Domenica, 17/01/2010 - Un paesaggio notturno decadente e indecifrabile – forse un luna park in disarmo ma pieno di scintille e di fremiti - si spalanca nei palcoscenici d’Italia per accogliere la più fantastica colonia di felini mai vista a teatro. È quella di “Cats”, il musical famosissimo di Andrew Lloyd Webbwr, allestito recentemente dalla Compagnia della Rancia diretta da Saverio Marconi. La scena, emersa dal buio, incasinata e gremita di oggetti strampalati e sproporzionati, si popola progressivamente di gatti di una comunità convocata al completo per eleggere l’esemplare che con il miglior ballo si aggiudicherà l’ammissione nel paradiso dei mici e la reincarnazione in una nuova vita più fulgida e magari meno sfigata della precedente. Spelacchiati e consunti dall’età o nel fiore degli anni e ben impellicciati, i simpatici randagi appaiono organizzati, compatti e solidali fra di loro: una bella, anche se povera, società per l’occasione in gran fermento fra musiche, canti, danze, dialoghi e acrobazie.
Inutile raccontare le fastosità e le sorprese di questo spettacolo che durante le Feste ha esaurito i posti di tutte le repliche al teatro Alfieri di Torino per il cartellone di Torino Spettacoli e in questi giorni porta allegria in Toscana. Chi ama il genere sarà certamente appagato. Il ricchissimo apparato scenico, le luci, gli effetti speciali le musiche suonate dal vivo da sedici elementi offrono in due ore e più di spettacolo un bell’esempio di teatro in musica che appaga e scaccia i pensieri. Di qualità inappuntabile è il gruppo dei venticinque artisti in scena, truccati e mascherati da gatti e gattine di ogni fascia d’età e, si fa per dire, di estrazione sociale. Con i loro corpi flessibili, spesso impegnati in balzi e volteggi acrobatici offrono agilità, sensualità, fascino e mistero a profusione, anche se la perfezione dei felini è un modello sempre irraggiungibile. Il musical, malgrado il suo ritmo incandescente e il grandioso e dispersivo sfondo scenografico di Daniel Ezralow (anche regista con Saverio Marconi) rimane pieno d’affetto, d’ironia e di tenerezza. Anche se la trama non è sempre comprensibile, sono continui gli spunti di divertimento, soprattutto nella seconda parte, dove si risente con piacere la delicata melodia di brani belli come “Memory”, qui cantata da Giulia Ottonello, nel pelo di una micina zoppa e ormai afflitta dalla solitudine e dalla vecchiaia.
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