Parità/ Emilia Romagna - Con interventi della regione e del FSE finanziati assegni di cura, formazione per lavoratrici a rischio disoccupazione e per favorire i percorsi di carriera
Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2005
Ci sono gli assegni che hanno consentito a donne over 45 a rischio disoccupazione di frequentare corsi di formazione per favorirne una più facile e soddisfacente ricollocazione nel mondo del lavoro, le indagini per comprendere le dinamiche che “bloccano” i percorsi di carriera delle donne e per individuare strategie di rimozione, la formazione per gli operatori dei centri per l’impiego, finalizzata a migliorare la loro capacità di intervento nei confronti delle donne disoccupate.
Queste sono solo alcune delle “buone pratiche” per le pari opportunità realizzate nel territorio provinciale modenese dalla Regione Emilia-Romagna col contributo del Fondo sociale europeo. Un contributo che, in tutto il territorio regionale, è arrivato a oltre 100 milioni di euro.
Ciò che emerge dall’analisi dei progetti realizzati dalla Regione Emilia-Romagna attraverso il Fse sono dunque interventi mirati su particolari categorie (over 45, donne a rischio disoccupazione, imprenditrici, lavoratrici con pesante carico familiare, atipiche), per le caratteristiche proprie di una provincia in cui l’occupazione femminile è tra le più alte d’Europa. Nel 2003 era infatti al 61,5%, contro una media regionale del 60,2% e una media nazionale del 56%: sia la provincia di Modena che la Regione Emilia-Romagna hanno dunque già superato gli obiettivi di occupazione femminili dati dall’Unione Europea ai paesi membri per il 2010 (60%). “Questi dati – commenta l’assessore Bastico - fanno emergere che le attività di formazione finanziata da Fse e Regione nonché le politiche attive per il lavoro hanno prodotto risultati importanti: un innalzamento delle competenze femminili e una forte partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Dal 2000 ad oggi abbiamo investito più di 100 milioni di euro sull’asse del Fse che riguarda le pari opportunità, a cui vanno aggiunte le attività trasversali a tutti gli assi. L’Emilia-Romagna, del resto, è stata indicata dall’Ue come esempio particolarmente positivo per la qualità, la quantità - anche in termini di impegno finanziario - e la trasversalità delle politiche rivolte alle donne”.
Un esempio di questa modalità di intervento sono ad esempio le azioni (avviate nel 2003) per il sostegno alla stabilizzazione del lavoro delle atipiche attraverso azioni formative che ne adeguino la professionalità alle nuove esigenze del mercato del lavoro. Tra le “buone pratiche”, viene inoltre presentato un intervento che promuove, attraverso la formazione delle assistenti familiari, l’emersione dal lavoro irregolare di queste lavoratrici, per lo più straniere.
Ma è in particolare sulla conciliazione tra lavoro e cura della famiglia che la Regione ha inteso investire: “Le donne emiliano-romagnole, e modenesi in particolare – spiega l’assessore Bastico - mettono insieme, tra lavoro in casa e fuori, oltre 60 ore di lavoro settimanale, mediamente 14 ore in più dei propri compagni o mariti”. Ecco allora la sperimentazione – ancora in corso - degli assegni di cura, per consentire alle lavoratrici l’acquisto di servizi (baby sitter, assistenza per gli anziani) che altrimenti dovrebbero svolgere in prima persona.
“Ma tutto ciò non basta ad alleviare la fatica delle donne. Il tema della lotta alle discriminazioni non è questione che possa essere affrontata solo a livello istituzionale: deve necessariamente coinvolgere le parti sociali e l’intera società. La condizione delle lavoratrici, infatti, non è un tema ‘da donne’ – con tutto il carico di segregazione e marginalità che l’uso di questo termine comporta – ma viceversa è questione portante per lo sviluppo economico e sociale della nostra regione e del Paese in generale. E occorre anche una rivoluzione culturale interna alle famiglie, per un giusta ripartizione del lavoro di cura tra uomini e donne”. Su questo particolare e innovativo livello di intervento la Regione Emilia-Romagna è intervenuta anche nel territorio modenese, attraverso azioni formative destinate al personale della scuola per favorire la rimozione degli stereotipi di genere, quelli che fanno sì – ad esempio – che le bambine pensino di non poter studiare per diventare astronauta o ingegnere edile”. C.M.
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