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Caterina e il proiettile vagante in Via Don Primo Mazzolari, scrittore e partigiano

Caterina e il proiettile vagante in Via Don Primo Mazzolari, scrittore e partigiano

Caterina Ciurleo a 81 anni muore, vittima delle bande di spacciatori e la risposta del quartiere all'appello di Don Coluccia al senso di comunità come arma più potente 'se siamo uniti i criminali avranno paura'

Martedi, 28/05/2024 - Il femminile di giornata / dieci. Caterina e il proiettile vagante in Via Don Primo Mazzolari, scrittore e partigiano
A Roma, in una delle periferie sempre più pericolose, fra Tor Bella Monaca, Tor di Nona e dintorni, Caterina Ciurleo a 81 è morta il 23 di maggio, quando un proiettile vagante l’ha trafitta alla schiena, una volta penetrato nella macchina in cui viaggiava con l’amica Loredana.
Quel proiettile vagava nell’aria, ennesimo testimone della faida tra bande rivali che nell’enclave del Villaggio Prenestino e Villaggio Falcone si giocano il potere per la gestione del traffico e spaccio di droghe.
Di questi gruppi, di queste bande i resoconti di cronaca raccontano molto: albanesi, sinti che inquinano e rendono difficile, talvolta al limite dell'impossibile la vita nei quartieri. Sulle indagini passate, presenti e future attorno a questa criminalità si legge tanto. Ma di Caterina? Di questa donna che di ritorno con l’amica alla guida della Smart dopo un pomeriggio sereno di spese in un Centro Commerciale vorremmo saperne di più, per non dimenticarla neanche noi che non la conoscevamo.
Lei uccisa per caso e destinata a sparire dalla vita e dalla possibilità di godersela. Caterina Ciurleo che, come dice la sua parrucchiera intervistata dopo il fatto, era un’amica più che una cliente, una persona meravigliosa, sempre positiva che adorava suo nipote e ci coccolava con torte e crostate fatte da lei. Parole che si aggiungono a quel poco che su di lei riportano i giornali. Originaria della Calabria da poco tempo viveva con la figlia sulla Via Prenestina.
Ma è la sua età che ci basta per immaginare tanto di lei. E aumenta dolore e rabbia. L’arrivo a quel traguardo degli 80, dopo una vita, di lavoro, famiglia e chissà .. finalmente il piacere di rilassarsi e avere un tempo per sè e godersi piccoli momenti, come quella visita al centro commerciale con un'amica. Forse una piccola spesa, due chiacchere, un caffè!
L’ingiustizia di questa morte, che ne ricorda altre - come quella a gennaio di Alexandru Ivan, di soli 14 anni in un parcheggio - è un urlo all’ingiustizia e pretende che di vittime come lei si parli, si dia spazio e non le si lasci sparire in poche battute.
E di questo bisogno di opporsi a questa violenza che dilaga, si sono fatti protagonisti, il giorno dopo, quando Caterina è morta in ospedale, Don Antonio Coluccia divenuto in quella zona di Roma e non solo, simbolo della lotta allo spaccio e alla criminalità insieme al Presidente del VI Municipio Nicola Franco.
Con lo slogan di Don Coluccia 'Si alla vita e al rispetto del territorio' e girando col megafono per invitare la gente a scendere in piazza è stata organizzata una manifestazione per rivendicare il diritto a una vita civile per gli abitanti del quartiere. Una presenza in piazza riuscita bene. Più di duecento cittadini hanno ritenuto di esserci aderendo di fatto all’idea che Don Coluccia come un mantra va ripetendo 'il senso di comunità crediamo sia l’arma più potente: se siamo uniti i criminali avranno paura'.
E allora, tornando a Caterina, mi piace pensare che la sua morte serva almeno a ribadire quanto sia importante ogni persona e il suo diritto a non essere nell’immaginario solo una cosa un fantasma che scompare.
Una storia divenuta comune, troppo comune, quella del Villaggio Preneste per come si ripete lì e altrove 'regalandoci' episodi continui di violenza alla vita di cittadini.
In tutto questo c’è però qualcosa che mi piace evidenziare, quasi ulteriore raggio di speranza. Caterina, una di noi, ha perso il futuro in una strada dal nome incredibilmente simbolico. Don Primo Mazzolari fu, proprio come Don Coluccia che convive con la scorta per le minacce ricevute ma non si arrende, fu un prete che continuò a battersi tutta la vita contro ingiustizia e violenza, una figura mitica impegnata nella missione quotidiana, nell’esperienza di cappellano militare e come partigiano.
Chissà che Caterina anche lei non possa divenire almeno il nome di una strada o di un vicolo, di una fontanella, magari di un giardinetto per non scordarla e per non dimenticare. E’ importante sottolineare anche la sua morte inaccettabile per darci energia e forti motivazioni per affiancare tutte e tutti coloro che si oppongono alla barbarie che irrompono nella nostra vita quotidiana.
Paola Ortensi

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