Caro Ministro amo la musica classica e non me ne voglio andare all'estero
- Marianna Musotto, trombettista, denuncia "la musica leggera drogata con i talent show e quella classica derubricata. L’Italia mette in fuga le competenze musicali .."
Redazione Giovedi, 02/04/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2015
Marianna Musotto ha 28 anni, è una trombettista palermitana nata come jazzista, ha conseguito il diploma al Conservatorio di Trapani, si è laureata in Solismo, ha frequentato corsi di perfezionamento alla prestigiosa Accademia di Santa Cecilia, a Roma, ha fondato col pianista Francois Agnello il Duo Vocalise. Ed è arrabbiata, molto. Perché in Italia non si parla di musica classica. Poco in radio, se non in orario poco frequentati dai più; pochissimo in televisione. Rimangono i concerti a teatro, sempre più ridotti per mancanze di risorse. E per converso, a colpi di talent tra talent, impazza una 'leggera' drogata, ossia frutto non di anni di studio e perseveranza, ma di un concetto di talento immediato, improvvisato. La sua mission, insieme a Francois, è divulgare la cultura della musica classica, facendo comprendere che non è un genere di nicchia, ma accessibile a tutti. Quel che le fa più rabbia è che è snobbata a livello istituzionale, tra mancanza di fondi per la cultura, assenza di promozione e scarsità di concorsi. Ecco perché lo scorso 5 marzo ha scritto una lettera al Ministro ai Beni, Attività Culturali e Turismo, Dario Franceschini, da cui, dice, “mi aspetterei una risposta a dimostrazione, almeno, che c'è sensibilità e attenzione verso i giovani, come tanto questo Governo sostiene. E - aggiunge - verso i giovani che promuovono l'identità del Paese, perché si parla tanto di fuga di cervelli, rispetto alla ricerca e alle discipline scientifiche, ma anche rispetto alla cultura andrebbe aperto un ragionamento”. NOIDONNE ha deciso di pubblicarla nella sua versione integrale, sperando che il Ministro - anche attraverso le nostre pagine - risponda.
Lettera al Ministro Franceschini
On. Dario Franceschini
Ministro Ai Beni e alle Attività Culturali e al Turismo
mi chiamo Marianna Musotto, trombettista palermitana, ho 28 anni, un diploma al Conservatorio di Trapani, una laurea in Solismo a Siena, mi sono perfezionata con la Prima Tromba del Maggio Fiorentino, Andrea Dell'Ira, ho frequentato corsi alla prestigiosa Accademia di Santa Cecilia a Roma, ho fondato col pianista Francois Agnello il Duo Vocalise.
E vorrei non dovermene andare dall'Italia. Vorrei non dover nutrire la voce 'cervelli in fuga', vorrei stare qui, nel Paese in cui mi sono istruita, formata, che però troppo poco spazio lascia non tanto ai sogni, quanto a traguardi raggiungibili.
Amo la musica classica, come lei - ho letto anche i suoi libri - la narrativa. Eppure, in questo Paese, per la musica classica c'è troppo poco spazio.
Leggevo in questi giorni alcune sue dichiarazioni fatte a Bologna, a 3 anni dalla scomparsa di Lucio Dalla, in cui sostiene che i testi musicali, essendo vicini alla poesia, dovrebbero diventare materia d'insegnamento.
Ecco, nel condividerla, mi spingo oltre e le chiedo perché in Italia, dove nel 1501 è stata pubblicata la prima opera scritta su musica a caratteri mobili, c'è così poco amore e investimento verso questa disciplina.
Le parole d'ordine, anche sulla cultura, sono diventate 'costi' e 'tagli'. Quasi che il grande contributo di entusiasmo, energia, professionalità che noi giovani possiamo dare, tornando a riempire i teatri, non possa tradursi in ritorno economico. Ci date una possibilità? Vi ricordate che ci siamo? La musica classica non è una sconosciuta, per nessuno.
Si vuole fare credere che è un genere di nicchia, ma non è così. Certo, va divulgata. Può essere accessibile a tutti. Deve diventare accessibile a tutti, magari portandola nelle piazze e nelle chiese. Tutti i cittadini hanno il diritto di usufruirne e tutti i giovani artisti di praticarla.
Io ho 28 anni e non vorrei andarmene da questo Paese, che è il mio. Sarebbe un fallimento.
Ma a che prezzo devo rimanere fedele a questa 'etica'? Non ci sono audizioni, le grandi orchestre sono in crisi, non ci sono etichette di musica classica.
Si mercanteggia il business con la cultura.
Che futuro c'è? Anzi, c'è un futuro?
Io studio 5 ore al giorno, con pazienza e costanza, come me tutti i colleghi. Ma intravedere il traguardo è di una difficoltà immensa perché in realtà non c'è.
E non ne faccio una questione di genere, che sarebbe fin troppo facile, perché su questo fronte le penalizzazioni sono per tutti e sono semmai anagrafiche.
E tralascio, per evitare la ridondanza - le istanze vere, in questo Paese, vengono registrate come retorica - il discorso, completamente assente, della meritocrazia, che pare un 'vezzo' seppure anche il Governo di cui lei fa parte lo abbia posto tra i suoi obiettivi .
Oggi un artista, a meno che non pratici la musica leggera o abbia risorse economiche di diversa provenienza, non può vivere della propria arte.
E intanto, grazie a una produzione spropositata di talent, si consolida l'inganno sul concetto di talento, che non presuppone neppure più lo studio, se non parziale.
Io, però, a 28 anni sono stanca, sono esausta. Non voglio l'asciare l'Italia, non voglio andare in usufrutto ad altri Paesi, come la Francia, per fare un esempio, dove ci sono maggiori canali di realizzazione.
Parlate tanto dei benefici che porterà il Jobs Act, e se così sarà non posso che esserne contenta, per i miei coetanei soprattutto.
Ma anche la cultura è lavoro. Desiderare di praticare la propria arte, per cui si è investito tempo e denaro e sacrificio, non è un vezzo. L'artista, non è un mestiere di serie b.
L'arte, anche lei lo ha detto tante volte, è qualcosa che nobilita l'uomo e la società in cui vive.
Se anche noi giovani cediamo, se finiamo la benzina dell'entusiasmo, se andiamo altrove, cosa rimarrà della nostra identità? Dell'identità del nostro Paese?
Lascia un Commento