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Brevi dal mondo

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Notizie - Lavoratrici domestiche in lotta / Processo contro lo Stato di Chihuahua / Manifestazioni per il rilascio di Birtukan Midekssa / Assassinio di Ana Isabel Gomez Pèrez e Sitara Achakzai / Ambulanza su un sidecar...

Angelucci Nadia Martedi, 09/06/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2009

Centro America/Costarica

Lavoratrici domestiche in lotta




L’Organizzazione Non Governativa costaricana ASTRADOMES (Associazione di Lavoratrici Domestiche) dopo 17 anni di battaglie per avere un orario di lavoro giusto minaccia di denunciare il Governo alla Corte Interamericana per i Diritti Umani (CIDH) se non si giungerà in tempi brevi all’abrogazione del vecchio Codice del Lavoro che permette giornate lavorative di 12 ore, con la possibilità di estenderle fino alle 16 ore, e all’approvazione di una nuova legge che regolamenti il settore. L’Associazione chiede che l’orario di lavoro delle domestiche sia equiparato a quello degli altri lavoratori e cioè a 48 ore settimanali. Il 12% circa delle donne che lavorano in Costarica sono impiegate nel servizio domestico. Si tratta, secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica, di 120000 persone; 90% sono donne, di cui il 60% immigrate, principalmente dal vicino e più povero Nicaragua. Secondo le cifre raccolte ed elaborate dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) l’8,3% del lavoro infantile è impiegato in questo settore; 9500 bambine/i e adolescenti tra i 5 ei 17 anni lavorano in case private. L’OIL precisa che la parte più consistente del lavoro domestico si realizza nel mondo rurale in cui la capofamiglia deve svolgere lavori agricoli fuori casa e ha bisogno di qualcuno, generalmente un minore, che si occupi dei lavori domestici e della cura dei più piccoli. La legge costaricana proibisce il lavoro fino a 15 anni di età e dai 15 ai 17 anni lo regolamenta fino ad un massimo di 6 ore giornaliere. Purtroppo la gran parte delle lavoratrici sono al nero; solo il 12% è iscritta negli elenchi della sicurezza sociale. Il salario fissato per queste impiegate è il più basso del paese e equivale a 207 dollari al mese, metà dei quali sono pagati in natura attraverso l’alimentazione, l’alloggio, oggetti di uso personale e di igiene. Per quanto riguarda le ferie si ha diritto a 2 settimane all’anno solo se si sono lavorate 50 settimane con lo stesso datore di lavoro.

La nuova legge obbligherebbe i padroni ad iscrivere le impiegate domestiche all’Assistenza Sociale completamente a proprio carico e quindi introdurrebbe sostanziali modifiche di condizione e non solo nell’aspetto orario.

Nel 2008 ASTRODOMES ha già vinto un’importante battaglia in sede della Corte Costituzionale nella quale è stata riconosciuta la discriminazione che subiscono le lavoratrici domestiche e si è deliberato che avessero un giorno libero a settimana e il diritto alle ferie durante le festività nazionali. La stessa Corte però non ha riconosciuto l’omologazione dell’orario a quello degli altri lavoratori.

Adesso il Parlamento sta tergiversando nell’approvazione di una legge che equipari i diritti di queste lavoratrici agli altri; ASTRODOMES sostiene che la ragione di questo ritardo risiede nel fatto che anche “i ministri e i deputati sono datori di lavoro e non è conveniente per loro aumentare i diritti delle domestiche”.



Centro America/Messico

E’ iniziato il processo contro lo Stato di Chihuahua per i delitti di Ciudad Juarez




La Corte Interamericana dei Diritti Umani ha aperto a Santiago del Cile il processo contro lo Stato messicano di Chihuahua, accusato di non aver fatto giustizia per la scomparsa, la tortura e l’omicidio di Claudia Ivette González, di 20 anni, Laura Berenice Ramos Monárrez, di 17 anni, e Esmeralda Herrera Monreal, di 15 anni i cui resti furono trovati a Ciudad Juárez, insieme ad altri 5 corpi di donne mai riconosciuti nel 2001. Attraverso questo giudizio le Organizzazioni ed Associazioni per i diritti umani messicane e internazionali chiedono alla CIDH di pronunciarsi sulle continue e gravi violazioni dei diritti umani delle donne da parte dello stato messicano e di costringere lo stesso a compiere misure chiare di risarcimento per le famiglie delle vittime. Lo stato di Chihuahua, che avrebbe dovuto indagare sui fatti, è accusato dalle famiglie delle vittime, e dalle associazioni che sostengono la loro battaglia per la verità e la giustizia, di negligenza, inoperosità e in alcuni casi di complicità nella vicenda dei femminicidi (447) che dal 1993 stanno affliggendo quest’area del mondo.



Africa/Etiopia

Manifestazioni di piazza per chiedere il rilascio di Birtukan Midekssa




Il principale partito di opposizione etiope ha manifestato di fronte al palazzo del Presidente ad Addis Abeba e ha marciato poi fino all’ufficio del primo ministro, Melles Zenawi per chiedere la liberazione della sua presidente, Birtukan Midekssa, condannata lo scorso gennaio al carcere a vita.

