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Buon 9 marzo

Buon 9 marzo

Oggi e tutti gli altri giorni si può scegliere da che parte stare.

Lunedi, 09/03/2015 -
L’otto marzo dello scorso anno le donne in Italia hanno manifestato per difendere la legge 194, in solidarietà con le donne spagnole che si trovavano nel pieno della campagna #Yodecido contro la proposta di legge retrograda sull’aborto dell’allora Minisistro Gallardòn. Quest’anno  invece i cuori battevano all’unisono con le combattenti curde, capaci di resistere per mesi all’assalto delle milizie dell’Isis riuscendo a liberare, lo scorso 26 gennaio, Kobane, città che è divenuta simbolo di questa lotta combattuta allo stremo delle forze. Le donne curde , armi alla mano, hanno ricordato come in alcuni luoghi del mondo sia necessario difendere con il corpo la libertà dall’assalto fondamentalista e patriarcale, come accade in altri posti del mondo dove le donne si battono quotidianamente per il diritto all’istruzione, per una vita libera dall’incubo di una mutilazione genitale o da un matrimonio precoce, come scrive Emanuela Zuccalà nel suo bellissimo speciale per l’8 Marzo su Io Donna.



Dal Kurdistan è anche partita in questi giorni la Carovana Femminista, azione femminista internazionale nata in seno alla Marcia Mondiale delle donne, che vedrà un gruppo di alcune attiviste provenienti da vari paesi d’Europa viaggiare per tutto il continente fino al prossimo ottobre con lo scopo di mappare le resistenze delle donne nei vari territori e incontrare l’attivismo locale.



Perché è così forte l’ammirazione che sentiamo per le donne curde? Quale nodo mettono in evidenza? Probabilmente ci dimostrano che si può combattere contro un nemico esterno e al tempo stesso condurre altre battaglie, a partire dalla giustizia sociale ed economica all’interno della società da cui si proviene, rispettando al tempo stesso l’ateismo e i credi religiosi, abbracciando una molteplicità di valori che insieme formano una visione alternativa. Una visione profondamente femminista che però non è nata in una società ricca, bianca o urbana. Non sono i fucili l’elemento più rivoluzionario, ma la potenza teorica e pratica del cambiamento prodotto in una zona del mondo dove forse anche molte femministe fino a poco tempo fa pensavano che per le loro simili esistessero solo analfabetismo, povertà e subalternità al maschio dominante.



Siamo pronte – nel nostro contesto europeo, italiano, bianco – a fare qualcosa di simile? Sono pronti gli uomini ad agire con noi il cambiamento? Da dove partire? Come ha scritto Loredana Lipperini in un post di due giorni fa: “Quel che vorrei è che fosse l’otto marzo di chi è consapevole che nessuna libertà individuale è garantita quando le libertà comuni sono messe in dubbio. Vale per le donne, per le persone LGBTI. Vale, anche, per gli alberi caduti che piangiamo perché li hanno cantati Carducci e D’Annunzio: salvo applaudire alla distruzione del territorio solo perché la superstrada non passa sotto il nostro balcone”.



Non si può più pensare per compartimenti stagni. Essere amanti della storia e non considerare quella del movimento delle donne in Italia e nel mondo come parte della memoria dell’umanità, relegandola ad appuntamenti nostalgici dedicati ad un pubblico al femminile. Non ci si può indignare per la distruzione dei diritti dei lavoratori ma considerare marginale l’uso non sessista e sessuato della lingua italiana. Non si può più essere contro la violenza sulle donne e chiedersi al tempo stesso come mai una ragazza vada in giro vestita in un certo modo di notte da sola. Non si può credere nell’amore e considerare omosessuali e lesbiche meno adatti a fare i genitori. Non si può essere pacifisti e rimanere indifferenti all’emergenza umanitaria nel Mediterraneo.



Si sa che non è semplice unire le lotte e farle tutte proprie, che la coerenza costa cara. Ma è forse questo un compito più difficile di quello che hanno assolto le donne curde in questi ultimi mesi o le tante altre che da ogni latitudine ci ispirano tanto coraggio e speranza?



Foto dell'8 Marzo a Nusaybin dal profilo facebook della Carovana femminista. 

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