Notizie - Bolivia, governo e parità / Congo, donne ex combattenti / Sierra Leone, cure gratis / Ambiente / Yemen, bambini nel conflitto / Checkpoint / Messico, Zapata / Uganda, firme contro pena di morte per i gay
Angelucci Nadia Martedi, 06/04/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2010
Bolivia
Parità di genere nel nuovo governo
Evo Morales, ha mantenuto uno dei punti più significativi della Nuova Costituzione: l’equità di genere. E così, nel nuovo Governo boliviano sono 10 le donne ministro. “E’ stato difficile combinare l’equità di genere e la rappresentanza geografica: ma sono anche rappresentate tutte le regioni boliviane”, ha affermato il presidente, aggiungendo che uno dei suoi sogni è sempre stato che le donne fossero davvero incluse non solo nella lotta sociale, ma anche nella vita politica del Paese. Le nuove Ministre sono: Elizabeth Arismendi, alla Difesa Legale dello Stato; Nilda Copa Condori, alla Giustizia; Carmen Trujillo Cárdenas, al Lavoro; Sonia Polo Andrade, alla Salute e Sport; María Udaeta, all’Ambiente; Elba Caro, alla Pianificazione; Antonia Rodríguez, allo Sviluppo; Nemesia Achacollo, allo Sviluppo Rurale; Nardo Suxo, alla Trasparenza e Lotta alla Corruzione; Zulma Yugar, alla Cultura.
Repubblica Democratica del Congo
Programma della Caritas assiste donne ex combattenti
A Kalemie, nella provincia del Katanga, oltre 170 donne ex combattenti e 60 persone dei villaggi della zona beneficiano di un programma di reinserimento nella società civile gestito dalla Caritas-Développement Congo. Il progetto si articola in diversi settori e prevede l’alfabetizzazione, la formazione professionale, la custodia dei figli delle partecipanti durante le attività scolastiche e di formazione, la sensibilizzazione delle comunità contro le violenze sessuali e l’aiuto all’avvio di microimprese per rendere le donne economicamente autosufficienti. Tra le attività economiche proposte vi sono agricoltura, allevamento, sartoria, panetteria, acconciatura e fabbricazione di sapone. Secondo il responsabile della Caritas, Boniface Nakwagelewi, tre mesi dopo l’avvio del progetto, 118 donne si sono iscritte a 3 centri d’alfabetizzazione, mentre 187 sono le partecipanti ai corsi di ‘attività generatrici di reddito’. Le lezioni sono impartite in swahili e mirano a stimolare lo spirito imprenditoriale delle studentesse. Accanto ai centri di formazioni sono stati creati 3 asili che accolgono 60 bambini, figli delle partecipanti ai corsi. La Caritas, insieme alla Commissione Giustizia e Pace della diocesi di Kalemie, promuove infine un’attività di sensibilizzazione contro la piaga delle violenze sessuali. Il programma rientra nell’ambito del programma nazionale di disarmo, smobilitazione e reinserimento (DDR) degli ex membri dei diversi gruppi armati che agiscono nell’est della RDC.
Sierra Leone
Cure mediche gratuite
Il presidente della Sierra Leone, Ernest Koroma, ha annunciato che nel paese le cure mediche saranno gratuite per mamme e bambini al di sotto dei 5 anni. Il provvedimento ha come scopo quello di ridurre la mortalità materna e infantile, attualmente – secondi i dati dell’ONU - una delle più alte del mondo. Il presidente dando l’annuncio ha definito il progetto come ‘parte di una strategia’ tesa a contrastare il tasso di decessi di donne e bambini nel paese.
Sud del Mondo
Premiati due progetti ambientali
Le organizzazioni “Nuru Design” e “Trees, Water and People” (Twp) sono state premiate dal Programma Onu per lo sviluppo (Undp) per il loro impegno ‘verde’ nei paesi del Sud del mondo: le due organizzazioni, infatti, sono le promotrici dei progetti che hanno implementato l’uso di lampadine ricaricabili nei villaggi del Rwanda, del Kenya e dell’India e di forni a basso consumo energetico dal Guatemala ad Haiti. ‘Nuru Design’ e ‘Trees, Water and People’ riceveranno l'equivalente di 74.000 euro ciascuna per “l’impegno d’avanguardia nei settori dei forni verdi e dell’illuminazione sostenibile, un impegno che sta cambiando la vita di migliaia di scolari, casalinghe e contadini”. In swahili, una delle grandi lingue africane, ‘nuru’ vuol dire ‘luce’.
