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Caro maschio io mi vergogno. E tu?

Caro maschio io mi vergogno. E tu?

- Conversazione con Roberto Mussapi sul femminicidio, barbarie quotidiana

Marina Caleffi Domenica, 10/03/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2013

La società dei maschi deve guardarsi dentro e rompere questa cortina di imbarazzato silenzio sul femminicidio. Deve agire nel presente. Chi non lo fa connive! Questo il cuore della preziosa conversazione con Roberto Mussapi, uno dei più grandi poeti italiani viventi, tra i più tradotti all’estero, scrittore e drammaturgo da anni oggetto di tesi internazionali. Un uomo che si occupa per mestiere della stoffa dell’ombra e delle cose del mondo, che prende posizione, che non tace sul femminicidio e su quella barbarie dal volto disumano che ogni giorno fa strazio donne e di bambine, a qualsiasi latitudine. Lo ha fatto recentemente con un’editoriale su Avvenire e lo fa oggi su NOIDONNE, cercando di leggere in controluce l’inconscio di tanta brutalità.

L’indignazione, certamente, non è uno stato filosofico, ma è la condizione necessaria per esprimere un giudizio, rompere il silenzio degli uomini, dire da che parte si sta.

“Un uomo pùo sospendere il giudizio su tutte le cose?Vorrei essere quest’uomo, questo non nato…su molto altro ma non su ciò che attiene uno dei mali archetipi della società. Sono rari, se non inesistenti, i periodi storici in cui la violenza contro le donne non si sia manifestata in una qualche misura.

Una violenza dalle radici profonde, di una parte dell’essere umano contro l’altra, che va affrontata con estrema durezza dal punto di vista sia giuridico, sia politico.”



In un tuo editoriale hai fatto un distinguo nella condizione delle donne tra Occidente e Oriente. Violenza, stupro, morte non conoscono né tetto né legge… qualsiasi la latitudine…

È vero, ma resta il fatto che in gran parte dei paese islamici la condizione della donne è letteralmente terrificante, sottoposta ad un regime di schiavitù e di subordinazione completa alla società dei maschi, anche in paesi non fondamentalisti.Questo è un aspetto rilevante, le differenze ci sono, al netto di tutto il relativismo possibile.

Resta il fattoche anche nel nostro Paese le cifre parlano di una ordinaria barbarie quotidiana. Ogni giorno una donna viene molestata, stuprata, abusata anche psicologicamente, picchiata selvaggiamente, uccisa. Da un marito, fidanzato, amante, geloso, infuriato, lasciato.Tutto questo mentre ogni minuto molti uomini tradiscono, lasciano, abbandonano, fidanzate, mogli, amanti. Il dato inconfutabile è che nessuno di loro subisce violenza dalle donne.



Questa violenza ha una radice primitiva mai estirpata dalla storia evolutiva?

Non vorrei che i primitivi si offendessero, perché potrebbe anche darsi che la donna abbia conservato un senso primitivo dell’essere fatto di sopportazione e di dono, e l’uomo anziché manifestare il meglio del suo istinto primitivo manifesti l’accumulo nevrotico di esperienze di guerra e di violenza stratificate nel dna. I primitivi sono anche coloro che si lasciano massacrare dai colonialisti, quindi c’è un’accezione innocente nell’aggettivo che non si addice affatto alle barbarie di cui stiamo parlando. Credo che l’istinto dell’uomo che uccide la donna derivi piuttosto dalla Storia, per esempio quella dei Conquistadores spagnoli che massacrano una popolazione in nome della cristianità.



La Storia non fa dunque bene all’uomo ?

È un fatto. Più la donna perde la sua aura magica più aumenta la violenza del maschio. Più la donna diventa strumentale al clan e alla famiglia, più l’escalation della brutalità s’impenna. L’aspetto più vergognoso è la troppa complicità maschile su questo argomento. Una sorta di rinuncia o rimozione che impedisce di affrontare il problema. Non esiste un atteggiamento di vera indignazione che accenda la luce sulla vergogna che un maschio come me dovrebbe provare. Esattamente come se io fossi un bianco nel Tennessee del 1950…come tale mi vergognerei profondamente.



Nell’essere umano, qualsiasi il sesso, può albergare l’impulso infernale di sopprimere la parte più innocente, creante e nobile di se stesso. Una sorta di autodistruzione cui tu spesso fai riferimento. Cosa intendi esattamente e in che misura ha a che fare con la violenza sulle donne?

L’uomo colpisce l’essere femminile perché è più facile abolire la parte più bella di sé, perché è quella che “funziona” più di uno specchio. Intendiamoci, il maschio può specchiarsi finchè vuole, ma farlo in una donna è più difficile, significa farlo nella parte migliore di sé. Salvo non accettare che ci sia qualcosa di migliore di lui nel mondo. Mutatis mutandis, la violenza contro la donna è come la bestemmia contro Dio. L’uomo non sopporta che ci sia qualcosa che lo sovrasti. Il maschio vuole vincere e soprattutto non sportivamente, anzi direi stupidamente dal momento che lo fa contro chi lo renderebbe vincitore. Ecco dunque perché la violenza contro la donna è una sorta di bestemmia cataneica, verso la custode del creato.



Noi siamo molto critici nei confronti delle società islamiche, che ogni giorno ci rimandano cronache di straodinaria brutalità, su donne e bambine, in taluni casi la morte è un dettaglio. Guardando in casa nostra le statistiche non disegnano una società migliore. Cos’altro c’è di non detto?

La violenza contro la donna nasce anche dalla volontà inconscia del maschio di fargliela pagare. Nella nostra società, le statistiche fanno impressione e suffragano purtroppo la mia teoria: nella società occidentale, apparentemente più civile, dove le donne godono di più diritti rispetto alle società islamiche, le concquiste ottenute in questo secolo hanno scatenato la violenza del maschio che non sopporta che la donna si è permessa di proclamarsi e sentirsi libera, e uguale.

Il fidanzato, marito, amante, brutalizza e ammazza perché deve farle anche scontare che lei si può permettere di abbandonarlo, separarsi o avere un’altra relazione. In sostanza di avere un diritto, e la libertà di prenderselo, che spettava solo ai maschi. In altre parole l’uomo in Occidente rivendica quei diritti di proprietà che gli sono stati sottratti. A dirsi: tu donna mi hai tolto il dominio su di te, ma adesso non puoi sgarrare… in ogni gesto di violenza oggi l’uomo fa pagare inconsciamente alla donna i diritti per cui lei ha lottato. Diritti non concessi, ma conquistati malgrado lui.



Perché è decisivo oggi che l’uomo rifletta su se stesso, faccia traboccare il proprio disgusto, esca allo scoperto ad alta voce, agendo e prendendo una posizione in prima linea contro il femminicidio?

Il maschio democratico che non prende una netta e manifesta posizione su quest’emergenza è come il cittadino del Sud che non prende personalmente posizione contro le mafie, tranquillizzandosi all’ombra della propria onestà, e pensando che la questione attenga a giudici, polizia, associazioni e studenti. In entrambi casi qualunquismo e silenzio equivalgono a connivenza.

Per un maschio essere in prima linea su questo fronte significa stare dalla parte migliore della sua vita. Difendere cioè i diritti di quella parte senza la quale non esisterebbe. Quindi entrando in azione e dicendo “I rise” difende soprattutto se stesso. Ecco perché assimilo la violenza contro le donne alla bestemmia della vita.



Qualsiasi l’orizzonte, religioso o profano.





La versione integrale dell’intervista è su: http://www.noidonne.org/blog.php?ID=03957





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