Martedi, 07/02/2023 - In tutta la regione Umbria c’è una sola Casa delle Donne, quella di Terni e l'’attuale amministrazione comunale l’ha messa “a bando”.
La sede della Casa, infatti, rientra in un bando di riassegnazione degli spazi comunali che dispone la partecipazione a gara per l’affidamento del locale sito in Via Aminale, nel cuore del centro storico cittadino.
Quanto operato dalle Case delle Donne, di pari passo con il lavoro dei centri antiviolenza, e spesso le due realtà coincidono, non può essere sostituito da semplici servizi. Che, peraltro, in molti casi i comuni non garantiscono.
Molte delle amministrazioni locali, che a vari livelli stanno intralciando la sopravvivenza di queste realtà, faticano a riconoscerne il valore.
È anche il caso dell’amministrazione ternana?
Abbiamo provato a chiederlo al sindaco Leonardo Latini, che purtroppo non ha trovato il modo di poterci rispondere. L’argomento è stato ritenuto troppo specifico. Ci rimanda all’assessore Cristiano Ceccotti, che ci ha dato appuntamento oltre dieci giorni dopo la scadenza del bando, fissata per il 15 di questo mese.
Le domande che avevamo proposto, ci dicono, “messe per iscritto, lasciano perplessi”.
Ecco le domande proposte:
· La Casa delle Donne è una realtà unica, storicamente radicata e funzionale all’autodeterminazione delle donne nel contesto comunitario, oltre che un ambito di mutuo aiuto di rinomato spessore in termini di emancipazione, da alcune situazioni di disagio in primis. Perché un’amministrazione dovrebbe decidere di metterne a repentaglio la sopravvivenza?
· Avete già individuato una alternativa di locazione qualora il bando non desse l’esito sperato alla Casa delle Donne?
· Avete previsto che la messa in discussione di una locazione stabile, unitamente alla mancanza di fondi coi quali pagare l’affitto richiesto, potrebbe determinare la scomparsa di questa e altre attività associative? Lo ritenete un bene? Quali le alternative?
Il bando di riassegnazione risponde a una logica squisitamente numerica tesa al pareggio di bilancio, tralasciando la valutazione della risonanza sociale di una eventuale mancata riassegnazione dei locali alla Casa delle Donne. Comportando di fatto che la nostra comunità rischi di fare a meno di tutto questo: • sportello antiviolenza, di ascolto, orientamento ai servizi e consulenza legale
• 95 laboratori/corsi di formazione
• 53 incontri tematici e formativi
• 63 presentazioni di libri
• 20 assemblee pubbliche
• 22 manifestazioni e flash mob
• 63 eventi (spettacoli, concerti, cene raccolte fondi)
• 17 mostre
• 10 gruppi di confronto e/o mutuo aiuto
Vogliamo sperare che all’incontro con l’assessore Ceccotti ci venga detto: nessun problema, la Casa ha ancora una casa ed il Bando non l’ha “sfrattata”. Ma riconoscere il valore delle Case delle Donne è lungi da quanto l’amministrazione sembra dimostrare. E a noi è proprio questo che ci interessava approfondire: per quale motivo una realtà storicamente positiva in termini di emancipazione, in termini di costruzione e consolidamento del valore della sorellanza, debba essere mistificata in un mare magnum indefinito.
Snaturando il senso di appartenere a una comunità: costruire insieme. Resistere.
Riportiamo da una nota dell’associazione Terni Donne:
“IL BANDO
È un bando non specifico sugli spazi di Via Aminale ma che riguarda una serie di locali comunali. È un bando che parla solo dell’affidamento degli spazi per i quali viene richiesto un affitto (quasi 3000,00 euro per i locali della Casa), eventualmente da scontare anche totalmente qualora vengano realizzate attività rivolte alla cittadinanza che non sono già svolte dall’amministrazione comunale.
Uscito nella settimana del 25 Novembre è un bando per gli spazi della nostra Casa in cui non compare mai la parola DONNE.
Il bando parla di spazi la cui finalità sia quella di favorire l’invecchiamento attivo e il benessere delle persone. Prevenzione e contrasto alla violenza di genere non pervenute.
Nonostante le garanzie che almeno sarebbe stata valorizzata la storia della Casa delle Donne, con questo bando viene cancellata l’esperienza di questi nove anni, non c’è traccia dell’interesse alla prosecuzione di un progetto che è diventato bene comune di questa città.
Siamo sopravvissute in questi anni tramite autofinanziamento e partecipazione a bandi. Siamo passate dal non ricevere contributi per le nostre attività a dover chiedere di non dover pagare per svolgerle
Nei numerosi confronti che abbiamo avviato in questi ultimi anni, questa amministrazione comunale si è sempre mostrata irremovibile sullo strumento del bando per l’assegnazione di questo spazio.
Noi riteniamo che la nostra esistenza e la vitalità di uno spazio come la nostra Casa delle Donne dovrebbe dimostrare alla politica 2 cose fondamentali:
1) non sempre il bando è lo strumento migliore per amministrare i beni pubblici e dare loro valore, restituirli alla cittadinanza, farli fruttare in termini di relazioni umane, servizi sociali, iniziative culturali, valorizzazione del territorio e dello spazio urbano.
2) non è possibile quantificare il valore sociale che una comunità genera nel momento in cui si occupa della gestione di un bene pubblico ed è perciò scorretto richiedere un affitto come corrispettivo del loro utilizzo.
La scelta di procedere con bandi di questo tipo ha portato già nel 2019 alla scomparsa dei centri giovanili della nostra città.
Come abbiamo sempre lottato continueremo a farlo.
Parteciperemo al bando, ma con rabbia e amarezza.
Una delle prescrizioni della Convenzione di Istanbul è quella di “Rafforzare il sostegno alle organizzazioni femminili indipendenti e il loro riconoscimento.”. Il Comune di Terni, proprio nella settimana del 25 novembre, la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza maschile sulle donne, ha cancellato il valore di quanto fatto dalla Casa in questi anni.
Parteciperemo a questo bando nella speranza di vincerlo perché siamo convinte che a violenza di genere si combatte dando spazio, sostegno e visibilità alle donne e riteniamo che sia fondamentale continuare a farlo, anche se non sembra essere una delle priorità della nostra amministrazione”. Petizione
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