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Capolavori della scultura buddhista giapponese, prima volta in assoluto a Roma

Capolavori della scultura buddhista giapponese, prima volta in assoluto a Roma

Fino al 4 settembre 2016 alle Scuderie del Quirinale - intervista alla yamatologa Laura Ricca (Comitato Scientifico Culturale)

Venerdi, 19/08/2016 -
L’unicità di questa mostra è di aver riunito, per la prima volta in assoluto, ben 21 opere rappresentative del periodo Asuka (VII-VIII secolo) fino al periodo Kamakura (1185-1333). Mostra inedita, quindi, mai allestita prima nemmeno nello stesso Giappone, in quanto molte di queste opere sono difficilmente accessibili, trattandosi per lo più di sculture con funzioni rituali, realizzate e conservate in templi e santuari.

Ne parliamo con Laura Ricca, componente del Comitato Scientifico Culturale di parte italiana, yamatologa, già research fellow presso l’Università del Tohoku di Sendai, in Giappone, autrice di numerose pubblicazioni fra cui “La tradizione estetica giapponese. Sulla natura della bellezza” (Carocci).



Cosa pensa della possibilità di rendere accessibili opere di questo calibro in Europa e in particolare in una città come Roma?



Abbiamo lavorato duramente per raggiungere questo obiettivo considerandolo una specie di missione. Questa mostra contribuirà ad avvicinare il pubblico italiano ed europeo non soltanto, genericamente, all’arte nipponica, ma ai suoi capolavori scultorei, quelli più ingiustamente sconosciuti in Occidente. Sarà così possibile per tutti condividere la commozione di Fosco Maraini che nelle sue Ore Giapponesi registra come segue l’incontro con l’imago scultorea di Miroku Bosatsu (in sanscrito Maitreya, tempio Chūgū, Nara): "Quale artista mai, in Oriente o in Occidente, nei tempi antichi ed in quelli moderni, è riuscito con la medesima celestiale purezza di mezzi a raggiungere un’immagine così pungentemente umana della sollecitudine divina? [...] ecco qui figurata la concezione chiave del buddhismo settentrionale, quella del Bodhisattva. Cioè l’essere, l’ente, colui che ha raggiunto l’illuminazione, che ha capito, che ha visto, ma che non vuole godere per sé la maturazione del bene, che rivolge invece accorato gli occhi di su la soglia invisibile al vortice del divenire nel quale, per ignoranza, riddano accecati dal desiderio i vivi. Rivolge gli occhi e resta con loro. Sa, e partecipa. Che si tratti di Sakyamuni, il Buddha della storia, di Maitreya o di Kannon, il concetto in essenza non muta; insieme all’altro occidentale del redentore esso costituisce il vertice più alto, più nobile, più bello cui sia giunto l’uomo di fronte ai misteri della vita e della morte, della gioia e del dolore” (Fosco Maraini, Ore giapponesi, Corbaccio, Milano 2002, p. 243). Credo che non possiamo più permetterci di continuare a ignorare immagini come quella che ha ispirato queste parole... In particolare questo capolavoro assoluto, Tesoro Nazionale, non è purtroppo pervenuto, ma lo si può ammirare nel pannello espositivo ed è ampiamente illustrato nel film della mostra realizzato nella forma di "video simposio" tra i membri del comitato scientifico di parte italiana per introdurre il visitatore italiano e straniero in un mondo estetico e culturale ancora sconosciuto in Occidente, mettendone in evidenza i presupposti filosofici e religiosi e, al tempo stesso, gli elementi di raccordo e confronto con l'arte occidentale, in una prospettiva interculturale ispirata dal valore universale della scultura buddhista giapponese. La regia è di Francesco Lizzani ed Enrico Masi e il film è stato prodotto dall'Alma Mater Studiorum-Università di Bologna, Scuola di Psicologia e Scienze della Formazione-Dipartimento di Scienze dell'Educazione, in collaborazione con Caucaso Factory e con il supporto del Laboratorio MELA. Si tratta di una scultura in legno di canfora realizzata nella seconda metà del VII secolo che rappresenta il Buddha del futuro, Maitreya, un bodhisattva che dimora in un regno celeste nell’attesa di ritornare in questo mondo come nuovo Buddha per predicare un’altra volta il Dharma (la “Legge”) e dare l’avvio a un’era di pace e beatitudine, mettendo fine a un’epoca di decadenza.



