Martedi, 04/10/2011 - “Non esistono diritti ai quali è possibili rinunciare: un diritto o è generale o non è”. Questo il messaggio, chiaro, lanciato dal segretario generale della CGIL Susanna Camusso, quando sabato scorso ha dialogato nel cortile della biblioteca Loria di Carpi con Tamara Calzolari. ‘Lavoro, diritti, cultura’: questo il tema discusso in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Libera Età Natalia Ginzburg. Argomento quanto mai attuale, data la visione del Governo – del ministro del welfare Maurizio Sacconi in particolari – così emerge dall’ultima manovra economica. Nell’articolo 8 della stessa trova infatti terreno fertile l’idea che alcuni diritti possano, in caso di necessità, considerarsi facoltativi. Sarà quindi possibile derogare ai contratti nazionali collettivi per stabilire, all’interno di singole aziende o territori, la cosiddetta contrattazione di prossimità. In questi casi, se concordato dalle parti, i lavoratori potranno rinunciare al diritto al reintegro a seguito di licenziamento senza giusta causa – come invece prevede l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Una china molto pericolosa, secondo il segretario della CGIL: “lo Statuto dei Lavoratori rappresenta l’applicazione pratica dei principi generali stabiliti nella nostra Costituzione. Un diritto, se esiste, vale per tutti indistintamente. Com’è possibile pensare che i lavoratori di un territorio godano di tutele sconosciute a quelli che hanno la sfortuna di risiedere in un altro posto? In questa maniera si spiana tra l’altro la strada ai cosiddetti sindacati di comodo”. Ma la critica alla concezione di società espressa dal Governo è globale, non riguarda solo le norme sul lavoro: “non c’è un’idea precisa di dove il Paese debba andare, non esiste un disegno unitario. L’unica linea guida è, oltre ad un fervore ideologico e ad una voglia di vendetta che trovo incomprensibili, il convincimento che il Paese debba essere nettamente suddivisa tra ricchi e poveri”. Idea ribadita anche dalla riforma - che Susanna Camusso dichiara di faticare a considerare tale – della scuola e dell’università voluta dal ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini. Un’istruzione pensata non per i WASP – White Anglo Saxon Protestant – ma per i WIRC – White Italian Rich Catholic: “una scuola per ragazzi bianchi, possibilmente benestanti. Per tutti gli altri, meglio iniziare in fretta a cercare un lavoro umile”. Susanna Camusso ha inoltre ricordato come,a fondamento stesso della nostra Repubblica, si trovi il Lavoro (art. 1). Tanto che, quando questo entra in sofferenza, è il sistema tutto ad esserne scosso. “Puntare sui giovani e sulle donne - lo ripete chiaramente – perché la politica deve comprendere che i soldi destinati a scuola ed istruzione non sono un costo, ma un investimento”. Investire sul futuro, questa la parola d’ordine. Altrimenti, se non si creano le condizioni per lo sviluppo, nessuna manovra economica potrà risolvere la situazione. Cosa ancor più importante, Susanna Camusso ha ribadito la concreta possibilità di conciliare diritti e competitività. Non si può infatti ragionevolmente pensare di rivaleggiare con i paesi emergenti “risparmiando” sugli individui. Lo stato deve tornare, in questo campo, ad essere uno degli attori in gioco: “occorre un serio piano di investimenti. Per anni, anche a sinistra, ci si era lasciati stregare dalle lusinghe del mercato. Dall’idea che esso, se lasciato agire indisturbato, avrebbe trovato al suo interno gli strumenti per auto regolarsi”. Ma nessuna mano invisibile è stata in grado di evitare il fallimento di Lehman Brothers, né di rimuovere la ruggine che ha fatto scricchiolare il mirabolante transatlantico sul quale viaggiava il sogno americano. Restano i fatti - la crisi economica globale - a smentire amaramente le idilliache visioni dei liberisti della Scuola di Chicago. Diversi studi indicano come i periodi di crescita economica dei paesi occidentali siano stati accompagnati da un allargamento del campo dei diritti, non dalla loro restrizione. Anche nella patria dei Regan e dei Bush, lo Stato di Barack Obama sta tentando di tornare a spendere per incoraggiare l’economia, in una riedizione aggiornata del New Deal keynesiano. Meno stato, più mercato: è stato questo il canto delle sirene che ha tratto l’Italia – insieme all’intero Occidente – verso le secche della recessione. Ogni discorso sul superamento dalla crisi resta tuttavia vano, se non si combatte in modo serio il macigno dell’evasione fiscale, vera e propria piaga italiana che, a seconda delle stime, oscilla tra i 250 e i 300 miliardi di euro l’anno. Ma, chiosa Susanna Camusso: “chi scopre ora, meravigliandosi, l’impotenza e la mancanza di progettualità del Governo e dei suoi ministri, arriva tardi. I segnali si potevano scorgere, per chi volesse vederli, già da molto tempo. Occorre una classe politica che si concentri sui problemi del paese, e non sui processi del Presidente del Consiglio”. In conclusione, salutando la folla che ha riempito il cortile della Loria per ascoltarla, il Segretario ha ammonito: “non dovremo abituarci ad essere più poveri, perché in realtà lo siamo già. Dovremmo imparare ad essere tutti un po’ più uguali. E’ giunto il momento che, a pagare, sia chi non l’ha mai fatto”.
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