Siracusa / Centro Antiviolenza - Lettera aperta al Ministro Ombra per le Pari Opportunità Vittoria Franco
Raffaella Mauceri Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2009
Cara Ministra,
ci conforta apprendere da una mail diramata dal suo ufficio che è stato presentato "un ddl sui centri antiviolenza affinchè si istituisca un fondo ad hoc e un registro degli stessi", e a tal proposito la informiamo che proprio a questo argomento il C.D.S. (Coordinamento Donne Siciliane contro la violenza) ha dedicato la giornata del 25 Novembre 2008. Fino a quando, infatti, non avremo questo registro, nessuno saprà mai, nero su bianco, che cos'è e/o che cosa dovrebbe essere un centro a.v. Nella medesima mail, tuttavia, leggiamo che in Italia operano poco più di cento centri antiviolenza, e dunque le chiediamo: chi ha deciso quali e quanti sono i centri a.v. italiani in assenza di un registro ufficiale? Che si sappia, ad oggi, qualunque associazione abbia uno statuto omologato alla legge sul volontariato, può autodefinirsi centro antiviolenza senza alcun pericolo di essere smentita e men che meno essere denunciata. Il marasma, infatti, regna sovrano nella misura in cui esistono sedicenti centri anitviolenza che non hanno una sede e danno appuntamento alle vittime per la strada, che non hanno personale formato (altra questione: chi forma chi?), che si rivolgono a specialiste (avvocate, psicologhe..) esterne con e senza formazione, che aprono soltanto 2-3 volte a settimana e non garantiscono nemmeno l'accoglienza telefonica continua, che non sono in grado di garantire un rifugio in una casa protetta alle donne stalkizzate e a rischio di letalità, che addirittura sono gestiti da donne che subiscono violenza esse stesse, ecc..
E siccome non c'è alcuna verifica della quantità e della qualità del lavoro svolto, da una parte possono inventarsi il numero delle utenti accolte, dall'altra, le possono ulteriormente danneggiare. Cosa che tutte noi del C.D.S. sperimentiamo direttamente nella misura in cui ci capita di ricevere donne portate sull'orlo del suicidio! La corsa all'apertura dei centri veri e di centri per burla che sta caratterizzando questi ultimi anni, infatti, si può leggere contestualmente in due modi: la consapevolezza di genere che cresce e il bisogno di lavorare che cresce anche di più. Un centro a.v. infatti può essere gestito da una associazione di volontariato puro e duro che tira avanti con l'autotassazione e qualche minuscolo e sporadico contributo degli enti locali, ma può essere anche gestito da una cooperativa oppure da uno staff esperto in grossi progetti finanziati che garantiscono lavoro ed introiti a tutte (gli e) le iscritte. Se poi aggiungiamo la speranza di un finanziamento pubblico nazionale, allora il miraggio dell'impiego assume contorni vieppiù interessanti. Nell'attesa, alcune regioni si sono date il registro nazionale, le altre ci teniamo il Far West.
*Presidente del C.D.S.
(2 gennaio 2009)
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