anche quando il testo è suddiviso in blocchi o in colonne; occorre dotare le immagini, i grafici e le tabelle di didascalie esaurienti, che forniscano una descrizione sostitutiva dell’oggetto; indici e sommari devono essere navigabili.

Per realizzare documenti elettronici accessibili non servono software specifici, i programmi più usati comunemente (suite Office, OpenOffice o Adobe) sono già dotati di quel che serve, basta sapere come fare.



Di seguito i link ad alcune istruzioni:



- Creare documenti di Word accessibili

http://office.microsoft.com/it-it/word-help/creazione-di-documenti-di-word-accessibili-HA101999993.aspx?CTT=1

- Creare PDF accessibili con Office

http://office.microsoft.com/it-it/word-help/creare-file-pdf-accessibili-HA102478227.aspx

- Creare PDF accessibili con Acrobat Pro

http://helpx.adobe.com/it/acrobat/using/create-verify-pdf-accessibility.html



Per approfondire e per tutti i link: http://blindsight.eu/news/ntervista-laura-raffaeli/

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