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Camille Claudel: scultore. Anzi, scultrice

Camille Claudel: scultore. Anzi, scultrice

La storia di un’artista finita in manicomio come molte donne che osavano sfidare le “regole” e le abitudini borghesi di fine ‘800. Un libro che fa riflettere sulla necessità di non fermare mai la lotta per i diritti delle donne.

Giovedi, 08/08/2013 - Un libro avvincente (presentato dal Comune di Pisa, dall’Associazione Fidapa, con la collaborazione di Arte e Psicoanalisi, nella sala Convegni del Palazzo Blu di Pisa, il 25 maggio 2012), che evidenzia la lotta, purtroppo individuale, di Camille Claudel, un’artista che vive sfidando le abitudini borghesi di fine ‘800. Le lotte del MLD sono segnate anche dai sacrifici di molte donne come Camille, purtroppo slegate dalla forza di un Movimento, che hanno precorso i tempi e non a caso, sono state represse. Chi osava sfidare la morale borghese all’epoca di Camille finiva internata in Convento o in Manicomio. Il libro non racconta soltanto la vita di una grande artista, allieva e collaboratrice nella bottega di Rodin, ma offre una panoramica socio politica delle lotte per la trasformazione dei manicomi, tutte nate da sani impulsi di difesa della dignità umana. Leggendo si comprende come mai la Storia dell’Arte sia caratterizzata da figure maschili. All’epoca di Camille, ad esempio, l’iscrizione all’Accademia delle Belle Arti era proibita alle donne, e la scultura poi veniva considerata inopportuna e maschile. E’ il padre a inserirla nella bottega dello scultore Rodin, il quale viene non solo incantato dalla bellezza della giovane, ma anche sedotto dal suo talento artistico, al punto di non poterne più fare a meno in tutti i sensi –nota per aver precorso l’Art Nouveau-. Così Camille, da allieva diventa presto amante del suo Maestro, che la farà anche abortire. Invischiata in questa relazione conflittuale, che rispecchia dinamicamente la sua storia biografica (nata dopo un fratellino morto, e rifiutata da una madre fredda e anafettiva) Camille non riesce a vivere liberamente la sua opportunità sentimentale con Debussy, al quale regala una piccola scultura, “Valzer” -rappresentante il loro idillio- che il musicista non sposterà mai dal suo pianoforte. Tale opera, come tutte le altre, rappresenta l’autrice stessa, “..Una relazione in cui possa sentirsi avvinta senza essere prigioniera, come in una danza, in cui ci si deve armonizzare, ma conservando ognuno la propria individualità… Ma le catene delle relazioni primarie, irrisolvibili dentro di lei, la riportano a Rodin”, quel Maestro che diventa anche un rivale nella vita e nell’arte. Con le sue opere Camille anela verso la riparazione dell’immagine materna, anelito verso un’idealità fatta di cose non sue. Come ogni artista Camille si rivede nelle sue opere come in uno specchio, ma l’immagine sfuggirà a ogni riconoscimento fino alla distruzione concreta di alcune di esse. Rifiutata da tutti per la sua condotta, la giovane s’isola fino alla perdita dell’autostima. Dopo la morte di suo padre, per volere della madre, è internata in manicomio per trenta lunghi anni e così muore –non solo di fame e di freddo, come morivano tutti gli internati-, ma soprattutto nel freddo del non amore e del non riconoscimento al suo valore di persona e d’artista. Camille, donna che dava scandalo perché precorreva i tempi, perché non si era dedicata –come scriverà- a comprare cappellini o bei vestiti e addirittura per il suo lavoro che poteva nuocere alla carriera diplomatica del fratello! Da una lettera di Camille (recapitata segretamente perché era proibito perfino scrivere!) scritta dal Manicomio al fratello Paul si evince tutto il suo dolore per essere stata derubata del suo talento. Una dinamica mai risolta quella con Rodin, anche se nelle sue accuse c’è qualcosa di vero, un dolore irrisolvibile che abita la sua anima ferita, un’accusa a tutto un sistema: “…L’immaginazione, il sentimento, il nuovo, l’imprevisto che nasce da uno spirito evoluto, tutto questo era loro precluso, a quelle teste murate, a quei cervelli ottusi, eternamente chiusi alla luce, per cui avevano bisogno che qualcuno gliela donasse: ‘Ci serviamo di una pazza per trovare i nostri soggetti’…. E’ lo sfruttamento della donna, l’annientamento dell’artista a cui si vuol fare sudar sangue”.



M.Mosco, L. Trabucco, L.Maccioni, M.T. Morasso, M.Ercolani, L. Frisa

CAMILLE CLAUDEL: scultore; Un’identità problematica, tra arte e follia

Edizioni NICOMP L.E.

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