Notizie - India, Donna e dalit alla presidenza della Camera / Somalia, autobus separati per donne / Rapporto annuale ILGA su omosessualità / E ancora: Egitto, Bolivia, Nicaragua...
Angelucci Nadia Lunedi, 13/07/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2009
ASIA
India
Donna e dalit alla presidenza della Camera
Meira Kumar, intoccabile, eletta deputato nel turbolento stato del Bihar, è stata scelta con la quasi unanimità dei voti come presidente della XV Lok Sabha (la camera bassa del parlamento indiano) diventando così la prima donna ad assumere tale carica nella storia del paese. Kumar, 64 anni, ex ambasciatrice a Londra e Madrid, figlia di un importante politico ex vice primo ministro, moglie di un giudice della corte suprema era stata nominata dal premier Manmohan Singh come ministro delle risorse idriche nel nuovo governo, in seguito alle elezioni di maggio e alla vittoria della coalizione guidata dal partito del Congresso, ma ha presentato le dimissioni dopo che il partito aveva deciso di candidarla alla carica di presidente (speaker) della Lok Sabha. La Kumar è stata eletta in quanto espressione di Sonia Gandhi che, dopo aver voluto Manmohan Singh primo ministro e Pratibha Patil presidente, ha così sistemato i suoi fedelissimi alle tre più alte cariche del paese.
L’elezione è di particolare rilievo anche per un altro motivo: Meira Kumar appartiene infatti ai dalit (fuori casta), il gruppo sociale più discriminato in India di cui la nuova presidente della Lok Sabha è considerata da tempo una delle figure politiche di spicco. Al termine della votazione, il primo ministro ha definito la nomina di Kumar un momento storico per il paese. Dopo l’elezione alla presidenza dell’Unione di Pratibha Patil (anche qui, prima volta di una donna) e la conferma ai vertici del partito del Congresso di Sonia Gandhi, con l’elezione di Kumar il ruolo delle donne nella politica indiana sta crescendo sempre più.
AFRICA
Somalia
Separazione sugli autobus
L'amministrazione della città portuale di Chisimaio, 500 chilometri a sud di Mogadiscio, conquistata da miliziani islamici alla fine di agosto del 2008, ha emesso un'ordinanza in cui si vieta a uomini e donne di sedere accanto sui mezzi pubblici della città. Chisimaio è attualmente governata da una coalizione di forze fedeli al l’ex colonnello Hassan Turki e di miliziani islamici Shabab (gioventù), dopo aver sconfitto le milizie del clan locale Marehan, che controllava la città dall'aprile del 2007. Secondo quanto riferito dalla radio somala Shabelle, l'ordinanza prevede misure legali contro quanti violeranno tale disposizione.
MONDO
Omosessualità
Rapporto annuale ILGA
L’associazione Internazionale delle Lesbiche, Gay, Bisessuali, Trans ed Intersex (ILGA in inglese) ha presentato la terza edizione del Rapporto annuale sull’omofobia di stato nel mondo (www.ilga.org). Lo studio contiene una raccolta delle leggi di ogni paese e la maniera in cui vengono catalogati come reato gli atti sessuali e erotici tra persone delle stesso sesso.
Le conclusioni del Rapporto indicano che 80 paesi nel mondo hanno una legislazione omofoba promossa dalla Stato: 72 paesi più la parte turca di Cipro, Gaza e l’isola di Cook puniscono gli adulti che hanno relazioni con persone dello stesso sesso con la prigione; l’Iran, la Mauritania, l’Arabia Saudita, lo Yemen e alcune zone della Nigeria e della Somalia infliggono la pena di morte.
Gloria Careaga, co-segretario generale dell’ILGA ha dichiarato che l’omofobia colpisce i diritti umani e che “è inaccettabile l’idea che lo Stato approvi, sanzioni e incrementi questi atteggiamenti, quando d’altra parte lo stesso Stato proclama il rispetto della Dichiarazione universale dei Diritti Umani”.
