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Brevi dal mondo

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Notizie - Turchia, condanna a parlamentare curda / Bosnia, rilascio di Plavsic / Indonesia e Kuwait / Vescovo donna in Germania / Maine, no matrimoni omosex / Somalia, vietano lavoro femminile

Angelucci Nadia Giovedi, 10/12/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2009

Turchia: parlamentare curda condannata a 18 mesi carcere

La parlamentare turca Aysel Tugluk, esponente del Partito della Società Democratica (Dtp), filo-curdo, è stata condannata a 18 mesi di carcere per propaganda terroristica. I giudici hanno ritenuto Tugluk responsabile di aver «diffuso propaganda per un'organizzazione terroristica» e, più precisamente, per il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), fuori legge in Turchia, nell'Ue e negli Usa. Uno degli avvocati della parlamentare ha fatto sapere che la sua assistita intende impugnare la sentenza di fronte alla Corte d'Appello. Il processo ha preso il via in seguito a un discorso pronunciato dalla Tugluk a Diyarbakir nel 2006, prima di essere eletta al Parlamento. In quell'occasione la donna espresse il proprio appoggio ad un documento sottoscritto da alcune migliaia di curdi, che definiva Abdullah Ocalan, leader del Pkk, in prigione in regime di isolamento, come proprio leader. In quella stessa occasione Tugluk affermò che le richieste del Pkk avrebbero dovuto essere prese in considerazione dal governo per giungere a una soluzione della questione curda. Il tribunale di Diyarbakir ha inviato la sua sentenza al Parlamento, che dovrà decidere se sospendere o meno l'immunità parlamentare per Tugluk, permettendo quindi che sconti la sua pena. Lo stesso Dtp, partito a cui Tugluk appartiene, è sotto processo da mesi di fronte alla Corte Costituzionale con l'accusa di sostenere il Pkk e rischia lo scioglimento.



Bosnia: rilasciata in Svezia Biljana Plavsic

Biljana Plavsic, ex presidente dei serbi di Bosnia Erzegovina, condannata nel 2003 a 11 anni di reclusione per crimini contro l'umanità in relazione a fatti avvenuti durante la guerra in Bosnia Erzegovina, è stata rilasciata in Svezia, dove scontava la pena cui l'aveva condannata, prima ed unica donna, il Tribunale penale internazionale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia. Il governo di Stoccolma ha approvato il rilascio di Plavsic in linea con quanto previsto dalla legge svedese che consente la liberazione dopo che l'imputato ha scontato due terzi della condanna. Da Stoccolma Plavsic - che ha anche la cittadinanza serba - si è recata a Belgrado ed è stata stata accolta all'aeroporto dal premier della Repubblica Srpska (RS), Milorad Dodik. Non c'era invece alcun rappresentante del governo di Belgrado. Un gruppo di detenuti del carcere di Zenica, in Bosnia, per protesta si è fatto cucire le bocche, chiedendo lo stesso sconto di pena, mentre le vittime della guerra e la stampa di Sarajevo hanno commentato il rilascio con espressioni di sfiducia nella giustizia internazionale. Plavsic durante la guerra in Bosnia era vice del presidente serbo-bosniaco Radovan Karadzic, attualmente sotto processo all'Aja, ed era un'accanita fautrice dell'epurazione etnica. È nota anche per aver giustificato la morte sul campo di battaglia della metà dei 12 milioni di serbi affinché «i sei milioni di sopravvissuti possano godere i frutti della vittoria». Dopo l'accordo di pace di Dayton e l'estromissione dalla scena politica di Karadzic, inseguito da un mandato di cattura del Tpi, nel 1996 Plavsic prese in mano le redini della Rs, distanziandosi dal gruppo degli irriducibili; scelse allora la collaborazione con la comunità internazionale, anche per ottenerne gli aiuti economici, guadagnandosi l'appellativo di 'moderata'. Battuta alle elezioni del 1998, scomparve a poco a poco dalla scena politica e si consegnò al Tpi nel gennaio del 2001. In aula ammise le sue responsabilità per la 'pulizia etnica' contro «migliaia di innocenti musulmani e croati», ottenendo così il ritiro da parte della procura dell'accusa di genocidio e una condanna più mite.





