Terremoto in Emilia - L’idea è quella del BoxPark di Londra. Con 30 container marittimi è nato Cavezzo 5.9 ShopBox, un modo per rinascere dopo il terremoto
Antonella Iaschi Domenica, 05/05/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2013
All’inizio, 5.9 era la terribile realtà che ha colpito la mia gente, poi una radio di ragazzi fra i quali uno che ho visto crescere anno dopo anno lavorando con la sua mamma, oggi ritrovo quei numeri nelle insegne di un centro commerciale. 5.9 terremoto, la distruzione, la paura, la morte… poi la voglia di reagire di quattro ragazzi in gamba infine loro, tutti i negozianti che ho conosciuto con la loro forza e la loro voglia di ricominciare.
Scrive l’ottico Giovanni Fattori, che non ha perso come tanti la sua attività ma si è speso per il bene comune: “Una delle frasi più ricorrenti qui nella bassa è: a stem in un brut post, con al sinsali, l'umidità, al nebbie, l'afa ma anghem minga di teremot (stiamo in un brutto posto con le zanzare, l'umidità, la nebbia, l'afa ma non abbiamo il terremoto)”.
Eh sì, noi emiliani pensavamo di essere al sicuro, protetti dall’elasticità della terra che ogni tanto tremava, ma mai così forte. Un mese esatto dopo la prima scossa, i commercianti si riuniscono con l’Amministrazione perché non accettano le proposte dell’assessore, hanno le loro convinzioni dettate dall’esperienza e una donna, Antonella, tira fuori alcuni fogli stampati.
Sono le immagini del BoxPark di Londra, un’idea che folgora tutti quelli che in seguito l'hanno vista. Quel giorno nasce Cavezzo 5.9 ShopBox.
La possibilità di costruire un piccolo centro commerciale fatto di container marittimi da 12 metri, usati, ricondizionati e modificati per le esigenze dei commercianti è un'idea giovane, accattivante, ecologica e ambiziosa per Cavezzo: l'idea giusta per rinascere dalle macerie del terremoto.
Gli Emiliani con una manciata di grano sono riusciti a fare la miglior cucina al mondo, con un pezzo di ferro i migliori motori, non sarà certamente un terremoto a fermarli.
Ed ecco che 30 container marittimi dismessi, di quelli che stanno accatastati a centinaia nei porti, riprendono a vivere nel cuore della bassa modenese.
Il Comune ha messo a disposizione un’area di 35 metri per 45 in Piazza Martiri, la Phoenix di Genova si è occupata di sistemare i box diventando referente e partner investitore, e tutti hanno messo i propri risparmi e il proprio lavoro. “Di soldi per ora non ne abbiamo visti. Io per esempio sono stata costretta a chiedere due finanziamenti, uno per pagare il container e uno per pagare le tasse e l’anticipo dell’IVA” dice una commerciante.
Nel centro, durante il mese di dicembre, hanno aperto pian piano esercizi commerciali di ogni tipo: una gelateria, un bar, un fiorista, un parrucchiere, un atelier dove si riciclano mobili e oggetti d’arredamento, un centro estetico e una spaghetteria, uno spazio bimbi con ludoteca e servizio di baby sitter e uno studio grafico. In totale 15 attività. È stato un lavoro duro e stressante, con subentri e abbandoni dovuti spesso al fattore economico, alla fine però dalle macerie è nata una struttura unica in Italia, con tenacia e fierezza. Il complesso è costato 500mila euro, i commercianti si sono uniti in consorzio e si sono autotassati.
Sono arrivate anche donazioni e ancora una volta un’associazione femminile ha capito l’importanza di fare futuro. Soroptimist International ha donato 90mila euro. È un’organizzazione vivace e dinamica, per donne d’oggi impegnate in attività professionali e manageriali, che promuove un mondo dove le donne possano realizzare il loro potenziale individuale e collettivo, le loro aspirazioni, e avere pari opportunità di creare forti comunità pacifiche.
E già c’è chi vuole copiare il progetto, segno che come diceva Fabrizio De Andrè “dai diamanti non nasce niente…”.
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