Giovedi, 16/12/2010 - Ieri si è svolto un importante dibattito sul tema Donne e PA: Il management femminile come risorsa nel settore pubblico e nel settore privato, promosso dall’AGDP (Associazioni Giovani Dirigenti Pubblici) e dall’Osservatorio Donne nella PA, col patrocinio del Dipartimento delle Pari Opportunità ed in collaborazione con il Dipartimento della Funzione Pubblica e il Dipartimento delle Politiche per la Famiglia. Le testimonianze riportate da vari settori pubblici e provati hanno sottolineato la presenza di gap fortissimo tra donne e uomini nelle posizioni apicali e dirigenziali delle aziende statali e non. Se il dato dell'occupazione femminile in Italia è già di per sè un problema (42,7% la media delle occupate italiane contro il 60% previsto dalla UE nella strategia di Lisbona e del 75% della nuova strategia Europa 2020), ancora più triste è riscontrare che, nemmeno nei settori in cui le donne sono occupate più degli uomini, si possa per loro delineare un futuro da "capi". Questo è vero anche per la politica e per le dirigenze dei partiti, in cui ancora le quote sembrano l'unico rimedio, almeno per fronteggiare l'emergenza delle "donne mancanti", per usare una definizione del grandissimo Amartya Sen. Quello che sfugge spesso, nonostante lo spazio al dibattito sia sempre maggiore e questo di per sè è già un dato positivo, è come riuscire a fare "sistema". Come si riesce a conciliare maternità e carriera? Come si può intervenire sulla cultura maschile e maschilista? Come si riesce a pensare ad un management al femminile che non ricalchi i pessimi vizi degli uomini, ma risponda alla "differenza", il cui riconoscimento è un valore per cui le donne lottano da più di trent'anni? Nonostante l'art.21 del collegato al lavoro, istituisce una versione aggiornata e più "forte" dei CPO che diventano CUG, come si potrà rendere questi organi forti e strutturati? La mancanza di formazione sui gender studies e sulla cultura delle pari opportunità resta sempre un macigno sulla testa di dipendenti donne e uomini che siano, tanto nel settore pubblico che nel privato. Tutto torna alla fine. La mancanza di un dibattito e di una "accademia di genere" che faccia sistema, pur avvalendosi di strumenti alternativi, si riflette dunque non solo sull'assenza di cultura in tal senso, ma anche sulla possibilità di applicazione di leggi per quanto "innovative" che siano.
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