Cannes all’insegna della sensualità e del desiderio
Cinema - La Palma d’Oro a ‘La Vie d’Adèle - Chapitre 1 & 2’ di Abdellatif Kechiche: un premio unico al film e alle due attrici
Colla Elisabetta Domenica, 07/07/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2013
Inno alla libertà d’espressione, alla pienezza della vita e dei sensi, alla passione insaziabile per tutto ciò che è desiderabile, il film vincitore della Palma d’Oro a Cannes 2013, ‘La Vie d’Adèle - Chapitre 1 & 2’, ha trionfato alla 66esima edizione del Festival più importante del mondo, sfiorando il capolavoro, perché diretto da un grande maestro, il regista franco-tunisino Abdellatif Kechiche (Cous Cous, La schivata), ma anche perché capace di toccare profondamente sentimenti veri, privi di infingimenti, e di condurci nell’attraente mondo/corpo/pensiero di una ragazza che si affaccia alla vita, conosce l’amore e si abbandona ad esso completamente. Nel primo capitolo, Adèle ha 15 anni, studia da maestra e si affaccia alla vita sentimentale e sessuale, mangia famelicamente, è curiosa di tutto, ha una storia con un coetaneo ma ne resta insoddisfatta, finché non conosce, in un locale gay, Emma, la ragazza dai capelli blu che cambierà la traiettoria e gli orizzonti di Adèle: conoscere il vero amore, l’unione mente-corpo (belle e credibili le scene di sesso) rende forti e favorisce il percorso identitario, fino al successivo capitolo (2). Qui troviamo un’Adèle più grande, più consapevole, sempre vitale: il tempo è importante, sembra dire il regista, gli anni del ‘fuoco’, della formazione, ci rendono quello che siamo, trasformano noi e gli altri, e questa idea prelude a futuri capitoli del racconto. Grazie ad una regia che segue ovunque la protagonista sviscerandone ogni sguardo, sospiro, esitazione, entriamo fin nelle profondità più remote della ragazza e del suo cercare senza posa, senza requie, sensazioni, bellezza, vitalità, sogno: le oltre tre ore del film sembrano volare. Si sarebbe potuto dubitare che un Presidente della Giuria come Steven Spielperg (americano, politicamente corretto, autore fra gli altri di molti film di puro intrattenimento) potesse avallare, e forse proporre?, la vittoria di un film incentrato su una lesbo-story, basato liberamente su una graphic-novel (‘Le bleu est une couleur chaude’ di Julie Maroh), realizzato da un regista tunisino e invece, mai farsi ingabbiare dagli stereotipi!, ha saputo riconoscere il grandissimo talento di Kechiche, maturato alla luce della più grande insegnante che possa esserci (questo anche uno dei messaggi del film, contro l’apprendimento formale): la vita. Evento mai accaduto a Cannes, il Premio è stato espressamente conferito non solo al film, ma anche alle due giovani protagoniste, Adèle Exarchopoulos (vera rivelazione) e Lea Seydoux (bravissima nella ricerca delle sfumature del suo ruolo), come motivato dalla giuria: “preso atto dell'eccellenza di tre artisti, Adèle Exarchopoulos, Léa Seydoux e Abdellatif Kechiche”. Il regista ha voluto dedicare film e premio “alla bella gioventù di Francia incontrata nel corso delle riprese, che mi ha insegnato molto sulla speranza di libertà e del vivere insieme in armonia”.
Il film sarà nelle sale grazie alla ‘indipendente’ e preziosa (ce ne fossero!) Lucky Red.
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