Martedi, 14/03/2023 - Il 7 marzo, nella seduta dell’Assemblea legislativa della Regione Umbria è stata discussa l’interrogazione a risposta immediata di Tommaso Bori e Simona Meloni (PD) relativa alle “politiche a contrasto della discriminazione e della violenza di genere. Bando di riassegnazione della sede della Casa delle Donne di Terni”.
L’assessore Luca Coletto ha accolto la proposta della consigliera Meloni e del consigliere Bori di attivare un tavolo di concertazione per la Casa delle donne di Terni. “La Regione – dice Coletto - ribadisce la piena disponibilità a sostenere tutte le iniziative e le proposte per il contrasto della violenza di genere, compresa la Casa delle donne di Terni”.
L’Amministrazione comunale cittadina, invece, facente capo alla giunta Latini non si è espressa in merito.
Meloni intanto ci spiega le ragioni dell’interrogazione.
“Abbiamo attenzionato la vicenda perché in questi anni, con questa giunta, abbiamo avuto diverse difficoltà con quanto inerente ogni tematica di genere. La Casa, per me e per noi, non è solo un luogo di autodeterminazione, ma anche simbolo del lavoro di mutuo aiuto delle donne verso le donne, per le donne. Una realtà che lavora spesso in continuità con il centro antiviolenza. Attraverso l’interrogazione abbiamo chiesto il perché. Perché rischiare di lasciare indietro i più fragili, ma non solo. Perché troncare le ali a un’emancipazione di rilevanza?” esordisce Meloni.
Eppure l’unanimità sulle politiche di genere dovrebbe essere scontata: se proclamiamo che la donna è una risorsa, e lo è, che una donna che lavora aumenta l’indice del PIL, ed è così, che le competenze delle donne sono importanti, ed è una verità. La politica non si dovrebbe sottrarre mai e mai dovrebbe restituire lettera morta alla cittadinanza. Sillogismo.
“Il 40% delle donne – continua Meloni - ha perso il lavoro in fase di pandemia perché la cura si è resa un’emergenza: figli in DAD, genitori anziani e condizioni di inaccessibilità alle RSA. Se la donna è riconosciuta fondamentale nelle implicazioni di cura allora deve essere supportata anche nelle situazioni di maggior criticità. La Casa delle Donne è una realtà unica in tutta l’Umbria, una realtà virtuosa che insiste in un contesto già difficile come la città di Terni con tutti i suoi accadimenti che sono alle cronache e con un alto tasso di difficoltà giovanile. La nostra interrogazione rivolta all’assessore Coletto è chiara: riteniamo che vada riassegnata la sede senza se e senza ma. Non è possibile privare il territorio di una realtà come questa, fondamentale sul piano sociale, con le sue operatrici, le sue iniziative culturali, il suo valore in termini di contrasto alla violenza di genere”.
“La sola messa a bando della Casa rappresenta una scelta scellerata per tutta la comunità umbra, significa mortificare un lavoro fatto di etica, di responsabilità. E un accento particolare lo voglio mettere sulla data di uscita del bando: il 25 novembre. Un bando che esce nella giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne e dove non compare mai la parola ‘donna’. Mi ha fatto preoccupare: che futuro c’è nella mente di questa amministrazione? La Casa delle Donne è un luogo del cuore, va ricentrata, valorizzata, supportata. Si tratta di realtà che si nutrono della buona volontà, spesso anche di risorse personali anche sul piano finanziario e sul piano dell’investimento di tempo. Il bando è il danno oltre la beffa”- continua la consigliera - “Seppure in un comune più piccolo sono stata anche io nelle amministrazioni locali e so per certo che la prima pratica è quella dell’umanità. La Casa insieme al lavoro dei centri antiviolenza, merita di andare in continuità e di ricevere risorse economiche, non vogliamo dire agevolazioni, diciamo allora almeno delle attenzioni”.
“Se non riconosciamo il lavoro delle volontarie, non riconosciamo quello che è stato sancito dalle madri costituenti: i diritti acquisiti sono inalienabili ma non sono scontati. Vanno difesi. Sempre. Il rischio di retrocedere è dietro l’angolo. Allora evitiamo gli slogan, se poi le politiche che vengono messe in atto sono una minaccia per i valori. Mi auguro che la vicenda terminerà con una riassegnazione dello spazio e magari con un sostegno che riconosca il valore della Casa delle Donne di Terni, ma nel frattempo questo bando disconosce di fatto un lavoro di enorme prestigio. Abbiamo diramato la nostra nota stampa il 7 marzo, Coletto ha accettato di aprire un tavolo di confronto sulla vicenda, dall’amministrazione Latini stiamo ancora attendendo una risposta. Monitoreremo gli accadimenti, supportati poi da norme giuridiche che sanciscono la cittadinanza di genere” conclude Meloni.
A quel tavolo aggiungete un posto: parlate con chi coltiva la mediazione vivente nelle Case delle Donne. Parlate con chi quotidianamente profonde il proprio sapere e cura uno spazio delle donne per le donne.
Riconoscere la pratica della mediazione vivente che viene perpetrata e coltivata nella Casa delle Donne è indice di civiltà di genere.
La cittadinanza di genere è uno strumento di definizione della realtà di indispensabile valore. Rilegare la parità di genere su piani extra giuridici, per esempio, e prosciugarne la rilevanza sociale è una tattica.
Che va in primis riconosciuta, poi contrastata. Con segnali finalmente politici, finalmente pregnanti, finalmente attivi.
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