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Cenerentola / Le molte identità di una fiaba (s)conosciuta

Cenerentola / Le molte identità di una fiaba (s)conosciuta

- Amata da bambini e adulti, tradotta, adattata e reinventata la storia di Cenerentola è forse la fiaba più nota nella cultura occidentale

Monika Wozniak Domenica, 20/01/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2013

Amata da bambini e adulti, tradotta, adattata e reinventata anche in versioni del tutto divergenti, in letteratura, in musica, a teatro, al cinema e in altre arti, la storia di Cenerentola è forse la fiaba più nota nella cultura occidentale, profondamente radicata nell’immaginario comune. In che cosa consiste questo suo fascino fatale e intramontabile? E che cosa sappiamo veramente di Cenerentola, a prescindere dai fatidici accessori, quali la scarpetta di cristallo, la zucca trasformata in carrozza e la fuga a mezzanotte?

Probabilmente nessuno saprebbe dire con precisione quante versioni di Cenerentola esistono nel mondo: solo di varianti popolari se ne contano più di settecento. Altrettanto incerte sono le origini della fiaba: oggigiorno come versione più antica viene indicato un racconto cinese del nono secolo, la storia di Yeh-Shen che “aveva i piedi più piccoli del regno”, ma volendo si può risalire addirittura fino all’antichità e alla storia della bella schiava (in alcune versioni facoltosa cortigiana) Rodopi, citata già da Erodoto. Le più importanti versioni letterarie della fiaba - quelle che hanno dato l’inizio a tutte le sue incarnazioni e riscritture successive - sono però solo tre.

La più antica è La Gatta Cenerentola di Giambattista Basile, inclusa nella sua raccolta del 1634, Lo cunto de li cunti (più nota come il Pentamerone). In questa versione la protagonista, di nome Zezolla, è una principessa che, istigata dalla sua balia, uccide la matrigna, facendole cadere sul collo il coperchio di una cassapanca, e in seguito convince il padre a sposare proprio la balia. Purtroppo presto essa si rivela ben più cattiva della matrigna precedente e caccia Zezolla a lavorare in cucina, mentre le sue sei figlie si trastullano nel lusso. La protagonista non si fa scoraggiare e grazie all’aiuto di una fata, uscita da una palma di dattero magica, va al ballo dal re che se ne innamora e la ritrova grazie alla scarpetta (in questo caso la pianella) perduta durante la fuga. L’eroina è dunque una ragazza scaltra e intraprendente, ben diversa dall’immagine del personaggio che si sarebbe radicato più tardi nella tradizione culturale europea. Infatti il suo impatto duraturo fu relativamente meno importante delle versioni successive di Charles Perrault e dei fratelli Grimm, facendosi sentire soprattutto nel contesto italiano, dove ancora nel Novecento ispirò una notevole opera musicale, La Gatta Cenerentola di Roberto De Simone.

La vera carriera internazionale della fiaba cominciò con Cendrillon ou la Petite Pantoufle de verre, proposta da Charles Perrault nel 1697 nella raccolta Histoires ou contes du temps passé avec des moralités. L’autore finì per trasformare la fiaba in un testo squisitamente letterario, che rispecchia valori, ideali e gusti dell’ambiente raffinato della corte di Versailles, a cui è esplicitamente indirizzata, e, soprattutto, il modello della femme civilisée, del quale Cenerentola è incarnazione suprema. Fu lui a inventare la trasformazione magica della zucca in carrozza e dei topi e delle lucertole in cavalli e in lacchè, a imporre a Cenerentola la condizione di tornare dal ballo a mezzanotte e ad aggiungere il famoso dettaglio delle scarpette di vetro. Il messaggio ultimo della storia è però amaro e addirittura cinico: nella seconda morale posta alla fine del testo, Perrault dichiara, con una brutale sincerità, che la bellezza e altre virtù e pregi personali non valgono niente senza l’intercessione di amici altolocati (incarnati qui dalla fata madrina).

Aschenputtel, la fiaba dei fratelli Grimm apparsa nella prima edizione dei loro Kinder- und Hausmärchen del 1812 è una versione notevolmente più cupa e perturbante, essendo inoltre fortemente legata, nella sua dimensione del soprannaturale, alle valenze simbolico-religiose. Nel racconto dei Grimm, la protagonista viene aiutata da un albero magico cresciuto da un rametto piantato dalla fanciulla sulla tomba della madre e innaffiato con le sue lacrime. È proprio esso a regalarle dei bei vestiti, per intercessione di una colomba bianca identificabile con lo spirito protettivo della madre defunta. Un altro elemento ben conosciuto è l’automutilazione delle sorellastre che per far calzare la scarpetta si tagliano una il tallone, l’altra un dito, mentre la punizione finale che tocca alle sorellastre, a cui le colombe cavano gli occhi durante le nozze della protagonista, viene spesso cancellato nelle ristampe e nelle traduzioni. Non sorprende, comunque, che proprio la fiaba dei Grimm divenne l’oggetto preferito di analisi in chiave psicoanalitica.

In molti rifacimenti e riscritture successive della fiaba le due versioni si fusero, rendendo labili e difficili da identificare le rispettive differenze. In realtà, però, da oltre sessant’anni la versione principale della fiaba che si è imposta all’immaginario collettivo, è quella del film disneyano del 1950. Anche se la trama è basata sul testo di Perrault, il cartone animato propone una Cenerentola profondamente americana, una dolce fanciulla bionda e una perfetta housewife che corrisponde all’ideale femminile promosso in America nei primi anni postbellici. Paradossalmente, si tratta di un modello reso alquanto obsoleto assai più in fretta rispetto alle sue precedenti incarnazioni letterarie e non sorprende che esso divenne il bersaglio preferito delle polemiche sociologiche e psicologiche e diede spunto a innumerevoli parodie e versioni polemiche, prima di tutto le graffianti versioni in chiave femminista di Angela Carter. Infatti, la riscrittura e la reinterpretazione sembrano le parole chiavi nella lettura odierna del personaggio di Cenerentola, che nei primi lustri del nuovo millennio, tra una decina di film, un fumetto manga di Junko Mizuno, un romanzo di fantascienza Cinder di Marissa Meyer che vede Cenerentola trasformata in un cyborg e tante altre ristampe, riscritture e reinvenzioni, non accenna a invecchiare, anzi, sembra più vivo che mai.





Mille e una Cenerentola

Mostra internazionale che celebra Cenerentola nel bicentenario della raccolta di fiabe dei Fratelli Grimm a cura di Monika Wozniak (Università La Sapienza di Roma) e Giuliana Zagra (Biblioteca Nazionale Centrale di Roma). www.cinderellaexhibiton2012.wordpress.com

Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, dall’8 novembre al 31 gennaio 2013

Catalogo Onyx Editrice, Roma.

Ingresso libero (lunedì/venerdì 11.00-17.00 - sabato 10.00-13.00)

Per VISITE GUIDATE: tel. 06 4989352-470 – mail: accoglienza@bnc.roma.sbn.it



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