Queste opere rappresentano e suscitano emozioni spirituali molto forti. Ci può dare una sua opinione, un suo “codice” di interpretazione?



In Giappone la ricerca della bellezza è un esercizio dello spirito, una Via per giungere all’Assoluto; è questo l’obiettivo che l’arte giapponese si prefigge: un atteggiamento estetico, quello dei giapponesi, che può essere perciò definito “religioso”. Alcuni capolavori scultorei esprimono proprio questo profondo senso di “religiosità”, o meglio, di trascendenza. La scultura buddhista, che fiorisce tra il VII e il XIII secolo, rappresenta una componente fondamentale della produzione artistica tradizionale e costituisce un capitolo a parte nella storia dell’arte giapponese per il suo realismo, differenziandosi da altre importanti forme artistiche, in particolare legate allo zen. Lo zen, che si consolida nel periodo Kamakura, quando peraltro la scultura sacra raggiunge il suo apice, tende a una rarefazione materica e stilistica dei linguaggi artistici in direzione del vuoto e dell’indefinito, per approdare a una dimensione di spirito sulla base di un codice della sensibilità inseparabile dall’esperienza quotidiana. Dopo il periodo Kamakura il primato artistico detenuto dalla scultura passerà alla pittura e alle arti decorative. La profondità spirituale è una delle caratteristiche fondamentali del bello in Giappone e, anche nel caso della scultura, è particolarmente evidente. L’arte scultorea, con l’intensità della sua rappresentazione, svolge un ruolo essenziale nelle pratiche cultuali; la statua del Buddha, al centro del rito liturgico, rappresenta il tramite tra i fedeli e la divinità, creando tra loro un senso di comunione. Il sorriso che affiora sul volto enigmatico del Buddha - uno dei tratti peculiari dell’iconografia buddhista - è un sorriso interiore, estatico, il riflesso della gioia spirituale e della beatitudine ultraterrena, della saggezza e della compassione. Benevolenza incondizionata, bellezza, armonia: questa la visione del divino che ci viene offerta.



Esiste un legame diretto fra la scelta dei materiali scultorei e le diverse scuole o gli insegnamenti che vengono trasmessi?



La scelta del materiale, il legno fondamentalmente, è legata al rapporto speciale che i giapponesi hanno con la natura. Anche le loro abitazioni sono di legno, ma su questo punto non voglio dare anticipazioni; il pubblico capirà vedendo la mostra e, soprattutto, leggendo il catalogo.



Ci sono opere o tecniche che possano essere ricondotte ad artiste o a monache?



Nel caso di queste sculture no. Non dimentichiamo però il ruolo fondamentale svolto in Giappone dalle donne in ambito letterario. Il più importante romanzo della letteratura giapponese classica e uno dei grandi capolavori della letteratura universale, il Genji monogatari (Storia di Genji) è stato scritto intorno all'anno 1000 dalla dama di corte Murasaki Shikibu, vissuta nel periodo Heian (794-1185) e discendente di un ramo secondario della potente famiglia Fujiwara.



Alla redazione di NOIDONNE non è potuto sfuggire che il Comitato d’Onore per il 150° anniversario delle relazioni tra Giappone e Italia sia al 100% femminile. L’attenzione e le competenze delle donne possono creare belle reti e bei progetti, cosa ne pensa?



Sicuramente… ci sono tutti i presupposti.

 



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La mostra è curata dal prof. Takeo Oku e organizzata dal Bunkachō; (Agenzia per gli Affari Culturali del Giappone) con l'Azienda Speciale Palaexpo, con la collaborazione di Alma Mater Studiorum-Università di Bologna, Scuola di Psicologia e Scienze della Formazione, Dipartimento di Scienze dell'Educazione e il supporto di MondoMostre.



Altre info su: https://www.scuderiequirinale.it/categorie/comitato



Vedi il servizio in spagnolo su EFE.COM

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