#foto5sx#MEDIO ORIENTE
Egitto
Facebook e i diritti civili
Le nuove tecnologie, e in particolare il social network Facebook, sono diventati in Egitto un mezzo per la partecipazione politica e sociale delle donne. Il movimento “Gioventù del 6 aprile”, il cui nome fa riferimento ad uno sciopero generale convocato nel 2008 dai lavoratori di un’impresa tessile e che è terminato con una grande mobilitazione nazionale, è nato grazie a messaggini inviati con il cellulare e a Facebook dove uno dei gruppi virtuali ha più di 75.000 membri. Tra gli attivisti e gli organizzatori di quella manifestazione c’era anche Israa Abdel-Fattah Ahmed, di 29 anni, una delle fondatrici del gruppo su Facebook, unica donna che è stata arrestata e rilasciata dopo due settimane di carcere e che si è rapidamente convertita in uno dei volti del movimento. Ad un anno dal compimento da quella manifestazione il movimento ha convocato una serie di nuove mobilitazioni che hanno coinvolto anche molte ragazze, sette delle quali sono state arrestate e rilasciate dopo il pagamento di una cauzione
Non c’è dubbio che la partecipazione femminile nelle attività sociali è in aumento anche se nel paese il coinvolgimento in attività politiche istituzionali è molto basso: dei 545 rappresentanti nell’Assemblea del popolo solo 10 sono donne ed è allo studio un progetto di legge per fissare delle quote.
Giovani attiviste hanno però dichiarato che attraverso strumenti come Facebook si riesce a creare delle connessioni con persone che hanno idee affini e scambiare opinioni su come portare avanti progetti di miglioramento per il paese.
AMERICA DEL SUD
Bolivia
Sussidio contro la mortalità materna e infantile
Il governo boliviano ha messo a punto un programma di attenzione sanitaria e un sussidio straordinario di 258 dollari per le donne incinte e per le madri che hanno un bambino fino a due anni di età; la misura ha come obiettivo quello di frenare il fenomeno della mortalità materna e infantile che ha raggiunto nel paese delle cifre allarmanti.
In Bolivia, catalogato come il paese più povero dell’America latina, ogni giorno muoiono due donne per complicazioni legate al parto e ogni 1000 bambini nati vivi ne muoiono 48 durante il primo anno di vita. Secondo i dati del Ministero della Salute del paese andino per ogni 100.000 nati vivi muoiono ogni anno 230 donne; questa cifra proiettata sui 300.000 parti registrati in Bolivia ogni anno indica che 690 madri scompaiono ogni anno così come riferito dal Presidente Evo Morales durante il discorso inaugurale del progetto di sostegno alle madri.
La sovvenzione, che è stata chiamata “Bono Madre-Niño Juana Azurduy" in memoria di una leader indigena dell’Alto Perù che si ribellò al dominio spagnolo, ha cominciato ad essere consegnata a fine maggio; verrà assegnata in rate alle donne e ai bambini che non hanno assicurazione sanitaria e sociale.
Anche se la somma non è sostanziosa rappresenta un incentivo per le famiglie più povere e si spera che spinga le donne a recarsi nei centri salute durante la gravidanza e fino al compimento del secondo anno di vita dei figli.
La Bolivia si è impegnata, nella cornice degli Obiettivi del Millennio, a ridurre la mortalità delle madri a 98 ogni 100.000 nati vivi entro il 2013; il rappresentante dell’Unicef nel paese andino si è complimentato con il governo per l’iniziativa e per l’impatto positivo che avrà nella riduzione della mortalità e della denutrizione.
CENTRO AMERICA
Nicaragua
ONU si pronuncia sulla penalizzazione dell’aborto
Il Comitato contro la Tortura delle Nazioni Unite ha affrontato il tema della penalizzazione di ogni forma di interruzione volontaria della gravidanza in Nicaragua e ha definito la misura come una violazione dei diritti umani fondamentali. Riunito nel suo 42° periodo di sessione, a Ginevra, ha formalmente chiesto al governo nicaraguense di ripensare la riforma legale del 2006 che penalizza l’aborto volontario anche se la gravidanza è frutto di una violenza o incesto e se la salute della madre è in pericolo.
In Nicaragua l’aborto terapeutico era legale dal 1983 e la sua messa fuori legge è stata possibile grazie all’unione dei due principali partiti politici del paese, il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale e il Partito Liberale Costituzionalista, durante la campagna elettorale che ha portato al potere il sandinista Daniel Ortega. Il Nicaragua è così diventato uno dei pochi paesi al mondo che puniscono l’aborto terapeutico, insieme ai latinoamericani Cile, Salvador e Repubblica Domenicana e a Malta e le Filippine.
Il Comitato contro la Tortura ha dichiarato nel suo Rapporto che proibire l’interruzione volontaria di gravidanza alle vittime di violenza sessuale significa “esporle ad una costante ripetizione della violenza subita” e le sottopone ad un grave stress con il rischio di problemi psicologici durante tutta la vita.
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