La morte (forse un suicidio) di una grande femminista italiana
Venerdi, 17/01/2014 - “…….il femminismo – accettato o osteggiato, discusso con scientifico distacco o pubblicitato nei modi tipici del consumismo culturale, contestato o addirittura rifiutato con i più rigidi viscerali sbarramenti difensivi – è ormai comunque, irreversibilmente, una costante del panorama umano e sociale, in Italia come in tutti i paesi dell’Occidente. Provocatoriamente presente nei settori più diversi della vita associata, culturale e politica, pronto allo scatto della protesta dovunque più vistosa si esprima la violenza antifemminile, capace di mobilitare da un giorno all’altro decine di migliaia di donne nei momenti cruciali delle sue battaglie; movimento di massa che ha ormai superato i confini elitistici, intellettuali e borghesi della sua origine, per conquistare fabbriche, scuole di ogni ordine e grado, province depresse, periferie proletarie e sotto proletarie, che ha contribuito a rivitalizzare e orientare tutte le organizzazioni femminili preesistenti, che inevitabilmente si impone all’attenzione, al confronto e al calcolo dei partiti politici; forte di una sempre più vasta e spesso più altamente qualificata letteratura specialistica e di tutto un corredo di centri di produzione, teatri, librerie, case editrici, consultori, gruppi di studio e di documentazione, circoli di lavoro per quartieri; soprattutto portatore di un’analisi che non solo ha affrontato la realtà femminile in tutta la molteplicità delle sue innumerevoli facce, evidenti e nascoste, ma che ha capovolta l’ottica delle precedenti analisi, tendenti a circoscrivere la questione nell’ambito dello sfruttamento capitalistico, per la rimessa in discussione di una politica prevalentemente economicistica.
 Il femminismo infatti muove non più dall’osservazione del ‘sociale’ ma del ‘privato’ (cioè di quel ‘vissuto’ in cui ogni donna quotidianamente sperimenta la propria sudditanza, attraverso gli eventi spiccioli della più minuta fenomenologia esistenziale come nello scontro coi più gravi e coinvolgenti problemi della maternità, della sessualità, del lavoro domestico obbligato) per un confronto e una verifica fra donne dove i più drammatici conflitti, da sempre gestiti e sofferti in solitudine, come fatti strettamente personali e non condivisibili, si rivelano dato costante di una condizione comune, problema non più privato quindi, ma ‘sociale’, dunque ‘politico’”.
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