Il film diPaola Cortellesi parla di violenza contro le donne: è ambientato nel 1946 ma, in fondo, parla di discriminazioni e violenze ancora attuali, in cui ogni donna, ogni ragazza, può riconoscersi
Sicuramente la violenza fisica che Ivano, il “capo famiglia”, perpetra contro sua moglie Delia ha un ruolo centrale all’interno della narrazione, mail film si compone anche di molti altri piccoli – ma costanti – riferimenti che mettono in scena la costante violenza a cui tutte le donne sono esposte. Nel corso di tutto il film è infatti ben evidente la violenza sistemica a cui è sottoposta ogni esistenza femminile.
Lo vediamo quando la giovane Marcella viene strattonata dal suo fidanzato che, con tono minaccioso, le sussurra “tu sei solo mia”. Lei immediatamente si incupisce, ma poi ha cerca di giustificare la reazione del giovane raccontandosi che è frutto dell’amore che prova per lei. Al contrario, sua madre Delia, vittima da anni di violenza domestica, coglie immediatamente il segnale e si adopera per salvare Marcella dal suo stesso destino. E tale immediatezza è estremamente significativa del rapporto tra questa madre e questa figlia: Delia, che ha sempre accettato in modo rassegnato le aggressioni del marito, di fronte al rischio che possa accadere anche a sua figlia, sembra quasi risvegliarsi, assumere una consapevolezza diversa, che questa volta la porta a reagire, sebbene sempre di nascosto e in modo defilato. E anche in questo il film racconta perfettamente l’esperienza femminile, fatta di infinti stratagemmi che tutte noi impariamo a mettere in atto sin da molto giovani per uscire dalle situazioni di difficoltà o, nel peggiore dei casi, di pericolo.
Lo vediamo poi quando Delia porta a tavola della cioccolata donatale da un soldato americano e suo marito la accusa di essersi comportata da “baldracca” (e poi la punisce picchiandola). La minaccia di non essere più associate a delle donne per bene, a delle donne – spesso mogli e madri – rispettose, ricade ancora oggi sulle donne ed è utilizzata dalla società patriarcale per rimetterle al loro posto non appena provino anche solo a discostarsi dalle rigide regole che vorrebbero controllarle. Delia con quella cioccolata conquistata una piccola porzione di autonomia, che, esercitando prima violenza psicologica e poi fisica, le viene subito contestata e portata via.
Lo vediamo infine ogni volta che Delia deve nascondere un po’ dei soldi che lei ha guadagnato per non consegnarli tutti al marito: tutte le nostre nonne hanno fatto questo gesto, ma ancora oggi moltissime donne sono costrette a farlo, come dimostrato dal fatto che il 37% delle donne italiane non possiede un proprio conto corrente[1]. E non è una questione di ricchezza, ma di indipendenza: avere un proprio patrimonio permette di essere libere. Per questo si parla di violenza economica.
Quella di genere è una violenza sistemica perché riguarda ogni aspetto della vita di ogni donna: nella giornata internazionaleper l’eliminazione della violenza contro le donne dobbiamo tener conto che non stiamo combattendo“solo” contro gli schiaffi, ma contro la mentalità patriarcale radicata nella nostra società, che condanna le donne a un’esistenza insicura e spesso precaria.
[1] A. Rinaldi, “Il denaro e le donne. Ripartiamo dall’emancipazione finanziaria”, in Econopoly – ilSole24ORE, https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2021/02/04/denaro-donne-emancipazione-finanziaria/?refresh_ce=1 .
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