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Cenerentola made in Sicily

Cenerentola made in Sicily

Il racconto di una fiaba famosissima con l'ironia e la forza di Emma Dante

Venerdi, 07/01/2011 - Dopo due settimane di repliche, il 6 gennaio è stata l’ultima occasione per assistere allo spettacolo di Emma Dante “Cenerentola, Anastasia e Genoveffa”, al Teatro Valle di Roma. Si è concluso nel giorno della befana la messa in scena di questa favola rivisitata, adatta ai bimbi e ai più grandi.

Lo stile della regista palermitana è inconfondibile e viene fuori anche nella rappresentazione di un testo per l’infanzia: lo spettacolo utilizza ironicamente il dialetto siciliano e gli attori si muovono sulla scena pieni di energia, utilizzando il corpo, ballando, cantando, e divertendo la platea durante tutta la durata dello spettacolo. I personaggi sono sei, interpretati da quattro attori, tre donne e un uomo, il principe azzurro. La prima scena vede protagoniste la matrigna e le due (bruttine) sorellastre che litigano insultandosi, fin quando, da un altoparlante, una voce fuori campo annuncia la notizia del ballo, in cui il principe sceglierà una fanciulla da sposare. La matrigna urla alle figlie di prepararsi, perché “se una si sistema, ci siamo sistemate tutte e tre!”. La favola si sviluppa poi nel modo che sappiamo: Cenerentola non viene invitata e si dispera parlando con una statuetta della Madonna e con un topo di pezza fin quando non viene raggiunta da una graziosa e comica fata che le fa i doni che conosciamo. Lei perde la scarpa (prima di entrare al ballo, a cui non va temendo di fare “una malafiura”) ma il principe la cerca, la trova e la sposa. Le musiche di accompagnamento sono canzoni pop notissime come It’s all so quiet di Byork e Perdere l’amore di Ranieri. Questa cenerentola made in sicily si conclude con il noto happy ending, ma viene ricordato a tutti gli spettatori che “anche se vivranno felici e contenti, cenerentola e il principe non perdoneranno i torti subiti”. Come per ricordare che nella vita reale, che questa cenerentola vuole rappresentare, le malefatte prima o poi (per fortuna) si pagano.

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