Yemen
Bambini vittime del conflitto nel Nord del paese
L’organizzazione locale yemenita ‘Seyaj’ che si occupa prevalentemente dei diritti dei minori ha denunciato che, dall’agosto dello scorso anno, sono 187 i bambini uccisi nel conflitto in corso nel nord dello Yemen tra i ribelli al-Houthi (o al-Hauthiun) e le forze armate. In un rapporto dell’associazione si specifica che “il 71% delle 187 piccole vittime sono morte a causa delle violenze, mentre il resto è deceduto per mancanza di cibo o di medicinali”. Il documento segnala inoltre l’uso di minori da entrambe le parti coinvolte nel conflitto e riferisce che nelle provincie di Saada e Amran, dove si concentrano gli scontri, sono più di 73.000 i bambini sfollati ed esposti a malattie e malnutrizione. Lo studio presentato segnala anche che nelle provincie settentrionali solo il 3% dei bambini in età scolare ha accesso all’istruzione, perché molte scuole della regione sono state distrutte o danneggiate e circa una trentina sono utilizzate dall’esercito per scopi militari. L’organizzazione ha chiesto la creazione di un comitato indipendente incaricato di investigare crimini e violazioni commessi durante la guerra e il loro impatto sui bambini. Dal 12 febbraio scorso, dopo una recrudescenza del conflitto in corso dal 2004, sfociato in violenze che hanno coinvolto anche la vicina Arabia Saudita, i ribelli e il governo hanno raggiunto un accordo per una tregua e un cessate-il-fuoco.
Territori Palestinesi
Le donne ai checkpoint e al ‘muro’
Il rapporto “Checkpoints and barriers: searching for livehoods in the West Bank and Gaza gender dimension of economic collapse”, pubblicato dalla Banca mondiale denuncia che la condizione delle donne nei Territori palestinesi occupati (Tpo) è difficilissima e che pesa soprattutto su di loro la pesante realtà della vita in Cisgiordania, resa ancor più dura dall’aumento progressivo di barriere, posti di blocco e dal ‘Muro di separazione’ che taglia la regione. Il documento, di circa 110 pagine, analizza l’impatto delle centinaia di checkpoint e del ‘Muro di separazione’, voluto dalle autorità israeliane, sulle vite delle donne palestinesi, dal punto di vista sociale ed economico. Nello studio si evidenzia come, tra il 2000 e il 2007, la popolazione femminile, dinanzi a condizioni di vita sempre più complicate, abbia dovuto fare rinunce e imparare a cavarsela tra mille difficoltà. “Molte donne hanno dovuto abbandonare il lavoro, a causa dell’impossibilità di gestire la famiglia e recarsi ogni giorno in ufficio, ritardando ore ai posti di blocco e senza la certezza di poter passare da una parte all’altra” si sottolinea nel rapporto, secondo il quale le donne sono “le prime vittime delle restrizioni e del collasso economico” provocato dal progressivo isolamento imposto da Israele. La mancanza di norme e di un sistema giuridico in grado di difendere e proteggere nella vita quotidiana dei cittadini, si afferma ancora nel documento, “crea nella popolazione un senso di collasso dell’ordine pubblico, sociale e morale, di cui a pagare il prezzo sono ancora una volta, per prime, le donne”. Secondo gli esperti, inoltre, le difficoltà economiche e la perdita di occupazione maschile hanno avuto un impatto diretto sull’aumento della violenza domestica.
Messico
Muore l’ultima figlia di Emiliano Zapata
E’ stata sepolta nel mausoleo di Cuautla, località dello stato di Morelos dove viveva da tempo, Ana María Zapata Portillo, l’ultima figlia riconosciuta del capo rivoluzionario Emiliano Zapata (1879-1919), il ‘Caudillo del Sud’, morta a 94 anni proprio nell’anno in cui il Messico celebra il Bicentenario dell’indipendenza dalla Spagna e Centenario della Rivoluzione. Le autorità statali e locali hanno reso omaggio ad ‘Anita’, come era chiamata popolarmente la funzionaria municipale e prima deputata federale di Morelos, figlia maggiore di Zapata, che si battè insieme a Pancho Villa per la riforma agraria a favore dei ‘campesinos’ poveri vessati dai latifondisti.
Uganda
Raccolta firme contro pena di morte per i gay
Gli oppositori del progetto di legge ugandese contro l'omosessualità hanno deciso di consegnare al capogruppo del parlamento una petizione firmata da 500.000 persone in tutto il mondo. Si tratta dell'ultimo tentativo di bloccare la legge, che prevede anche la pena di morte in caso di alcuni atti omosessuali. Il presidente americano Barack Obama aveva già definito ‘odioso’ il disegno di legge, condannato anche dall'Unione europea e da diversi ministri dei paesi del Vecchio continente. Tra i firmatari, anche molti ugandesi, che si aggiungono così alla campagna contro la legge promossa dal prete anglicano Cannon Gideon Byamugisha e seguita da attivisti per la lotta all'Aids e organizzazioni civiche. Il governo da parte sua ha sostenuto che ritiene che la legge uscirà ammorbidita dall'iter parlamentare, prima di essere approvata e di entrare in vigore.
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