L’opposizione ha ripetutamente chiesto la scarcerazione della leader di 36 anni, capo del partito Unity for democracy justice (Udj), arrestata insieme ad altre decine di rappresentanti dell’opposizione dopo le proteste contro presunti brogli elettorali nelle elezioni del 2005, condannata all’ergastolo e graziata nel 2007, dopo due anni di detenzione. La signora Midekssa è stata nuovamente arrestata a dicembre della scorso anno e condannata a gennaio 2009 per essersi rifiutata di ammettere responsabilità negli scontri scoppiati nel 2005 nel Paese dopo le elezioni e di esprimere ‘pentimento’ per le accuse di tradimento e oltraggio alla costituzione contestategli; per questo è stata condannata all’ergastolo.



America del Sud/Colombia

Assassinio di una dirigente dei rifugiati




Ana Isabel Gomez Pérez, leader del ‘Comité de Familiares Víctimas de la Violencia en Córdoba’ (Comfavic), uno dei movimenti della società civile impegnato nel recupero delle terre sottratte dai paramilitari di estrema destra, è stata assassinata mentre viaggiava a bordo della sua motocicletta nelle campagne di Los Córdobas, nel dipartimento settentrionale di Cordoba. Gomez, 49 anni, si trovava insieme a sua figlia, quando alcuni sconosciuti, che poi si sono allontanati indisturbati, hanno esploso contro di lei dei colpi d’arma da fuoco. Secondo fonti della stampa colombiana, parlando ai delegati della ‘Commissione nazionale di riparazione e riconciliazione’ la dirigente sociale aveva denunciato, all’inizio del mese di aprile, di aver ricevuto minacce di morte da parte di ignoti che l’avevano diffidata dal proseguire il suo lavoro accanto a 4000 civili ‘desplazados’ (sfollati) a causa della guerra. Il Comfavic fa parte del gruppo di associazioni che reclamano dal governo, sulla base all’accordo di pace che nel 2006 ha portato, ma solo sulla carta, allo smantellamento degli ‘squadroni della morte’ delle Autodifese unite della Colombia (Auc), la restituzione delle loro terre occupate da parte del movimento paramilitare. Ana Isabel Gomez Pérez aveva anche denunciato la lentezza del governo a procedere ai risarcimenti a favore delle vittime delle Auc. Sei anni fa Gomez era stata costretta a lasciare la sua casa di Unguía, nel dipartimento nord-occidentale di Chocó, dopo aver subito minacce da un fronte delle Auc: da allora si era rifugiata nelle campagne di Los Córdobas da dove aveva intrapreso una battaglia per il recupero di 300 ettari di terre che i paramilitari avevano sottratto ai ‘campesinos’ poveri della zona.



Asia/Afghanistan

Uccisa Sitara Achakzai




Sitara Achakzai, consigliera provinciale a Kandahar e militante per i diritti delle donne in una delle province più pericolose per la forte presenza di talebani, e' stata uccisa da uomini armati che l'hanno falciata all'uscita della sua casa nel capoluogo, mentre stava scendendo dalla sua automobile. Secondo le dichiarazione del capo della polizia locale la donna è stata uccisa da un gruppo di fuoco di quattro uomini che poi sono scappati a bordo di due motociclette. Achakzai che aveva la doppia cittadinanza, afghana e tedesca, aveva vissuto in Germania durante il regime talebano ed era poi rientrata in Afghanistan per lottare per i diritti delle donne.



Africa/Sudan

Ambulanza su un sidecar




L’Unicef ha avviato un progetto pilota per le mamme della regione di Estern Equatoria, in Sud Sudan. Si tratta di un’ambulanza composta da una motocicletta da fuoristrada e una sorta di letto su ruote dove la madre può stare seduta o semidistesa; il singolare mezzo di trasporto è stato pensato per riuscire a portare al più vicino centro medico le future mamme, o i malati gravi, da zone dove non ci sono strade o dove sono impraticabili, soprattutto durante la stagione delle piogge. L’obiettivo del progetto è quello di ridurre la mortalità materno-infantile in una regione in cui, secondo le statistiche, una donna ha una possibilità su sei di morire per complicazioni dovute alla gravidanza o al parto. In Sudan il tasso di mortalità materna è tra i più alti del mondo: 1.107 morti su 100.000 nati vivi, e nel Sud Sudan il tasso raddoppia a 2243 morti. Appena il 10% delle nascite in quest’area avvengono con l’assistenza di personale medico o ostetrico. Nel sidecar-ambulanza c’è posto anche per un terzo passeggero (possibilmente un infermiere) e il progetto comprende l’impiego di due meccanici il cui scopo è anche formare altri tecnici in grado di riparare gli automezzi. L’ambulanza-sidecar è stata già provata con successo in Malawi, dove, secondo l’Unicef, in quattro anni la percentuale delle donne che sono riuscite a partorire nei centri medici è salita dal 25% al 49%; il servizio ha contribuito inoltre a ridurre la mortalità materna da 586 a 236 morti per 100.000 nati vivi. Se l’esperimento avrà successo il servizio sarà esteso al resto del paese.





(9 giugno 2009)

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