Indonesia: blocco delle lavoratrici domestiche in partenza per il Kuwait

Ha provocato una dura reazione da parte delle autorità del Kuwait la decisione del governo di Giakarta di bloccare le partenze delle sue cittadine dirette nel paese arabo per svolgere l'attività di collaboratrice domestica. La decisione è stata presa dopo numerose denunce di maltrattamenti ai danni delle lavoratrici immigrate. Le autorità del Kuwait hanno replicato attraverso i media locali, che la mossa è una grave offesa; il paesi infatti si considera uno dei luoghi che accoglie più domestiche straniere, riservando loro un ottimo trattamento. L'ambasciatore indonesiano in Kuwait, Aris Trianu, ha fatto sapere di non essere a conoscenza delle cause che hanno portato il governo del suo paese a prendere il provvedimento e ha assicurato che sarà presto discusso un nuovo accordo per regolare l'impiego di domestiche indonesiane in Kuwait. Su un totale di 70.000 indonesiani residenti in Kuwait, 60.000 svolgono lavori domestici nelle case dei kuwaitiani.



Germania: eletta vescovo donna

Margot Kaessmann, 51 anni e quattro figli, è il primo vescovo luterano donna a guidare i 25 milioni di protestanti in Germania. Kaessman, che è stata eletta dalla Chiesa evangelica a Ulm con 132 voti favorevoli su 142, succede a Wolfgang Huber, 67 anni, che va in pensione. Figura carismatica, Kaessmann, che è stata vescovo di Hannover per oltre 10 anni, ha affermato che lavorerà per una maggior giustizia sociale e per riportare la gente sul cammino della fede in una chiesa dei giorni nostri. Nel 2007 Kaessmann aveva fatto parlare di sé chiedendo il divorzio al marito dopo 26 anni di matrimonio.

Kuwait: la Corte Costituzionale da il via libera a deputate senza hijab

La richiesta di annullare l'elezione di due deputate che si sarebbero rifiutate di indossare l'hijab, avanzata da alcuni elettori, è stata respinta dalla Corte Costituzionale del Kuwait.

La notizia è stata diffusa durante una conferenza stampa dal presidente della Corte, Yussef Ghanam al-Rashid. Il presidente della Corte, inoltre, ha fatto sapere che la sentenza è definitiva.

Le elezioni svolte nel maggio scorso hanno visto l'elezione di quattro donne: è la prima volta che accade nel Paese mediorientale. Delle quattro donne due hanno sempre rifiutato di indossare il classico copricapo, cosa poco gradita ai parlamentari conservatori. Anche il dipartimento per la fatwa del Kuwait ha emesso qualche settimana fa un editto secondo cui le donne musulmane devono indossare il velo, come stabilito dai dettami della legge islamica.



USA: un referendum nel Maine dice no a matrimoni omosessuali

Lo Stato americano del Maine, considerato tra i più 'liberal' degli Usa, ha detto di no con un referendum ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, abrogando una legge varata dal Parlamento locale e firmata dal governatore italo-americano e cattolico John Baldacci. Com'è successo in California, gli oppositori alle unioni gay sono riusciti a mobilitare gli elettori, e ancora una volta è stato determinante il ruolo svolto dalla Chiesa Mormone, che ha investito ingenti mezzi nella campagna elettorale per la cosiddetta 'Question 1'. I sì all'abrogazione sono stati il 53% circa, i no il 47%. In Maine era stato il parlamento locale, su iniziativa propria, a dare il via libera ai matrimoni omosessuali, e il Governatore aveva firmato la legge (la cui entrata in vigore era stata però ritardata in attesa del referendum) spiegando che sull'argomento aveva cambiato idea dopo una lunga riflessione, lui che da cattolico era inizialmente contrario. Lo Stato al confine con il Canada è diventato così il 31.mo degli Usa a respingere i matrimoni omosex. Altri cinque stati - Massachusetts, Connecticut, Iowa, New Hampshire and Vermont - hanno legalizzato i matrimoni omosessuali per verdetto di tribunali o azioni legislative.



Somalia: Giovani Mujahidin vietano alle donne di lavorare

Secondo quanto riferisce la tv satellitare al-Arabiya le milizie dei Giovani Mujahidin hanno vietato alle donne somale della zona da loro controllata di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Il gruppo armato, che controlla buona parte dell'area meridionale della Somalia ed è considerato molto vicino ad al-Qaeda, ha imposto la chiusura di tre organizzazioni non governative, impegnate nel sostegno dell'imprenditoria femminile e nella diffusione della cultura, nel villaggio di Balad Hawa, al confine con il Kenya, e impedito alle operatrici di andare al lavoro. "Abbiamo preso questa decisione - ha detto il sindaco Dawd Muhammad - dopo esserci accorti che le donne avevano la necessità di restare a casa con i propri figli. L'Islam non permette alle donne di andare in ufficio a lavorare". Nei piani dei Giovani Mujahidin rientra anche la chiusura di altre cinque Ong, attive sempre nel Sud del Paese, e l'applicazione della sharia, la legge islamica. Diversi cinema e negozi di cd musicali sono già stati costretti a chiudere i battenti e le donne costrette a indossare il velo.



 

(10 dicembre 2009)

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